Un compare tirato a fondo a colpi di “gioia”

“..Sin dagli albori dell’indagine emergeva che il ROMANO Massimo (imprenditore della distribuzione coinvolto nell’inchiesta, ndr) ed il MONTANTE Antonio Calogero avevano intessuto negli anni un forte legame, come ben si evinceva dal tenore delle conversazioni che intercorrevano tra i due, che si chiamavano reciprocamente con l’appellativo di “compare”, “gioia” e addirittura di “fratello”.
Si riportano, a titolo rappresentativo, alcune di queste conversazioni.
In data 11.10.2014, veniva intercettata la conversazione in cui era il MONTANTE che chiamava il ROMANO Massimo per fargli gli auguri di buon compleanno.
Nel parlare scherzosamente del tempo che passa, il MONTANTE ribatteva al ROMANO che non poteva raccontargli di alcune cose di alcuni suoi festeggiamenti perché era in auto con i suoi genitori e – ad ulteriore conferma della stretta amicizia esistente tra i due – il ROMANO gli chiedeva di dare un bacio da parte sua al padre a alla madre del MONTANTE.
Quest’ultimo si lamentava del fatto che il VENTURI non gli aveva ricordato del compleanno del ROMANO, il quale sparlava il VENTURI rinfacciando al MONTANTE di “avere creato un mostro”.
A parte queste conversazioni intercorse direttamente tra il MONTANTE ed il ROMANO, si riporta anche altre intercettazioni in cui, dai discorsi fatti da quest’ultimo, trapela, ancora una volta, lo stretto rapporto di amicizia e di fiducia esistente con il MONTANTE che non aveva esitato a proporgli, quale sua longa manus, anche cariche importanti, in particolare quella di Assessore alle Attività Produttive presso la Regione Sicilia.
In data 15.5.2016, venivano intercettate, a bordo dell’autovettura Mercedes CLS del ROMANO Massimo, le conversazioni ambientali, intercorse tra quest’ultimo ed un uomo col quale discuteva della presa di posizione del VENTURI Marco (uno dei teste chiave dell’inchiesta, ndr) contro il MONTANTE.
Questa conversazione si presenta molto importante anche sotto altri aspetti che sono stati evidenziati nell’indagine, in specie l’attività di dossieraggio cui il MONTANTE è aduso nonché la sua personalità denotata da una pericolosità che non era mai passata inosservata da parte di coloro che gli sono stati accanto negli anni.
..Qualche giorno dopo il ROMANO Massimo discuteva del MONTANTE Antonio Calogero con il PASQUALETTO (uno dei fedelissimo di Montante, ndr) con il quale conveniva che “aveva perso la ragione”, come si registrava nella conversazione ambientale  intercettata a bordo dell’autovettura
Anzitutto il ROMANO si sfogava con il PASQUALETTO del fatto che la magistratura stava allargando il raggio di azione anche verso di lui perché vi era un suo collegamento con il MONTANTE Antonio Calogero, con particolare riferimento al punto vendita da lui aperto in Serradifalco, in ordine al qualel la magistratura gli aveva fatto domande ben precise nonché con particolare riferimento alla sua permanenza in Confindustria e al fatto che, in associazione, non sono stati rinvenuti verbali che riguardavano essenzialmente il MONTANTE.
Il PASQUALETTO riteneva che, per cercare queste carte, gli inquirenti avrebbero potuto fare anche delle perquisizioni ma esprimeva il dubbio che si potesse arrivare a tanto nei confronti del MONTANTE che, per evitare simili conseguenze, non avrebbe avuto alcuna remora a ricattare altra gente, “se no lassa perdere… ricattando altra gente”.
Il ROMANO rimarcava la sua insofferenza per il MONTANTE poiché quello che gli stava capitando era riconducibile a lui.
Il PASQUALETTO, mostrandosi d’accordo con il ROMANO, gli diceva a sua volta che domenica mattina il MONTANTE lo aveva chiamato e gli aveva raccontato, in maniera agitata, di un episodio per il quale il PASQUALETTO stesso aveva dato del “pazzo” al MONTANTE che gli aveva riferito di avere messo lui stesso una microspia in un luogo non meglio indicato “ciu? mintisti tu?”. (gliel’hai messo tu?, ndr)
Che il PASQUALETTO si riferisse ad una microspia emergeva con chiarezza dalle successive battute scambiate con il ROMANO al quale chiedeva se erano successi altri episodi in cui c’era un’altra “cimice” che era stata fatta piazzare dal MONTANTE da qualche parte ed il ROMANO rispondeva affermativamente, sottolineando che il MONTANTE “non aveva limiti”.
Si ritiene che il ROMANO si stesse riferendo alla microspia ritrovata in Confindustria Centro Sicilia, poiché di questo argomento ne aveva discusso con il VENTURI.
