PLATEA DIMEZZATA PER I “SETTE CONTRO TEBE”
Testo e filmato di Diego Romeo
Probabilmente ad Agrigento si sta esagerando troppo con il “Mito”. E un teatro che viene dedicato per proiettarsi nel “mito” anzi addirittura ad aprire un concorso per opere richiamantesi al mito dovrebbe far riflettere e ripensare. Un primo indizio lo ha fornito la platea dimezzata per la tragedia eschilea “Sette contro Tebe”. Il teatro dell’Efebo la cui capienza è di 700 posti appariva malinconicamento sguarnito e dire che la compagnia teatrale catanese per la regia di Cinzia Maccagnano si era sufficientemente impegnata ad offrire una sintesi di “ANTIGONE” il 21 luglio scorso e di “Sette contro Tebe” ieri sera 24 luglio. L’adattamento (un esauriente Bignami delle due tragedie) non poteva fare di meglio soprattutto per la guerra tra Eteocle e Polinice dove in palio c’era il potere su Tebe. La paura, il coraggio, la rabbia della città assediata è stata lo specchio di Gaza e di Kiev cui ci hanno abituato, ahimè i filmati delle nostre TV. Senza dimenticare le baruffe politiche agrigentine che assediano la città dove la designazione di capitale della cultura appare piuttosto come una condanna. E visto che ci siamo trovati dinanzi a un’opera di Eschilo ci viene da pensare a un “fascismo poetico” della perversa (in)utilità della guerra. Sotto questo aspetto la messa in scena nella sua riduzione è ricorsa ad un “brinkmanship” tra aspirazione artistico-estetica e lezione filosofica per una tragedia pervasa dal “rumore di sciabole” e dall’orrido delle parole. Una tragedia che ci conferma come un solo mito non basti , non sia sufficiente a rendere ragione della complessità degli eventi che vedono i mortali come protagonisti e abitanti delle città. Creonte insegna, scrivevamo ( citando il libro di Luciano Violante)in occasione della cronaca su Antigone, si cercano gli alunni disposti a leggere e ascoltare. Alunni spettatori che dopo il 27 luglio allorchè andrà in scena “Il rapimento di Proserpina o l’inganno di Venere” potranno tirare un sospiro di sollievo con un programma del teatro dell’Efebo che riserva loro commedie più commestibili e con un pirandellismo che ormai non fa più paura a nessuno perché non possiamo non dirci “pirandelliani”.