“Sentenza Tua”: ecco perché gli imputati sono stati assolti
Depositate le motivazioni della sentenza di assoluzione dei dieci autisti dell’azienda Tua, impegnata nel trasporto pubblico urbano ad Agrigento.
Il giudice monocratico del Tribunale di Agrigento, Agata Genna, ha appena depositato le motivazioni della sentenza per le quali lo scorso 5 febbraio ha assolto, con la formula “perché il fatto non sussiste”, tutti i dieci imputati nell’ambito dell’inchiesta su una presunta truffa a danno della Tua, l’azienda che gestisce il servizio del trasporto pubblico urbano ad Agrigento. Le indagini sono state avviate nel 2017 a seguito di una denuncia della Tua, che si è avvalsa di un’agenzia investigativa privata per i riscontri, su asserite anomalie sugli incassi dei biglietti. Sette dei dieci imputati a bordo degli autobus avrebbero venduto biglietti di tariffa A, acquistabili solo nelle rivendite, al maggiore prezzo previsto per i biglietti di tariffa B che sono invece vendibili a bordo degli autobus. E poi gli autisti non avrebbero registrato la vendita dei biglietti nella distinta giornaliera e, in alcuni casi, avrebbero incassato il pagamento dei biglietti riciclati e venduti più volte per lo stesso viaggio. Ebbene il giudice Genna spiega che quanto emerso dal processo non prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, le contestazioni di reato. E ciò perché la testimonianza resa dal principale testimone del pubblico ministero, ovvero l’investigatore privato, è stata in ampia parte contraddittoria e insufficiente, anche su quanto è durata l’indagine dell’agenzia privata, sulle modalità, su quante volte si è proceduto agli accertamenti, su coloro che li avrebbero effettuati, e sul numero delle condotte truffaldine riscontrate a ciascun imputato. Le risposte del testimone all’esame e al controesame sono state lacunose, anche con tanti “non ricordo”, e contraddittorie rispetto a quanto emerso dalla parallela vertenza sul lavoro contro il licenziamento degli imputati. Agli altri tre dei dieci imputati è stata contestata l’interruzione di pubblico servizio perché, ancora nel 2017 e in tre casi, durante il turno di lavoro avrebbero sostato con l’autobus al di fuori del percorso consentito, e modificato le tappe saltando delle soste imposte, a danno della regolarità della corsa e per esigenze personali. Anche a fronte di ciò il giudice rileva che non sono state provate in modo inequivocabile le ipotesi di reato dell’essere al di fuori del percorso, con pause non previste. Anzi il contrario: ad esempio, all’andata della linea 5, da piazzale Rosselli a Calcarelle, l’autista percorreva il tragitto in meno minuti del previsto, e quindi poi sostava più minuti per rispettare l’orario esatto della ripartenza, non provocando alcun disservizio.
teleacras angelo ruoppolo