Se Calenda parla Schifani fugge
di Paolo Cilona
Sono in tanti ad aver condiviso le aspre critiche formulate da Carlo Calenda nei riguardi dei politici siciliani. La verità fa sempre male. Le pungenti affermazioni suonano come lesa maestà verso coloro che da decenni e decenni governano la Sicilia come cosa propria. Famiglie e gruppi di potere continuano a spartirsi sotto il sole della Trinacria ogni incarico di governo locale e regionale. C’è da piangere davvero, altro che reazione d’impulso in difesa dell’identità, della Storia e della dignità di milioni di cittadini. Spesso nel nome della Sicilia si consumano misfatti di ogni tipo. La Sanità, le infrastrutture da terzo mondo, la disponibilità a svendere la Sicilia ai poteri forti dopo le rovine create a Melilli, Augusta, Priolo, Milazzo, Gela. L’incapacità a risolvere il problema idrico, le ferrovie da terzo mondo, le strade provinciali colabrodo. Nessuna autostrada lungo la fascia centromeridionale della Sicilia e nessuna struttura aeroportuale. İl potere si divide alternativamente tra Palermo e Catania. İnfatti, hanno reagito Schifani e Lombardo. Per non parlare del voto segreto all’Assemblea Regionale, ove si nasconde il malumore del “chi c’è Pi mmia”o di chi si sente solo un numero in Aula. La Sicilia ha bisogno di una svolta partendo da una legge che vieti le candidature non residenti in Sicilia. Nelle ultime elezioni sono stati eletti in Sicilia: Calenda, la Brambilla, la Craxi, la compagna di Berlusconi e tanti altri. Sicilia terra di conquista e terra malgovernata, terra degli scempi come il tentativo di distruggere la costa del mito, i luoghi pirandelliani, la Valle dei templi, la Scala dei Turchi con il Rigassificatore con la compiacenza di Schifani che ha autorizzato la proroga di 70 mesi a un cantiere mai cominciato.