L’indagine Mafia -Appalti di Falcone, le stragi e quel possibile depistaggio che parte da Castelvetrano

Falcone e Borsellino assassinati per l’indagine mafia-appalti? Il depistaggio potrebbe aver avuto inizio a Castelvetrano con l’operazione Palma che ancora fa discutere per le sue evidenti stranezze. Cosa avevano scoperto i Ros guidati da Mario Mori? Ci furono suggeritori che “consigliarono Calcara?

Perchè Calcara accusa Vaccarino e dimentica i Messina Denaro? Perchè non parla di altri personaggi politici dell’epoca molto potenti e vicini ai Salvo di Salemi? Perchè non dice nulla sulla presenza costante a Castelvetrano e dentro il comune di Angelo Siino, considerato ” il ministro dei lavori pubblici della mafia ” e legato anche alla massoneria locale? Perchè non dice nulla sul potente Notaio Ferraro finito in carcere per mafia?

A cosa è servito l’arresto dell’ex sindaco Antonio Vaccarino e lasciare liberi in quella operazione , Ciccio Messina Denaro ,suo figlio e la cricca dei potenti che aveva frequentazioni con Siino?

Matteo Messina Denaro potrebbe sapere molte cose sull’ operazione Palma. Poteva essere già a conoscenza di una mirata attività di depistaggio per coprire le stragi e che avrebbe protetto il lavoro de boss per le stragi. Una finissima operazione di intelligenze per sviare l’attenzione sulla maxi inchiesta “Mafia e appalti” e che avrebbe motivato la guerra dei boss allo Stato, facendo passare il messaggio che le stragi avessero solo mani mafiose. In Sicilia stavano arrivando 1000 miliardi di lire e l’inchiesta dava fastidio a molti. Falcone aveva messo le mani sui conti in Svizzera di molti personaggi influenti e di mafiosi collegati.

Siino, secondo le inchieste, faceva affari con il comune di Castelvetrano dal 1988. Fu lui a portare la Saiseb per le fognature di Marinella di Selinunte. E Vaccarino in tutto questo non c’entrava nulla. Il potere al comune in quegli anni era nelle mani di altri politici . Perchè Calcara non disse nulla?

 

Pubblichiamo l’articolo di Damiano Aliprandi, introdotto dall’editoriale del direttore Piero Sansonetti, NEL NUMERO, Il Dubbio  DEL 3 maggio 2018 prospetta l’ipotesi, basata su fatti e sentenze, che l’assassinio di Paolo Borsellino sia stato causato dalla sua volontà di portare avanti l’indagine su mafia-appalti condotta dai Ros del generale Mario Mori, che era stata sostenuta e proseguita da Giovanni Falcone. Un’ipotesi che offre una lettura di quanto avvenne in quegli anni ben diversa da quella sostenuta da Nino Di Matteo e dagli altri pm della procura di Palermo nel processo sulla cosiddetta Trattativa Stato-mafia, secondo cui da una parte c’era una magistratura “limpida” ed “efficiente” e dall’altra pezzi dei carabinieri e forse dei servizi segreti che invece erano coinvolti in oscure trattative con la mafia. Mentre appare sempre più fantasiosa l’ipotesi che Paolo Borsellino sia stato ucciso perché voleva opporsi alla Trattativa Stato-mafia, la domanda è quella che pone Sansonetti: “Sono stati condannati, ingiustamente, proprio quelli che avevano dato di più nella lotta alla mafia?”.

 

Qualcuno dovrà rispondere

(PIERO SANSONETTI)

A scartabellare le carte, e le vecchie sentenze, appare sempre più surreale lo scenario disegnato dal processo di Palermo. Certo, bisognerà aspettare le motivazioni. Però qualcosa, intanto, la si può dire. E la prima cosa che si può dire è che l’ipotesi dell’accusa – e di alcuni giornali – secondo la quale Paolo Borsellino fu ucciso perché voleva opporsi alla trattativa Stato-mafia, appare sempre più fantasiosa. Mentre, purtroppo, non appare per niente fantasiosa l’ipotesi che Paolo Borsellino fu ucciso perché voleva portare avanti le indagini avviate dai Ros di Mori, De Donno e Subranni su mafia e appalti.

E se questa ipotesi viene confermata, cambia tutto nella ricostruzione di quello che successe in quegli anni e del ruolo avuto dai vari apparati dello Stato.

Perché il processo di Palermo si fonda sull’ipotesi che si fronteggiarono una magistratura “limpida” ed “efficiente” e pezzi dei carabinieri e forse dei servizi segreti che invece erano coinvolti in oscure trattative con la mafia. L’ipotesi invece che emergerebbe dai fatti come li ricostruisce nell’articolo  di Damiano Aliprandi, è opposta.

Dice che i Ros erano arrivati a un passo dallo sgominare un gigantesco giro di potere che coinvolgeva mafia, imprenditoria, e politica, e che furono fermati per la negligenza della magistratura.

I Ros, lavorando con Falcone, avevano raccolto indizi e prove molto pesanti, e se l’inchiesta fosse andata avanti avrebbe fatto saltare un bel pezzo del sistema di potere mafioso. Paolo Borsellino era ben deciso ad impegnarsi lui in questa inchiesta e stava solo aspettando la delega che doveva venirgli dalla Procura. La Procura di Palermo, e in particolare i sostituti Lo Forte e Scarpinato, invece, sottovalutarono clamorosamente la forza di questa inchiesta dei Ros, proseguita e sostenuta da Flacone.

 Roberto Scarpinato , ex  procuratore generale di Palermo. E’ un magistrato colto, molto preparato, dalle idee forti. Sicuramente è una persona onesta. Ma è giusto chiedere a lui e al suo collega: perché quella inchiesta fu archiviata. 

Naturalmente nessuno sa il perché. Si può solo supporlo: per scarsa esperienza. (Così come probabilmente per scarsa esperienza Di Matteo e gli altri Pm che si occuparono dell’inchiesta sull’uccisione di Borsellino presero per buone le dichiarazioni false del pentito Scarantino, che mandò su un binario morto tutte le indagini).

La Procura di Palermo in quella tragica estate del ‘ 92 sottovalutò il lavoro dei Ros. E probabilmente, soprattutto dopo la morte di Borsellino, entrò in conflitto coi Ros, e forse anche con pezzi dei servizi segreti (penso all’affare Contrada) proprio per via del “complesso di colpa”, diciamo così, dovuto all’errore commesso sul dossier mafia- appalti.

Ora però bisogna fare un po’ di luce su tutto questo. Anche perché al processo di Palermo non si è tenuto conto in nessun modo di questo scenario. E così il processo ha finito per condannare da una parte proprio i carabinieri che si erano impegnati di più nella battaglia contro Cosa Nostra, dall’altro i “berlusconiani” (mi riferisco a Dell’Utri) forse solo perchè, si sa, se dai addosso ai “berluscones” ti conquisti qualche merito e qualche popolarità, a prescindere. E trovi l’appoggio della stampa.

Le questioni da affrontare sono tre. La prima è: sono stati condannati, ingiustamente, proprio quelli che avevano dato di più nella lotta alla mafia?

La seconda è: il dossier mafiaappalti è stato la vera ragione dell’uccisione di Borsellino?

La terza è: insabbiando quel dossier si è impedito di dare alla mafia (dopo il maxiprocesso) il colpo mortale?

Sono domande impegnative. Qualcuno dovrebbe rispondere.

(Piero Sansonetti)

Pubblicato da Il Dubbio il 3 maggio 2018