Alcune considerazioni sui numeri delle elezioni, alcune indicazioni sul futuro possibile della politica in Italia.

Di Nicola Morra ex presidente della Commissione Nazionale Antimafia

Erano oltre 16 milioni e duecentomila persone i cittadini che avrebbero potuto votare al Sud, sebbene fra questi siano stati conteggiati i famosi “fuori sede” che, come al solito, hanno avuto grandi difficoltà ad esercitare il diritto di voto, dal momento che l’Italia ancora obbliga a votare “fisicamente”, a differenza di quanto avviene ormai in tante altre parti del mondo e, soprattutto, di quanto viene promesso ogni volta da tanti politici.

Su 100 votanti potenziali al Sud, circa 48 non hanno espresso un voto valido: 45 non recandosi proprio al seggio, 3 annullando o lasciando la scheda bianca.

Nel 2018 erano stati 35 elettori su 100 a comportarsi in questo modo, ergo circa un ottavo del totale (48-35=13) ha deciso di non rinnovare la propria fiducia alla lista elettorale votata nel 2018 e di non orientarsi per nessun altro soggetto politico. Quasi schifato da ciò che ha vissuto in questi anni, come tradito.

Probabilmente – sebbene sia necessaria sempre grande cautela nel derivare flussi elettorali dal confronto del comportamento su due date diverse – si è trattato di ex elettori del M5S!

Se al Sud 48 elettori su 100 non hanno votato, al Centro Nord sono stati comunque 34.

I livelli assoluti dell’astensionismo non devono però nascondere che la tendenza al suo aumento ha avuto la stessa dirompenza nelle due grandi circoscrizioni del Paese: se al Sud il numero degli astenuti (escluse le bianche e nulle) cresce del 33% (da 5,4 a 7,3 milioni), al Centro Nord aumenta del 31% (da 7,1 a 9,4 milioni).

Nel marzo 2018 30 elettori del Sud su 100 avevano votato per M5S, nel 2022 il loro numero si è dimezzato, passando a 15.
Al Centro Nord erano già molti meno allora e sono molti meno anche oggi, solo 6 su 100!

Tuttavia il risultato negativo per il M5S è stato più contenuto nel Mezzogiorno: rispetto al 2018 i pentastellati hanno perso poco più di metà dei propri voti al Sud e oltre il 60% nel resto del Paese. E questo è stato presentato come un quasi successo.

Resiste ancora, comunque, per il M5S una maggiore capacità di rappresentanza dell’elettorato meridionale, mentre al Nord sembra che sia scomparso quel Movimento che a partire dal 2013 sembrava potesse rappresentare anche ceti produttivi ed intellettuali, desiderosi non solo di giustizia e solidarietà, ma anche di innovazione e ricerca, di conoscenza e informazione come motori dello sviluppo sociale prima ancora che politico.

Non aggiungo altro, ma qui è chiaro che c’è un campo enorme, non “largo”, su cui chi voglia tornare ad essere politicamente protagonista, dovrà presentarsi. Ma la presenza politica è figlia di una rivoluzione culturale consapevole e determinata, ed è qui che si gioca la partita!

Condividete questa riflessione per favore, perché su questa tornerò, torneremo, con altri interventi prossimamente. E se vogliamo cambiare senza morire democristiani – perché questo è -, tutti dovremo fare il nostro.
Io mi sto iniziando a muovere. E con me altri.
Tutti possiamo dare una mano.