Scambio di idee tra Patronaggio e Cuffaro

Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, e il commissario regionale della Dc Nuova, Totò Cuffaro, intervengono uno verso l’altro a distanza.

Il Procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, è intervenuto a Palermo, alla “Feltrinelli”, in occasione della presentazione del libro di Salvo Palazzolo “I fratelli Graviano”. E tra l’altro ha affermato: “Mi indigna che persone condannate per mafia, per partecipazione esterna, per favoreggiamento aggravato, continuino a far politica e pretendano a esempio di stabilire chi deve fare il sindaco a Palermo. Mi indigna moltissimo perchè vuole dire che le nostre sentenze non valgono niente. Questo Stato si è pacificato con la mafia? C’è una pacificazione o un reciproco riconoscimento? No. Ci sono ancora capitali da acquisire, misteri che non sono stati svelati e soprattutto c’è una pericolosità che non è venuta meno. Se i boss hanno la speranza di uscire e di riprendere il territorio, torneranno a fare quello che facevano. Questo è uno Stato che deve fare ancora i conti con le mafie. L’Italia è uno Stato che ha una profonda fragilità e non può fare a meno del 41 bis e dell’ergastolo ostativo”. A seguito di quanto dichiarato dal procuratore Patronaggio è intervenuto l’ex presidente della Regione, e commissario regionale della Democrazia Cristiana Nuova, Totò Cuffaro. Così: “Rispetto quanto detto dal dottore Patronaggio, così come ho rispettato il suo ruolo e il suo operato da Procuratore generale nel mio processo d’Appello conclusosi con sentenza di Ne bis in idem, e apprezzo oggi il suo impegno di procuratore di Agrigento contro la criminalità mafiosa. Non posso però condividere la sua espressa indignazione. Ho accettato la sentenza di condanna che mi ha portato in carcere come è giusto che faccia chi come me ha una ostinata fiducia nella giustizia. Ho scontato la mia pena, come dice la Costituzione risocializzante e non punitiva, con grande sofferenza ma con dignità e spirito rieducativo. Ritengo di non dover rimanere ‘detenuto per tutta la vita’ e di avere il diritto, dopo essere stato chiuso in una cella per 1768 giorni, di poter tornare alla mia vita e di essere libero di impegnarmi nelle cose in cui credo”.

teleacras angelo ruoppolo