RISUONANO I VESPRI SICILIANI DINANZI AL TEMPIO DELLA CONCORDIA. IERI COME OGGI PER IL “CONTROLLO” DELLA SICILIA
di Paolo Cilona-fotogallery di Diego Romeo
Si accendono le luci tremolanti sulla collina di Agrigento alle nove e trenta della sera, brillano le luci dell’hotel col “tempio in camera”, si spegne il ronzio dei droni delle riprese tv , tutti in piedi militarmente gli orchestrali mentre il maestro Muti si insedia sul podio dell’orchestra giovanile Cherubini e perentoriamente da l’avvio all’esecuzione della sinfonia dai “Vespri siciliani”. Che inizia con l’andante di un film thriller, sospeso e cadenzato, certamente molto appropriato alle ragioni del pentagramma nato per ricordare la ribellione che diede l’avvio alla guerra per il controllo della Sicilia , per espellere i francesi e che si concluse con la pace di Caltabellotta. La storia poi ci racconterà che Caltabellotta fu una beffa, anticipando il “cambiare tutto per non cambiare nulla”: il “copyright”, prima di Tomasi di Lampedusa lo suggeriva Dante nel canto VIII del Paradiso rievocando i “Vespri”. E la temperie politica di oggi non se ne discosta minimamente trincerandosi dietro l’Arte come mezzo di comunicazione che riunisce gli uomini accomunandoli nelle sensazioni. “Escamotage” necessario alla vita ed al progresso verso il bene del singolo, come amava dire Tolstoj. Ad Agrigento si è svolto in una cornice della solita straordinaria bellezza il Concerto diretto dal grande maestro Riccardo Muti. Purtroppo il bene del singolo, l’amore per la musica, dalle nostre parti è subordinato principalmente alle condizioni sociali ed economiche in quanto non tutti possono accedere a certi eventi per il costoso biglietto d’ingresso. Al popolo agrigentino gli si offre per tradizione (quasi sempre) spettacoli in piazza (anch’essi dal costo spropositato e che le inchieste in corso non mancheranno di spiegare), mentre il Concerto di Muti, ideato dalla solita cabina di regia palermitana è stato rivolto principalmente ai facoltosi, alla borghesia, al ceto emergente, ai burosauri regionali ovvero a tutti coloro che oltre ad amare il pentagramma godono del piacere della visibilità. Non dimentichiamo che Agrigento è la città tra le ultime del Paese per reddito pro-capite e per servizi. Allora che senso ha spendere 650 mila euro per un evento rivolto in gran parte ai nuovi marchesi del grillo amanti della musica. Agli agrigentini che non hanno goduto del grande evento non resterà altro che vederlo in differita nel programma della Rai. Si continuerà a dire che gli eventi servono per richiamare milioni di turisti ad Agrigento. Probabilmente sarà così, ma la Regione dopo il Volo e Muti cosa avrà ancora in programma per dividere la città tra chi può e chi non può?


















