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Francesco: una vita compiuta

di Rocco Agnone*

“E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse:” Tutto è compiuto!”. E, chinato il capo spirò”  (Giovanni 19,30). Una vita conclude il suo itinerario terreno, ma in tale momento, invece della fine, afferma la pienezza della vita (il sepolcro dove era stato portato il suo corpo, poi, significativamente risultò aperto e vuoto). In quel momento veniva affermato il raggiungimento della compiutezza di una vita. Così anche per Francesco, proprio nel periodo che ricorda la Pasqua, si è compiuta la vita con il perseguimento ininterrotto, nonostante il grave malessere fisico, dei suoi gesti di totale apertura agli altri uomini. Dunque una vita piena, quella di Francesco. Perché? Per una scelta posta a suo fondamento. La scelta di una libertà, diversa da quella comune di scegliere quello che si vuole, come processo di liberazione dall’attaccamento agli esseri viventi e alle cose che ci circondano, cioè dal volerne essere quasi proprietari, dal volerli possedere e più o meno dominarli, dal vederli in funzione della loro utilità, dall’asservirli ai propri progetti. Liberazione dall’attaccamento che fa capire la sua ultima volontà di essere seppellito nella nuda terra. Da questo processo Francesco ha capito che l’attaccamento ferisce la libertà di tutto ciò che ci sta attorno, che il riconoscimento dell’autonomia comporta la restituzione di ogni essere o cosa a sé stessi. Ha appreso anche il valore dell’uguaglianza, ha appreso che “la più grande felicità in cielo e in terra sta nell’uguaglianza” come ebbe a dire in un suo sermone il mistico cristiano M. Eckart. Queste sintetiche osservazioni fanno, inoltre, comprendere l’appropriatezza della scelta, da parte di Bergoglio, del nome del santo di Assisi, Francesco, che già aveva fatto la stessa scelta spogliandosi dell’attaccamento alle proprie ricchezze e rispettando l’autonomia di uomini, di altri esseri viventi e della natura in genere, amandoli e relazionandosi con la loro realtà autonoma. Papa Francesco ha così scoperto che questa speciale verginità costituisce il presupposto per essere fecondi, per produrre le opere che l’amore, fattore ineliminabile per realizzare una umanità profonda, suggerisce. Lui di conseguenza ha tolto al papato ogni sfarzo, ha tentato con una certa incisività di far sì che la Chiesa non si rinchiudesse, in tal modo isolandosi, in un corpo dottrinale definito e rigido avente anche connotati giuridici, ha ritenuto necessario immergersi nella vita del mondo per capire la complessa realtà della condizione umana, per impegnarsi per il superamento dei suoi affanni e delle sue storture, per alimentare ogni iniziativa finalizzata a far conseguire a ogni uomo il miglioramento del suo stato di vita. Francesco, in tal modo, è diventato un interprete autentico del suo modello di vita, cioè Gesù. In proposito è significativa la citazione di un passo del vangelo di Luca. “Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia, apertolo trovò il passo in cui era scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me…mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi”. Poi arrotolò il volume e sedette. Allora cominciò a dire:” Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi “(Lc. 4; 17,18,19,20). Anche Francesco si è impegnato per adempiere la scrittura di Isaia, le opere in essa descritte. E lo ha fatto anche adottando i criteri operativi del profeta, il quale non si limitò a proclamare la predilezione di Dio per i poveri e gli ultimi, ma ha spiegato perché Dio predilige i poveri, le cause che allora producevano poveri e ultimi, attaccando in modo deciso il potere e il sistema economico, politico e religioso del suo tempo. Ecco nei ritratti, apparsi su molti media e nei discorsi di diversi politici, della figura di Francesco si ricorre alla retorica tipica dei luoghi comuni e a una genericità che occulta la ricerca analitica di Francesco delle cause che producono povertà e diseguaglianze e delle strutture e forme moderne di quell’attaccamento di cui lui si è liberato per promuovere la dignità umana indicando soluzioni (frequentemente inascoltate da politici o intellettuali che ora più o meno l’omaggiano). La compiutezza di vita che ora emerge a conclusione della sua vicenda terrena, richiede, invece, che si colga anche ora una sua particolare presenza. Richiede la memoria costante della sua vita e dei valori che l’hanno contraddistinta per impegnarsi assieme a lui a dare compiutezza alla vita di tutti gli uomini nel rispetto della natura di cui fanno parte, e a raggiungere, in definitiva, l’autentica unità che è armonia. 

(*già Provveditore agli Studi di Ragusa)