Cassazione ha confermato le condanne dell’appello bis per i due accusati di essere i protagonisti dell’inchiesta creativamente battezzata “Mondo di Mezzo”

Di Claudio Auria.

Bisogna ringraziare la redazione del «Riformista» se ieri, quando tutti i mass media italiani parlavano d’altri temi, ha trovato il tempo per dare spazio ad una vicenda che sembra non interessare più a nessuno: Mafia capitale. Mi permetto di far notare la sproporzione dell’attenzione mediatica su quella vicenda: per mesi, “quasi” a voler condizionare il processo in corso se ne era parlato in maniera ossessiva; poi è sceso il silenzio, anche quando la Cassazione ha spiegato che la procura s’era sbagliata di brutto nel parlare di mafia. Tutto ciò dimenticando che la vita di molte persone era stata stritolata dal “diritto d’informazione”, per la verità un po’ a singhiozzo.

«Dodici anni e dieci mesi a Salvatore Buzzi, dieci anni a Massimo Carminati. La Cassazione ha confermato le condanne dell’appello bis per i due accusati di essere i protagonisti dell’inchiesta creativamente battezzata “Mondo di Mezzo” e dapprima “Mafia Capitale” per la gioia di giornalisti, romanzieri e titolisti. I giudici della Corte di Cassazione hanno respinto i ricorsi delle difese dopo nove ore di camera di consiglio e confermato le condanne stabilite dall’Appello bis. Un’altra sentenza della Cassazione, nell’ottobre del 2019, aveva fatto cadere le accuse di associazione mafiosa nei confronti di tutti gli imputati nel procedimento.

Buzzi, dopo la sentenza, è stato arrestato a Lamezia Terme. Dovrà espiare una pena residua di sette anni e tre mesi. “La riteniamo una sentenza ingiusta e il trattamento sanzionatorio riservato a Salvatore Buzzi è eccessivo. Probabilmente la gravosità della pena determinata dalla Corte d’Appello nel giudizio rescissorio e confermata oggi dalla Cassazione appare quasi avere una funzione diretta a riequilibrare la precedente sentenza con la quale è stata annullata l’accusa di mafia, imputazione errata nella quale Buzzi non ha avuto nessuna colpa. Una sentenza che mal si concilia con l’attuale orientamento esposto dalla riforma Cartabia diretto al recupero delle persone al di là del sistema carcerario”, ha detto l’avvocato Piergerardo Santoro difensore, insieme al collega Alessandro Diddi, di Buzzi.

Carminati era presente in aula, potrebbe andare ai servizi sociali. All’inizio erano oltre cento gli indagati nella storia della maxi inchiesta, 80 raggiunti da misura cautelare, 46 gli imputati. La Cassazione nel 2019 aveva riconosciuto due separate associazioni a delinquere di tipo “comune” finalizzate rispettivamente alla corruzione e alle estorsioni e altri reati di strada. La ricostruzione non riconduceva ad alcuna correlazione tra le due e a nessuna pressione criminale sui politici romani ma a tangenti e accordi illeciti per favorire gli interessi delle coop di Buzzi.

Carminati in primo grado aveva ricevuto 20 anni contro i 28 richiesti, Buzzi a 19 anni contro i 26 anni e 3 mesi richiesti, mentre nel primo processo di appello, settembre 2018, il primo era stato condannato a 14 anni e mezzo, e il secondo a 18 anni e 4 mesi. La procuratore generale della Cassazione nella sua requisitoria depositata mercoledì aveva chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi di Carminati e Buzzi e aperto su pene accessorie e libertà vigilata avanzate dalle difese degli altri sei imputati.

La maxi inchiesta era partita nel dicembre del 2014 e aveva portato a decine di arresti per presunta associazione mafiosa composta da politici ed esponenti della criminalità organizzata di Roma. Al centro delle indagini gli appalti e i finanziamenti pubblici controllati secondo le accuse con metodi mafiosi. Già il processo di primo grado aveva escluso l’aggravante dell’associazione a delinquere di stampo mafioso per molti imputati, come confermato dalla VI sezione penale della Cassazione nel processo di appello a Buzzi e Carminati» (Mondo di Mezzo: la Cassazione conferma le condanne per Buzzi e Carminati, «Il Riformista», 30 settembre 2022).