“La pista nera? Altro depistaggio su via D’Amelio”

Il legale della famiglia Borsellino, e marito di Lucia, l’avvocato Fabio Trizzino, commenta l’ipotesi della pista nera a cavallo delle stragi del ’92: “E’ un altro depistaggio”.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, l’agrigentina Graziella Luparello, ha appena risposto no alla richiesta di archiviazione delle indagini su presunti interessi esterni alla mafia ruotanti intorno alle stragi del ’92 e, in particolare, all’attentato contro Paolo Borsellino. La Luparello, tra i numerosi filoni di indagine da approfondire, ha indicato anche la pista nera, ovvero l’eventuale partecipazione della destra eversiva a quanto accaduto. Ebbene, a fronte di ciò interviene adesso il legale della famiglia Borsellino, l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, che paventa un altro depistaggio. E afferma: “Il coinvolgimento di Stefano Delle Chiaie, esponente della destra eversiva, che sarebbe stato presente a Capaci per un sopralluogo qualche mese prima della strage contro Giovanni Falcone, è una ricostruzione che serve a distrarre dalla verità. Insomma, per depistare ancora una volta. E’ nelle indagini su mafia e appalti che bisogna cercare la verità. Qualche settimana prima di morire mio suocero ha incontrato il magistrato Felice Lima, che gestiva il pentito Lipera, il quale aveva riferito che qualcuno aveva passato i dossier delle indagini su mafia e appalti ai mafiosi. In quei 57 giorni di Via Crucis, tra la strage di Capaci e quella di Via D’Amelio, Paolo Borsellino non sorride più. Mia moglie Lucia mi ha raccontato che al padre erano diventati i capelli bianchi in dieci giorni. Ma a parte questo, in quei giorni Borsellino confida a due magistrati di essere stato tradito da un amico e che, riferendosi all’ambiente della Procura della Repubblica, a Palermo non ci si può fidare di nessuno. Ma quei due magistrati hanno parlato nel 2010, e non subito dopo la strage. E’ sul procuratore Pietro Giammanco che bisogna indagare, altro che su Delle Chiaie. Si gira sempre attorno per non cercare in quella maledetta Procura. Ecco il punto: si parla di responsabilità istituzionali, ma perché i responsabili devono essere altri e non i magistrati? Chi erano i magistrati coinvolti nel depistaggio su Via D’Amelio? Alla fine chi ha fatto le inchieste su mafia e appalti è stato penalizzato, chi invece ha insabbiato tutto è stato premiato”. E poi l’avvocato Trizzino conclude: “Riina non è il solo responsabile e ci sono altri elementi che hanno contribuito. Perché c’è ancora tutto questo disinteresse per il depistaggio di Via D’Amelio e si preferisce parlare d’altro? C’è invece bisogno di disinteresse da parte di chi cerca questa verità. La persistenza di conflitti di interesse ha una funzione manipolativa nella ricostruzione dei fatti. Quando ho letto che Nino Di Matteo non voleva concedere il programma di protezione a Gaspare Spatuzza, ovvero il pentito che ha svelato la verità sul falso collaboratore Scarantino e quindi il depistaggio, posso ipotizzare che Di Matteo, avendo legato la sua immagine professionale a Scarantino, temesse effetti negativi? Lo posso avere questo dubbio o no? Io voglio dire che la verità collettiva la cerca chi, modestamente, non ha interessi in conflitto. Vi assicuro che se qualcuno mi dimostra che Stefano Delle Chiaie era lì, a Capaci, me lo deve dimostrare con il metodo Falcone: e io sarò il primo a chiedere scusa. In 30 anni si è guardato ovunque: sono stati messi sotto accusa politici, carabinieri, polizia, tutte le istituzioni. L’unica istituzione che non è stata attenzionata è stata la Procura di Palermo, nonostante Paolo Borsellino abbia detto: saranno i miei colleghi e altri. Noi questo non lo accettiamo più. Vogliamo semplicemente che, anche in un’ottica di ricostruzione storica, ci sia qualcuno che vada a vedere cosa è successo dentro quella Procura. Perché c’è questa sovraesposizione mediatica sempre degli stessi soggetti? Quale è il vero motivo? Perché? Servono giovani che vadano a vedere le carte, in maniera asettica, senza conflitti di interesse, per trovare la verità”.

