Ecco cosa è il “sistema Montante”

«..Si ritiene di dover muovere nella presente esposizione dall’analisi degli elementi – afferenti ai rapporti dell’odierno indagato CALOGERO ANTONIO MONTANTE con esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso – che avevano determinato l’apertura dell’odierno procedimento, sebbene – appare corretto rappresentarlo sin d’ora – il quadro che dagli stessi è emerso non consente, allo stato, di elevare specifici addebiti nei confronti dello stesso Montante.
In ogni caso, le attività d’indagine compiute sul punto ed il coacervo di acquisizioni dalle stesse risultanti serve da cornice per delineare, in primo luogo, quali siano, a parere di questo Ufficio, “le origini” delle fortune del Montante ed a comprendere, in secondo luogo, come la svolta legalitaria di cui questi si è fatto portatore non fosse altro che un mero paravento dietro cui cercare di occultare – forte di quelle relazioni che era riuscito ad instaurare proprio portando il vessillo dell’antimafia  – quei rapporti che aveva certamente intessuto e coltivato con esponenti di spicco della criminalità organizzata.
E, a ben vedere, aiuta anche a capire il reale fine di una strategia messa in campo per addivenire al sistematico screditamento di coloro che, per una ragione o per l’altra, si erano espressi, nel corso del tempo, in maniera critica nei suoi confronti o, più semplicemente, non ne avevano condiviso il percorso tracciato a partire dal 2005 e che sono stati via via tacciati di “mafiosità” o non meglio precisate collusioni con un sistema che, a parole, si voleva definitivamente superato.
E ciò è avvenuto anche laddove alcunché di concreto – da un punto di vista giudiziario – autorizzasse a cucire simili etichette, che sono, però, state spacciate per verità assodate sulla base di una continua e costante campagna realizzata attraverso il sostegno dei più disparati ambienti.
Serviva, cioè, ingenerare la diffusa convizione che esistesse “un vecchio sistema” – verso cui ormai ci si opponeva – caratterizzato da collusioni tra imprenditori, politici ed esponenti mafiosi, al cui interno poter ricomprendere, di volta in volta ed in maniera indiscriminata, tutti coloro che non si adeguavano al “nuovo corso”.
Si è trattato, a ben vedere, della realizzazione di un sottile e ben pianificato disegno volto a ridurre al silenzio coloro che, in astratto, avrebbero potuto riferire circostanze compromettenti sul conto del  Montante e, ancor prima, a prevenire possibili indicazioni sui suoi pregressi rapporti con esponenti mafiosi che, laddove veicolate, si sarebbero ben potute contrastare, come effettivamente avvenuto, tacciandole come il tentativo di reazione di un sistema compromesso e colluso verso coloro che, in maniera autorferenziale, si proponevano come portatori di una rivoluzionaria svolta improntata alla legalità.
In altre parole, proprio l’accurata analisi del complesso degli elementi che sono stati acquisiti sulla base delle indicazioni provenienti dai collaboratori di giustizia (e dalle attività eseguite per riscontrarne le propalazioni) serve a smascherare quell’inganno che è stato sapientemente costruito nel corso degli anni e che è solo servito, da un lato, a nascondere i compromettenti rapporti avuti col passato con esponenti mafiosi della provincia di Caltanissetta e, dall’altro lato, a creare un sistema di relazioni funzionale alla tutela degli interessi del Montante e di coloro che allo stesso sono sempre stati vicini, che, a ben vedere, non ha fatto altro che sostituire un pregresso sistema basato sulle medesime logiche di potere.
Non si vuole, cioè, con questo mettere in discussione gli approdi che, da un punto di vista giudiziario, questo Ufficio ha raggiunto negli anni pregressi e che si ritiene, anzi, assolutamente validi e non suscettibili di essere rivisti – avendo effettivamente scoperchiato un sistema affaristico che involgeva imprenditoria, politica e Cosa Nostra –  ma solo evidenziare che “il sistema Montante” ne costituisce semplicemente una filiazione avente gli stessi scopi, sia pure con attori protagonisti differenti, ed operante con gli stessi metodi e che ha potuto prosperare – questo è il paradosso – proprio veicolando all’esterno l’immagine di una svolta legalitaria (solo proclamata) che a quel pregresso modello si voleva opporre…».

 

Dichiarazione del collaboratore di giustizia Salvatore Ferraro al pubblico ministero della Procura della Repubblica di Caltanissetta Stefano Luciani del 18 maggio 2016:

«Ho conosciuto personalmente Antonello Montante intorno al 1984-1985 e mi è stato presentato da Paolino Arnone che “lo aveva nel cuore”..».
Paolino Arnone era il capo della “famiglia” di Cosa Nostra di Serradifalco (paese in provincia di Caltanissetta) e “consigliori” del numero 2 della Cupola Giuseppe “Piddu” Madonia.

 

Dichiarazione del collaboratore di giustizia Leonardo Messina al pubblico ministero della Procura della Repubblica di Caltanissetta Stefano Luciani del 18 maggio 2016:

«Nulla so di Antonello Montante..La Signoria Vostra mi chiede cosa possa significare la presenza di Paolino e Vincenzo Arnone ad un matrimonio (il riferimento è alle nozze di Antonello Montante, testimoni il capo di Cosa Nostra di Serradifalco e suo figlio, ndr)..per mia esperienza posso testimoniare che i rappresentanti di Cosa Nostra non amano comparire ai matrimoni come testimoni, anche perché si evitano occasioni di apparire in foto..evidentemente lo sposo era “persona che meritava”…».

 

fonte http://mafie.blogautore.repubblica.it/