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Il Papa nuovo

di Rocco Agnone*

L’attenzione rilevante suscitata dal nuovo Papa, che ha assunto il nome di Leone XIV, meriterebbe molte considerazioni, di cui alcune non positive. Una in particolare va fatta. Indipendentemente del problema della c.d. secolarizzazione del mondo, in ogni caso la presenza nella realtà mondana di una figura come quella papale rappresenta un fattore di cui tenere conto per una certa influenza che tale figura ha avuto e potrebbe avere presso popoli e detentori del potere economico-politico ( non dicono nulla i tentativi di qualche potente politico di portarlo dalla propria parte o la notevole presenza di Capi di stato o loro rappresentanti prevista per l’intronizzazione del neo Papa?). Da ciò deriva una grande responsabilità da chi viene chiamato a vestire i panni del successore dell’apostolo Pietro. Dunque, cosa ci si può attendere dal cardinale americano recentemente nominato? Quale dovrebbe essere la sua identità, soprattutto operativa, per potere contribuire a migliorare un mondo in preda a enormi problemi di convivenza umana?  Molte risposte dipenderanno dalla concreta operatività futura del Papa. Ora si può solo affermare che probabilmente è stato scelto dai cardinali elettori per un suo profilo, diciamo, progressista senza eccessi o radicalità (Francesco manifestò con una certa spontaneità qualche aspetto radicale). In questo senso può essere significativa la scelta del nome Leone che richiama leone XIII, autore dell’ enciclica “Rerum novarum”, considerata come il manifesto della dottrina sociale della Chiesa. Poi, rappresentano un presupposto positivo la lunga esperienza pastorale fatta in Perù, terra nella quale vivono non pochi poveri e oppressi, nonché, in tempi in cui alcuni ritengono che la pace passi attraverso il riarmo, l’avere affermato, appena eletto, il grande valore di una pace “disarmante e disarmata”. Inoltre, un indubbio valore hanno anche la denuncia dell’abuso del linguaggio e l’offerta della propria mediazione per porre fine al conflitto armato tra Russia e Ucraina. Anche lui, infine, come Francesco, si è spogliato dall’esibizione solenne della potenza del papato. Ma, ciò precisato, si impone una domanda fondamentale: per assumersi pienamente la responsabilità di operare efficacemente nell’attuale realtà a quale dimensione un papa dovrebbe fare riferimento?  La risposta sembra scontata, bisogna fare riferimento ai valori testimoniati nella vita di Gesù, bisogna essere un suo testimone, Peraltro una tale testimonianza è necessariamente anche la testimonianza dei valori universali dell’umano. Al riguardo non basta la mera enunciazione dottrinale di principi, anche se ad essi viene dato il nome di amore e pace. Non è sufficiente mostrare di essere uomini di buoni sentimenti. Occorre comprendere e penetrare le cause che offendono la dignità degli uomini, bisogna immedesimarsi in tale condizione umana piena di sofferenze, bisogna evidenziare chiaramente le responsabilità di chi produce catastrofi e sacrifici umani indicibili, elevando al cielo il grido di chi ha orrore di ciò e dice con forza: Basta! Non si può ancora una volta non ricorrere alle molte grida elevate da quell’esemplare testimone che fu il profeta Isaia, del quale qui trascriviamo un solo, ma molto significativo verso: “La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento”. Chi scrive si attende anche dal nuovo Papa questo tipo di testimonianza. Ma forse non l’attendono soprattutto tutti i poveri, gli oppressi, i massacrati con la forza? 

(* già Provveditore agli studi di Ragusa)