Lecce, il Made in Carcere

Da dieci anni abbiamo realizzato un sogno, ovvero quello di ridare a donne e minori detenuti la possibilità di ricostruire la propria vita con speranza e dignità, valori che hanno dimenticato o che forse non hanno mai avuto. La nostra cooperativa ha messo su un modello di collaborazione con figure professionali, risorse e persone che credono fortemente nel cambiamento collettivo e che si muovono affinché questo possa avvenire. Questo ci ha aperto le porte a un percorso non solo sartoriale, ma a una vera e propria “esperienza di benessere” vissuta tra bellezza ed eleganza, tra colore e creatività, tra sensibilità umana e solidarietà.
Quando abbiamo scelto di dedicarci alla trasformazione dei luoghi di degrado come il carcere, tutto ci sembrava profondamente difficile.
Era veramente avvilente guardare e rendersi conto di questa realtà. Siamo partiti da qui e ci siamo evoluti, rendendo il carcere un posto migliore, più accessibile e più vivibile ottenendo questi risultati. All’interno del carcere di Lecce abbiamo realizzato “la Maison” uno spazio che riprende il concetto di casa, arredandolo con mobili, tappeti e divani. Molte celle si sono trasformate in sale lettura, in una mini palestra, in cucina, in sala da pranzo e sala riunioni, dove le donne detenute trascorrono la maggior parte della giornata. Facciamo in modo che la reclusione possa essere un percorso di riscoperta di se stessi, di elaborazione e di consapevolezza, necessario per ricostruire una nuova vita all’esterno.
Dati statistici nazionali dimostrano che, con questo metodo, si abbatte la recidiva dell’80% per quelle risorse, in stato di detenzione, che abbiano avuto un’esperienza di lavoro in carcere. Al contrario, l’80% delle risorse detenute che non abbiano lavorato in carcere tornano a delinquere, rappresentando un costo per la comunità, oltre al danno del reato procurato.
Nella nostra Maison si impara a prendere appunti di vita e a ricostruire la cassetta degli attrezzi e questo è un esperimento riuscitissimo. Da poco abbiamo avviato anche a Bari una nuova sartoria sociale in una casa di accoglienza per migranti. La casa delle Culture-Caps nasce in uno dei quartieri più emarginati della città di Bari, accoglie sia migranti sia persone che risiedono in questa zona. Oltre alla sartoria, eroghiamo corsi di falegnameria, anche qui con materiale da riciclo, e produciamo oggetti di design avvalendoci della spiccata creatività dei nostri dipendenti.
Un altro ambizioso progetto sta prendendo forma in ambito food: nel carcere minorile, infatti, insegniamo ai ragazzi a diventare pasticceri. Siamo riusciti a creare degli ottimi finest food, ovvero “le Scappatele” che, al contrario degli altri progetti nei quali ricicliamo materie prime, produciamo con ingredienti di altissima qualità e biologici. Il nostro passo successivo è quello di insegnare ai detenuti “l’arte di farsi del bene e di fare del bene”, un percorso di rieducazione che passa dalla nutrizione, dall’atteggiamento mentale, emozionale, dalla riscoperta di valori importanti, per generare un nuovo stile di vita.
E’ una grande sfida, ma vogliamo viverla con fiducia e con un sorriso in più, creando eccellenza ed eccellenze anche in questi luoghi di degrado e di emarginazione. Essere un imprenditore sociale, è una vera e propria missione, ma regala grandi soddisfazioni per tre motivi importantissimi: ci occupiamo di generare benessere per altri esseri umani, aiutandoli nella riorganizzazione della vita, partendo dal lavoro; contribuiamo al benessere dell’ambiente, dando vita a tessuti di scarto di altre aziende che altrimenti finirebbero nell’inceneritore, inquinando il pianeta; infine, sensibilizziamo l’opinione pubblica smuovendo le coscienze attraverso i nostri prodotti, eventi, convegni, seminari e master universitari.
Non ci stanchiamo di parlare e di far entrare nel cuore della gente la possibilità che generare un mondo migliore è possibile. È un’occasione che deve essere data a tutti.

 

fonte http://mafie.blogautore.repubblica.it/