Messina Denaro tra “unghie ammucciate” e protezione

Le ipotesi di traduzione delle frasi rivolte da Messina Denaro alla dottoressa in carcere. Le indagini: i nomi in codice decriptati e quelli ancora da decriptare.

Lo scorso 18 gennaio, due giorni dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro alla clinica “La Maddalena” a Palermo, il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, tra l’altro denunciò: “Cosa Nostra è riuscita a entrare nei salotti buoni dove si discute di affari, finanziamenti, appalti, dove si decidono le politiche pubbliche. E vi è entrata dalla porta principale, parlando con i suoi interlocutori da pari a pari. La mafia ha sempre avuto rapporti strettissimi con una parte della società, e Messina Denaro ha sempre goduto di un appoggio molto ampio, non solo della borghesia”. Ebbene, esattamente 12 giorni dopo l’arresto, quindi il 28 gennaio, nel carcere di massima sicurezza de L’Aquila, Matteo Messina Denaro così si è rivolto, con un ghigno sulle labbra, ad una dottoressa che lo ha visitato: “Lei è mai stata a Palermo? E’ una città bellissima, con un milione di abitanti. E le dico una cosa… da qualche giorno a questa parte tutta la Palermo bene ha le unghie ‘ammucciate’, nascoste”. Ebbene, secondo parole, opere e omissioni tratte dal vangelo secondo ‘Matteo’, l’intelligence antimafia sarebbe propensa a ritenere che Matteo Messina Denaro abbia inteso che, con lui arrestato, ampia parte della “Palermo bene” avrebbe abbassato il profilo, a fronte della minore protezione da parte della criminalità organizzata. Dunque, parafrasando le frasi del boss, si tradurebbe così: “Ora non graffiano. Non parlano. Stanno rintanati. Perché hanno paura di lui, ma ancora di più delle indagini su chi ha protetto la sua latitanza”. Ancora secondo l’intelligence antimafia, Matteo Messina Denaro non prospettava affatto il suo arresto, e teme di essere stato venduto. Forse da uno dei numerosi ragni che hanno tessuto la ragnatela sanitaria che gli ha garantito assistenza e cure contro il tumore. Probabilmente un ragno di Palermo, e molto meno probabilmente di Campobello di Mazara, dove, come hanno marcatamente rilevato le indagini, Matteo Messina Denaro si è avvalso di una strettissima e fidata collaborazione. Della ragnatela, della rete di protezione, sarebbero stati parte professionisti, imprenditori, pubblici amministratori e rappresentanti delle istituzioni. E dalle indagini immediatamente precedenti alla sua cattura sono emersi anche i ‘camici bianchi’, i sanitari. E le indagini proseguono ancora per decriptare i nomi in codice usati nei “pizzini” per nascondere l’identità dei mittenti o dei destinatari. “Lesto”, “Diletta” e “Tram” si sarebbero riferiti a Lorena Lanceri. E “Maloverso” a suo marito, Emanuele Bonafede. Poi “Cugino” sarebbe Laura Bonafede. “Tan” sarebbe la figlia di Laura Bonafede, Martina Gentile, conosciuta come Tania. “Il malato” sarebbe Andrea Geraci. “Margot” è l’automobile Alfa Romeo “Giulietta”. Sono ancora da decriptare “Romena, Depry, Blu, Bagnino, Squallido, Ciliegia, Parmigiano, Reparto, Condor”.

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