Nicola Morra, Presidente della Commissione Nazionale Antimafia. SEQUESTRATO IL MEGA DEPURATORE DI PRIOLO. DOVEVA SERVIRE LE INDUSTRIE PETROLCHIMICHE DEL SIRACUSANO, MA AVREBBE PRODOTTO DISASTRI AMBIENTALI, TUMORI E MORTE.

Nicola Morra, Presidente della Commissione Nazionale Antimafia.

SEQUESTRATO IL MEGA DEPURATORE DI PRIOLO.

DOVEVA SERVIRE LE INDUSTRIE PETROLCHIMICHE DEL SIRACUSANO, MA AVREBBE PRODOTTO DISASTRI AMBIENTALI, TUMORI E MORTE.

Le accuse a vario titolo, a carico dei responsabili del suo mal funzionamento, sono di “avere omesso di adoperarsi per la copertura delle vasche di trattamento delle acque reflue oleose; la mancata manutenzione e sostituzione delle coperture dei serbatoi per lo stoccaggio; la mancata captazione dei vapori emessi nelle operazioni di carico e scarico dei prodotti petroliferi”. Cioè, il depuratore sarebbe stato di fatto trasformato in altro perché non avrebbe depurato, e non depurando avrebbe permesso che le raffinerie operanti in provincia di Siracusa inquinassero senza riduzione del danno, con conseguenze enormi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti!

Tecnicamente ci sarebbero state “concentrazioni significative” di idrocarburi aromatici, tra i quali il benzene, con picchi anche di oltre 500 microgrammi per metro cubo, a fronte di un limite medio annuo di 5 microgrammi. Non sarebbero state inoltre osservate le prescrizioni dell’Aia, autorizzazione integrata ambientale, con riferimento “ai valori limite di emissione in relazione ai parametri relativi alla concentrazione delle sostanze inquinanti”, i cui parametri sarebbero stati superati in diverse ciminiere, contribuendo al “deterioramento significativo” della qualità dell’aria.

Nessuno si sarebbe poi adoperato “per il completamento delle soluzioni impiantistiche idonee a contenere la generazione di emissioni diffuse d’inquinanti e odorigene”.

La Procura di Siracusa avrebbe accertato che gli impianti di raffinazione del petrolio e della depurazione dei reflui industriali e civili sono da considerare fonti di esposizione da inquinanti ambientali, dannosi per la vita degli esseri umani. La lavorazione del petrolio e dei suoi derivati, infatti, costituisce un gravissimo rischio per le persone esposte agli effetti dei prodotti finali, che sarebbero state del tutto fuori controllo con delle fuoriuscite e dispersioni nei terreni, nel mare e nell’atmosfera, di gas combustibili, zolfo, gpl, benzine, gasoli, oli, bitumi e altri prodotti dei vari cicli di lavorazione, altamente inquinanti e velenosi.

Gli organi inquirenti hanno inoltre constatato le condizioni di grave pericolo per la salute, a cui sono stati da sempre esposti i lavoratori del settore. Tale accertamento è stato condotto grazie a studi tossicologici, basati anche su sperimentazioni e approfondimenti epidemiologici. Le sostanze cancerogene che fuoriescono dagli impianti sarebbero superiori anche nell’ordine di centinaia di volte in più, rispetto a quanto consentito dalle norme vigenti. Tale situazione riguarda non solo gli impianti della Ias, la società che gestisce il depuratore di Priolo, ma anche gli altri depuratori della zona, in cui sono convogliati i reflui della produzione industriale locale.

Si tratta del risultato di almeno sei anni di immobilismo che, a detta della Procura aretusea, avrebbe portato alla consumazione del reato di “disastro ambientale colposo”. Reato contestato a 26 soggetti, tra persone fisiche e società, del polo industriale.

Si tratta di Donato Infantino, Enrico Monteleone, Maria Grazia Brandara, Rosario Pistorio, Mirko Ranieri, Domenico Arena, Edoardo Vittorio Mirgone, André Haus, Giorgio Tuccio, Paolo Zuccarini, Sergio Corso, Guglielmo Arrabito, Salvatore Mesiti, Enrico Majuri, Angelo Bifulco, Domenico Longhitano, Nicola Patti, Litterio Iachetta, Enzo Maurizio Montalbano e le società Ias, Sonatrach, Esso, Versalis, Sasol, Isab e Priolo Servizi.

È stata data anche esecuzione alla misura della sospensione, per un anno, dell’esercizio di qualsiasi mansione ed attività all’interno delle società coinvolte nelle indagini, nonché presso imprese concorrenti o comunque operanti nello stesso settore produttivo, a carico dei vertici della Società Versali Spa, Sonatrac Raffineria Italiana Srl, Esso Italiana Srl, Sasol Italy Spa, Isab Srl, Priolo Servizi che, nel depuratore incriminato, immettono i loro reflui industriali.

Le gestione messa in atto, descritta nell’ordinanza, avrebbe provocato, negli anni, l’immissione in atmosfera, non consentita dalla legge, di circa 77 tonnellate l’anno di sostanze nocive, fra cui alcune cancerogene, come il benzene, e di oltre 2500 tonnellate di idrocarburi in mare, negli anni fra il 2016 e il 2020.

Le carenze strutturali dell’impianto sono ritenute “macroscopiche ed evidenti” e “non può ritenersi possibile ignoranza e buona fede”. Nell’ordinanza di sequestro si parla di

“livello di inaccettabile rischio per la salute”.

Una delle responsabili di questo enorme disastro ambientale è l’attuale sindaco di Naro (AG), Maria Grazia Brandara.

Brandara è stata eletta presidente dell’IRSAP, l’ente regionale che gestisce tutte le aree industriali siciliane e presidente della IAS, che gestisce il mega depuratore di Priolo, grazie all’ex numero due di Confindustria Italia, Antonello Montante.

Brandara è stata già rinviata a giudizio nel messinese per dei reati analoghi a quelli presuntivamente commessi a Priolo. È stata pure rinviata a giudizio per associazione a delinquere a Caltanissetta, nell’ambito del cosiddetto processo ‘Montante bis’.

I reati di disastro ambientale, stando alle risultanze investigative, hanno una precisa data di nascita che coincide con le illegittime proroghe concesse alla società che gestisce il depuratore consortile proprio durante la gestione della Brandara ritenuta, tra l’altro, dalla Procura e dal Tribunale di Caltanissetta, una delle pedine fondamentali del ‘Sistema Montante’.

Senza entrare in merito alla questione dell’improcedibilità che graverà sui reati ambientali, qui emerge una chiara situazione di lesione del diritto alla salute dei cittadini dell’intera costa siracusana, con responsabilità di chi doveva prevenire e ridurre il rischio ed invece non l’ha probabilmente fatto, concorrendo a moltiplicare l’esposizione a fattori patogeni assai rilevanti.

E, ad Augusta, è don Palmiro Prisutto a tentare di resistere ad un’ondata “normalizzatrice” che, in nome del ricatto occupazionale che i tarantini conoscono assai bene, vorrebbe eliminare tutti coloro che ritengono la dignità dell’essere umano superiore a qualsiasi logica di profitto.

Siracusa e la sua provincia devono essere aiutate.