I due, infine, convenivano sul fatto che il MONTANTE non fosse una persona “normale” e temevano che, con questi atteggiamenti, avrebbe messo nei guai a tutti.
..Il giorno dopo la pubblicazione dell’articolo di Attilio BOLZONI, il VENTURI, presso gli uffici della Sidercem incontrava sia il ROMANO Massimo che il TROBIA Michele (preidente del Tennis Club di Caltanissetta, ndr) con i quali discuteva del MONTANTE Antonio Calogero, su cui tutti esprimevano considerazioni negative.
Nel corso della conversazione ambientale , il VENTURI discuteva con il ROMANO Massimo a cui confidava di essere stato in Procura a riferire delle cose – senza entrare nel merito – che teneva dentro da tre anni (come già confidato ad Alfondo CICERO (l’altro teste chiave dell’inchiesta Montante, ndr) sul MONTANTE Antonio Calogero, da lui ritenuta persona pericolosa, che era riuscita a prendere in giro tutti.
In riferimento all’articolo, Il VENTURI diceva avere ricevuto molte telefonate di persone che avevano condiviso la sua scelta di prendere pubblica posizione contro il MONTANTE
Il ROMANO raccontava al VENTURI di avere sentito, il giorno prima, il TROBIA Michele, il quale gli aveva riferito che, dopo la pubblicazione del noto articolo del 17.9.2015, il MONTANTE Antonio Calogero lo aveva chiamato e gli aveva detto che “si voleva buttare”.
Il VENTURI diceva che il MONTANTE, nella giornata di ieri, aveva anche provato a chiamare lui ma non aveva sentito la chiamata, ne? lo aveva richiamato una volta accortosi della chiamata persa.
Il ROMANO gli rispondeva che, invece, lui aveva chiamato il MONTANTE che gli aveva espresso la sua rabbia per la condotta del VENTURI, dopo che avevano condiviso un percorso insieme.
Il VENTURI mostrava la sua ferma decisione di quanto fatto e puntualizzava la sua ira nei confronti del MONTANTE per avergli fatto firmare, con malafede, la scheda di adesione in Confindustria Caltanissetta della ditta riconducibile ad ARNONE Vincenzo (boss di Serradifalco, ndr), perché il MONTANTE sapeva che lui era mafioso; ricordava altresì della sua elezione in Confindustria e il fatto che l’ARNONE facesse parte della commissione dei saggi, di cui peraltro il ROMANO Massimo era il presidente, osservando che il MONTANTE lo “aveva utilizzato”.
..Il ROMANO, a questo punto, ricordava che il MONTANTE voleva che fosse lui a fare l’espulsione di DI VINCENZO Pietro da Confindustria Caltanissetta ed il VENTURI ricordava tale circostanza e precisava che lui stesso si era impegnato per questo perché “ci credeva”.
Il VENTURI, quindi, parlava anche delle questioni attinenti delle aziende del MONTANTE che lo avevano lasciato molto perplesso, in particolare diceva che non esisteva alcuna storica impresa di famiglia per la produzione delle biciclette e che la fabbrica dei torroni, che lui aveva sempre dato per scontato che fosse del MONTANTE, non risulta invece essere ufficialmente sua e specificava che ne aveva fittiziamente intestata la titolarità a parenti di poliziotti.
Il ROMANO assecondava il VENTURI in questa valutazione negativa del MONTANTE e ricordava di quando il LUMIA voleva “estorcergli” una dichiarazione in cui lui avrebbe dovuto ammettere la subita estorsione che, invece, era stata perpetrata ai danni del fratello, come confermato poi da un collaboratore di giustizia.
Il VENTURI, infine, sempre sostenendo la sua scelta, esprimeva la considerazione che rischiavano di apparire tutti come il MONTANTE, poiché l’opinione comune, ma anche quella dei giudici, poi converge sulla stessa identità di un gruppo di cui tutti fanno parte, “é del tuo stesso gruppo, alora c’é l’emergenza e io, tu e Antonello siamo tutti la stessa cosa”.
Al riguardo si segnala che, nonostante il ROMANO Massimo fosse stata parte attiva della discussione con il TROBIA e con il VENTURI, in data 26.9.2015, riferiva all’A.G. di non avere mai saputo, sia in maniera diretta che indiretta, della disponibilità di ingenti somme di denaro da parte del MONTANTE.
In seguito, il ROMANO rettificava la dichiarazione, puntualizzando una circostanza in cui aveva capito, in maniera diretta, che il MONTANTE disponesse di ingenti quantitativi di soldi in contante, poiché gli aveva chiesto personalmente di cambiargli una somma che si aggirava tra i 100.000 e i 300.000 euro in banconote di 500 euro.

