Il Tar restituisce le armi ad un poliziotto di Capaci
Nel 2019, il Prefetto di Palermo conferiva la qualifica di Agente di Pubblica Sicurezza, con il relativo
armamento, al sig. B.D., Agente di Polizia Municipale del Comune di Capaci.
Tuttavia, nel 2023 lo stesso Prefetto avviava nei confronti dell’Agente B.D. un procedimento volto
all’adozione di divieto di detenzioni di armi e munizioni e materiale esplodenti, in ragione di legami di
parentela con soggetti aventi precedenti per associazione mafiosa e reati connessi.
Con apposita memoria procedimentale l’Agente confutava i motivi ostativi al mantenimento dell’uso delle
armi prospettati dalla Prefettura, precisando di non avere mai intrattenuto rapporti con parenti
pregiudicati, di avere condotto sempre una vita irreprensibile e sottolineava la contraddittorietà del giudizio
di non affidabilità prospettato dalla Prefettura, la quale, come detto, soltanto qualche anno prima gli aveva
attribuito la qualifica di Agente di P.S a fronte dei medesimi legami di parentela.
Nondimeno, la Prefettura di Palermo, condividendo la proposta formulata dalla Compagnia dei Carabinieri
di Carini, adottava un provvedimento di divieto di detenzioni di armi e munizioni, che prontamente veniva
impugnato innanzi al T.A.R. dall’interessato, assistito dagli Avv.ti Girolamo Rubino e Daniele Piazza.
Detti legali rilevavano l’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui gli elementi posti
dall’amministrazione a base del proprio convincimento, oltre ad essere in palese contrasto con le
precedenti determinazioni e con la disciplina in materia di detenzione di armi, non avrebbero potuto
considerarsi fondanti su un giudizio di non affidabilità del proprio assistito.
Gli Avv.ti Rubino e Piazza, mettevano in risalto le carenze motivazionali del provvedimento impugnato, nel
quale la prognosi d’inaffidabilità si era fondata soltanto sulla mera indicazione di un rapporto di parentela
con due zii materni controindicati, di cui uno per altro condannato all’ergastolo; circostanza di per sé
idonea ad escludere, almeno per uno, i paventati rischi che potessero esserci occasioni di frequentazione e
quindi di utilizzo indebito delle armi.
Ebbene, con sentenza del 23 luglio 2025, condividendo le censure degli Avv.ti Rubino e Piazza, il TAR Sicilia
–Palermo ha accolto il ricorso proposto, affermando che la Prefettura di Palermo non avrebbe potuto
disporre un divieto di detenzione di armi limitandosi solo ad addurre il fatto che l’interessato risultava
legato da rapporti di parentela o di affinità con soggetti pregiudicati, senza invece valutarne in concreto
l’incidenza in ordine al giudizio di affidabilità di questo e quindi del probabile abuso delle armi da parte
dell’interessato.
Pertanto, con la suddetta sentenza il TAR ha annullato il provvedimento prefettizio, condannando la
Prefettura di Palermo al pagamento delle spese di lite e, conseguentemente, l’Agente di Polizia Municipale
del Comune di Carini potrà continuare a detenere l’arma di ordinanza quale Agente di Pubblica Sicurezza.