Il legale della famiglia Borsellino, e marito di Lucia, l’avvocato Fabio Trizzino, commenta l’ipotesi della pista nera a cavallo delle stragi del ’92: “E’ un altro depistaggio”.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, l’agrigentina Graziella Luparello, ha appena risposto no alla richiesta di archiviazione delle indagini su presunti interessi esterni alla mafia ruotanti intorno alle stragi del ’92 e, in particolare, all’attentato contro Paolo Borsellino. La Luparello, tra i numerosi filoni di indagine da approfondire, ha indicato anche la pista nera, ovvero l’eventuale partecipazione della destra eversiva a quanto accaduto. Ebbene, a fronte di ciò interviene adesso il legale della famiglia Borsellino, l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, che paventa un altro depistaggio. E afferma: “Il coinvolgimento di Stefano Delle Chiaie, esponente della destra eversiva, che sarebbe stato presente a Capaci per un sopralluogo qualche mese prima della strage contro Giovanni Falcone, è una ricostruzione che serve a distrarre dalla verità. Insomma, per depistare ancora una volta. E’ nelle indagini su mafia e appalti che bisogna cercare la verità. Qualche settimana prima di morire mio suocero ha incontrato il magistrato Felice Lima, che gestiva il pentito Lipera, il quale aveva riferito che qualcuno aveva passato i dossier delle indagini su mafia e appalti ai mafiosi. In quei 57 giorni di Via Crucis, tra la strage di Capaci e quella di Via D’Amelio, Paolo Borsellino non sorride più. Mia moglie Lucia mi ha raccontato che al padre erano diventati i capelli bianchi in dieci giorni. Ma a parte questo, in quei giorni Borsellino confida a due magistrati di essere stato tradito da un amico e che, riferendosi all’ambiente della Procura della Repubblica, a Palermo non ci si può fidare di nessuno. Ma quei due magistrati hanno parlato nel 2010, e non subito dopo la strage. E’ sul procuratore Pietro Giammanco che bisogna indagare, altro che su Delle Chiaie. Si gira sempre attorno per non cercare in quella maledetta Procura. Ecco il punto: si parla di responsabilità istituzionali, ma perché i responsabili devono essere altri e non i magistrati? Chi erano i magistrati coinvolti nel depistaggio su Via D’Amelio? Alla fine chi ha fatto le inchieste su mafia e appalti è stato penalizzato, chi invece ha insabbiato tutto è stato premiato”. E poi l’avvocato Trizzino conclude: “Riina non è il solo responsabile e ci sono altri elementi che hanno contribuito. Perché c’è ancora tutto questo disinteresse per il depistaggio di Via D’Amelio e si preferisce parlare d’altro? C’è invece bisogno di disinteresse da parte di chi cerca questa verità. La persistenza di conflitti di interesse ha una funzione manipolativa nella ricostruzione dei fatti. Quando ho letto che Nino Di Matteo non voleva concedere il programma di protezione a Gaspare Spatuzza, ovvero il pentito che ha svelato la verità sul falso collaboratore Scarantino e quindi il depistaggio, posso ipotizzare che Di Matteo, avendo legato la sua immagine professionale a Scarantino, temesse effetti negativi? Lo posso avere questo dubbio o no? Io voglio dire che la verità collettiva la cerca chi, modestamente, non ha interessi in conflitto. Vi assicuro che se qualcuno mi dimostra che Stefano Delle Chiaie era lì, a Capaci, me lo deve dimostrare con il metodo Falcone: e io sarò il primo a chiedere scusa. In 30 anni si è guardato ovunque: sono stati messi sotto accusa politici, carabinieri, polizia, tutte le istituzioni. L’unica istituzione che non è stata attenzionata è stata la Procura di Palermo, nonostante Paolo Borsellino abbia detto: saranno i miei colleghi e altri. Noi questo non lo accettiamo più. Vogliamo semplicemente che, anche in un’ottica di ricostruzione storica, ci sia qualcuno che vada a vedere cosa è successo dentro quella Procura. Perché c’è questa sovraesposizione mediatica sempre degli stessi soggetti? Quale è il vero motivo? Perché? Servono giovani che vadano a vedere le carte, in maniera asettica, senza conflitti di interesse, per trovare la verità”.

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