Ho visto l’aldilà, sull’ambulanza ho chiesto perdono…”

Quando ero sull’ambulanza, paralizzato da un lato, ho pensato alla mia famiglia e ho chiesto perdono perché la passione politica mi ha fatto fare qualche assenza”. Mentre si chiacchiera di governo, di Micciché, di Schifani, nelle parole di Cateno De Luca fa irruzione il dolore. E la sua voce cambia. Da ruggente si abbassa, fino a diventare sommessa. Va così per tutti quando la normalità che consideriamo intangibile viene interrotta da una ancora più normale, ma spesso ignota, fragilità.

Cateno è stato malissimo, come è noto. Era nel suo ufficio, a Messina, quando il suo mondo si è raggelato per un malore molto forte. Un veloce soccorso e dei bravissimi medici lo hanno salvato, restituendolo ai suoi cari. Ma questo racconto, con tutto il rispetto, non poteva finire nella cronaca dell’Ars o della giunta che abbiamo trattato a parte. E’ una spina su cui è fiorita una rosa rossa di consapevolezza. Ed era destinato a una pagina diversa, alla grammatica del cuore umano che non è mai come lo disegniamo, nelle sue raffigurazioni stilizzate. Ha una forma anatomica, il cuore, però è indimostrabile. E assume il colore del timbro con cui narriamo la presa di coscienza del limite.

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