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Mori: ecco perché il covo di Riina non è stato perquisito

Il generale Mario Mori è stato ascoltato dalla Commissione nazionale antimafia sul caso della mancata perquisizione del covo di Riina dopo l’arresto. I dettagli.

Mario Mori

Il generale Mario Mori, ex capo dei Carabinieri del Ros, è stato ascoltato dalla Commissione nazionale antimafia sul caso della mancata perquisizione del covo di Riina dopo l’arresto. E tra l’altro ha affermato: “Totò Riina, e lo capisce qualunque investigatore con esperienza di cose siciliane, mai avrebbe tenuto in casa cose e documenti connessi alla sua attività criminale. I pubblici ministeri del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia hanno sostenuto che il ritardo nella perquisizione fosse proprio uno dei punti della trattativa, ma io mi chiedo: se avessimo voluto far sparire documenti compromettenti dalla casa di Riina, non sarebbe stato più logico fare subito dopo la cattura una perquisizione proprio per capire cosa ci fosse in casa?”. Poi Mori più nel dettaglio ha ricordato: “Il 15 gennaio, dopo la cattura di Riina, ci fu a Palermo una riunione a cui parteciparono anche il procuratore Caselli e il capitano Di Caprio (colui che arrestò materialmente Riina alla circonvallazione di Palermo) in cui si decise di tenere sotto osservazione la villa di via Bernini in cui Riina aveva abitato, e si decise di non procedere a perquisizione perché il boss era stato arrestato altrove, e quindi per non far capire che sapevamo dove abitasse. Il fine di ritardare la perquisizione era quello di capire se avremmo potuto prendere altri latitanti e colpire al cuore economico Cosa nostra di cui i proprietari del residence che aveva ospitato Riina, i Sansone, facevano parte. Cioè, non dovevamo far capire che avevamo trovato il covo, sperando così in altri successi investigativi. Caselli disse sì a patto che fosse mantenuto costante il controllo su via Bernini. E di fatto concordò di ritardare la perquisizione. Da qui nacque l’equivoco. Davanti al residence di via Bernini c’era il furgone del Ros da cui si vedevano le ville all’interno, e io pensai che non aveva senso continuare a guardare facendoci scoprire, ma era più logico tenere sotto osservazione i Sansone anche perchè i giornalisti avevano saputo che era stato trovato il nascondiglio ed erano arrivate le troupe. Per cui erano venute meno la sicurezza per i nostri uomini e la segretezza delle operazioni”. Poi, a domanda sul dossier mafia – appalti redatto dai Carabinieri del Ros, il generale Mori ha risposto: “Non ne ho informato l’ex procuratore di Palermo Giammanco perché non mi fidavo di lui. Nell’ultimo periodo ebbi la sensazione che Borsellino si stava progressivamente incupendo. Ci sorprese quando tramite il sottufficiale Canale ci disse che voleva vederci alla caserma Carini. Rimanemmo soli e mi disse che non voleva che il nostro incontro fosse noto per tanti motivi. Capii che non voleva che Giammanco sapesse che avevamo rapporti diretti anche perchè lui non era delegato a coordinare indagini su Palermo. Disse che era interessato all’inchiesta mafia e appalti”.

teleacras angelo ruoppolo

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