Così riferiva il ROMANO Massimo il 26.9.2015:

...omissis… non ho mai visto ingenti somme di denaro in contanti nella disponibilità del MONTANTE, anche se lo ritengo probabile trattandosi di un imprenditore di un certo livello. La S.V. mi domanda se abbia mai saputo, in maniera diretta o indiretta, della disponibilità di ingenti somme di danaro in contanti del MONTANTE e mi precisa che sta facendo riferimento non certamente a disponibilità congrue rispetto al normale funzionamento di un’attività imprenditoriale. Non sono in condizioni di rispondere non riuscendo a focalizzare lo scopo della domanda.
…omissis…  non ho mai visto né saputo se il MONTANTE avesse la possibilità di disporre di ingenti somme di denaro in contanti. So solo che in occasione di quella verifica della Guardia di Finanza, almeno così mi disse sempre il MONTANTE, si accertò che vi fosse una cassa in contanti di dieci o ventimila euro.
Ora che faccio meglio mente locale, posso dire che tra il novembre e il dicembre 2014, in occasione della visita del nuovo Prefetto di Caltanissetta alla Camera di Commercio, il MONTANTE mi chiamò nei suoi uffici per presentarmelo. In quella occasione il MONTANTE mi chiese se avessi la possibilità di cambiare in tagli più piccoli una somma della cui entità non ricordo esattamente, ma che si aggirava tra i 100.000 e i 300.000 euro, e di cui egli disponeva in banconote di 500 euro.
Gli risposi che non potevo farlo perché gli incassi dei miei supermercati vengono giornalmente versati nelle Casse Continue, di lì condotti nei caveu ove vengono contati, sicché non sono mai stato in condizioni nella mia vita di disporre di somme di quella entità in contanti. Non ho comunque visto la somma di cui mi aveva parlato il MONTANTE né gli ho domandato perché mi stesse facendo quella richiesta; ricordo di avergli solo detto, scherzando, di portarli a Malta o in Svizzera e lo stesso mi rispose che doveva cambiarli qui. Oltre a quanto sto dicendo non ho mai saputo altro su un’eventuale disponibilità di ingenti somme in contanti da parte del MONTANTE.

…omissis…”.

 

fonte http://mafie.blogautore.repubblica.it/