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Finalmente un nuovo teatro ad Agrigento

Testo e foto di Diego Romeo

Finalmente nell’anno di capitale della cultura che strombazza e si fregia di Pirandello e del Parco archeologico, possiamo, a ragion veduta scrivere che l’Associazione “Concordia” sta riuscendo ad accostarsi alla comprensione di Pirandello. Il direttore artistico Angelo Cinque  legge nel profondo  di uno scrittore che racchiude tutte le tematiche (ombelico del mondo) che affliggono la nostra città-simbolo. L’abusivismo, l’inquinamento architettonico lo trovate in “La distruzione dell’uomo”, una lettura della novella avrebbe mitigato la “furiosa allegria” degli ingegneri agrigentini recentemente rieletti. E poi “Fuoco alla paglia” che anticipa le gabbie agrigentine, sinonimo di lobby e camarille varie, per finire a “Alberi cittadini” che profetizza lo scempio di “Villa del sole” e del verde pubblico. Ma è solo un piccolo antipasto quello che abbiamo ricordato perché a mettere il coltello nella piaga ( o se volete, a entrare nella “stanza della tortura”) ci sta pensando questo gruppo teatrale “Concordia” con alla guida il direttore artistico Angelo Cinque che con umiltà e rigore è riuscito a mettere insieme e a plasmare attori e attrici che “finito di lavare i piatti” e assolto alle faccende familiari si mette in scena per un’altra vita parallela. Il solito destino, insomma, che attende chi ama la comunicazione teatrale in una città che di tragiche farse sembra nutrirsi appassionatamente. Enzo Lauretta ci aveva impiegato mezzo secolo di Convegni internazionali per suggerirci gli avvertimenti pirandelliani, mentre Angelo Cinque ha iniziato da qualche anno la sua rilettura e visti opere e risultati possiamo solo congratularci. Certo non mancheranno le imprecazioni e i tentativi di delegittimazione ma la “verità” pirandelliana rimane lì, implacabile e ineludibile.. Nel mentre il sinedrio della chiacchiera e della tangente continuerà a ritardare, come fossimo a Gaza,  l’ erogazione dell’acqua probabilmente perché non riesce a spartirsi equamente i “profitti”.Ad esempio chi saprà mai il vero perché Forza Italia si sia dissociata dall’amministrazione Miccichè dopo appena tre mesi dall’elezione? Se avessero letto Pirandello i nostri politici sarebbero più umani dell’esercito israeliano. Tornando ad Angelo Cinque e al suo ensemble, siamo certi che “stando così le cose” può diventare un buon detonatore, una miccia che i cittadini dovrebbero aiutare ad accendere se davvero si vuole parlare di cultura e di identità. E l’altra sera sulla scena del “TeatrAnima”, Maragrazia  in “L’altro figlio”(interpretazione  accesa e viscerale di Lina Gueli) ci ha ricordato il potere che distrugge le anime, la fuga dei figli (oggi si direbbe “dei cervelli) che ci costringe a soppesare le parole di don Luigi” “Più vado avanti e più odio la società e la civiltà”. Ne sanno qualcosa le tremende donne pirandelliane che il direttore artistico si è deciso a portare in scena e che raggruppano tutto il dolore del mondo molto meglio delle figure maschili cui Pirandello non lesina responsabilità e fragilità varie. E che dire del filosofo di “All’uscita” (l’altra pièce vista l’altra sera) che rimane solo a concionare sul senso della vita e sul “mistero profano”. Della donna uccisa che piange dinanzi quei morti dialoganti, oggi simboli così vicini all’olocausto di Gaza. Ma anche di una Agrigento che rimane inchiodata alla sua ragione e alle sue ragioni mentre i soliti noti si spartiscono le vesti e si atteggiano a falsi profeti. Che tutto questo marasma stia avvenendo “a carambola” nel 2025 anno designato alla cultura, dovrebbe suscitare un qualche segnale contro l’atavica indifferenza di noi che siamo folcloristici sceneggiatori di balletti e Vie Crucis.

(Al TeatrAnima di via Oblati: “All’uscita” e “Donne pirandelliane”- interpreti Sandro Re, Laura Di Fede, Francesco Brocato, Andrea Balletti, Lia Cipolla, Riccardo Vaccarello, Lina Gueli, Teresa Cinque, Selina Vilardo- Regia di Pippo Alvaro-Scenografia e costumi di Donatella Giannettino)