Inchiesta mafia-appalti riaperta, ora si indaga davvero sul perché fu ucciso Borsellino

Inchiesta mafia-appalti riaperta, ora si indaga davvero sul perché fu ucciso Borsellino
Piero Sansonetti — 2 Agosto 2022

Inchiesta mafia-appalti riaperta, ora si indaga davvero sul perché fu ucciso Borsellino

La procura di Caltanissetta ha aperto una inchiesta sul famoso dossier Mafia-Appalti, e cioè su un voluminoso e vecchio documento preparato dai Ros dei carabinieri che descriveva i rapporti tra la mafia corleonese e gli imprenditori del Nord. Lo ha deciso il procuratore De Luca, con un atto coraggioso che rompe una lunghissima assenza della magistratura siciliana. Perché? Perché questo dossier non è vecchio: è vecchissimo. Risale al 1992 e se nel ‘92 fosse stato messo a frutto, e se all’epoca la magistratura di Palermo che lo aveva in mano avesse aperto delle indagini, probabilmente la mafia, e soprattutto quel pezzo di economia nera del Nord che alla mafia era collegata, avrebbero subito un colpo devastante.

Non a caso era stato Falcone a dare l’incarico ai Ros di indagare. E aveva seguito il loro lavoro, che aveva portato a scoperte clamorose. E non a caso, dopo la morte di Falcone era stato Paolo Borsellino a chiedere ripetutamente che quel dossier gli fosse assegnato. In realtà gli fu assegnato, dal procuratore di Palermo Giammanco, con una telefonata che Borsellino ricevette alle sette di mattina del 19 luglio 1992 al telefono di casa. Probabilmente era contento. Però non ebbe il tempo di commentare la notizia perché nel primo pomeriggio fu ucciso assieme alla sua scorta. I sostituti procuratori che avevano il dossier in mano, in realtà, ne avevano chiesto l’archiviazione prima ancora di quel giorno. E la ottennero – l’archiviazione – pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio. Da quel momento il dossier scomparve e scomparve tutto il lavoro dei Ros guidati dal colonnello Mori e dal capitano Di Donno.

Le indagini sull’uccisione di Borsellino non seguirono mai la pista del dossier. Ci fu molto folclore, in quelle indagini, ma poca sostanza. Anzi, furono davvero dilettantesche e sciagurate. Finirono su una falsa pista, aperta da un falso pentito, un certo Vincenzo Scarantino, probabilmente guidato da uomini dello Stato. Il depistaggio servì a tenere per anni la magistratura lontana dalla traccia giusta. E poi, con grande sostegno mediatico – Santoro, La 7, Il Fatto Quotidiano e molti altri – arrivò la grande indagine sulle trattative Stato Mafia che – seppure in modo oggettivo ed evidentemente non volontario- furono un nuovo depistaggio. Si disse e si gridò ai quattro venti che Borsellino era stato ucciso perché aveva avuto sentore della trattativa. E ci vollero più di dieci anni per capire, con una sentenza devastante della Corte d’Appello di Palermo, che era una bufala, e che si era perso altro tempo. E per di più erano stati imputati proprio i Ros di Mori, cioè gli unici che la mafia l’avevano combattuto davvero.

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