Catia e Sabrina, le “pasionarie” emiliane

Si mettono sulla piazza centrale di Brescello, di fronte al municipio e tra le statue di Don Camillo e Peppone. Dietro al banchetto – che propone soprattutto libri sul tema dell’antimafia, e sul quale spicca uno stereo nel quale, da un cd, vengono letti gli sviluppi delle indagini e la storia del radicamento della mafia in Emilia – Sabrina Natali e Catia Silva ci provano.
Provano a raccontare al paese gli sviluppi del processo Aemilia e le attività della famiglia Grande Aracri, dagli episodi che hanno visto protagonista Nicolino, per arrivare poi anche a Francesco, residente proprio a Brescello e “protagonista” delle dichiarazioni dell’ex sindaco Marcello Coffrini dalle quali, poi, è partita una lunga strada che ha portato al commissariamento del Comune.
Sabrina e Catia fanno parte di Agende Rosse, insieme a tante altre donne con storie simili alle loro: la prima è di Modena, ha 50 anni e lavora come impiegata in un’importante azienda di Sassuolo, la seconda è proprio di Brescello, di anni ne ha 55 ed è un’imprenditrice, da qualche mese coordinatrice del gruppo brescellese intitolato al generale Carlo Alberto dalla Chiesa.
Da queste parti sono considerate delle irriducibili “pasionarie”, la cui attività non sempre è vista di buon occhio. Rare, infatti, sono le soste al loro banchetto, così come non mancano provocazioni di cattivo gusto (segni della croce intimidatori, frasi equivoche o offese sui social network) da parte di soggetti legati in qualche modo alle persone coinvolte nell’inchiesta. In quanto a minacce subìte in piazza, Catia Silva ha alle spalle una storia che in Emilia – come si dice in questi casi – “ha fatto giurisprudenza”, con la condanna di cinque persone con l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso. La vicenda in questione aveva avuto inizio nell’ottobre 2009, quando Catia Silva, all’epoca ancora segretaria della Lega Nord di Brescello, rilasciò alcune dichiarazioni al quotidiano “Il Giornale”.
A seguito di quegli articoli uno dei condannati, Alfonso Diletto – oggi al 41 bis dopo gli sviluppi dell’inchiesta Aemilia – secondo minacciò la Silva con frasi come “i calabresi non l’hanno presa bene”, “non sai cosa ti può succedere”, e poi tentò di costringere la donna a ritrattare le sue affermazioni sul radicamento mafioso in paese. Questa esperienza non l’ha scalfita, anzi. L’ha spronata ad andare avanti e a sposare la causa della legalità, al motto di “bisogna insegnare alla gente che davanti a certe cose non bisogna girarsi dall’altra parte”. E con l’adesione al format “Donne contro le mafie”, creato da Agende Rosse di Mantova.
Sin dai primi atti del processo Aemilia, Catia Silva ha seguito passo passo le udienze che si sono svolte nell’aula speciale del tribunale di Reggio Emilia. Qui, Sabrina Natali ha svolto un’attività preziosa e certosina. In che modo? Trascrivendo le udienze parola per parola (per fortuna sono brava a scrivere veloce”, ama ripetere) per poi rendere le trascrizioni pubbliche grazie alla pagina Facebook “Processo Aemilia” e al sito web “www.processoaemilia.com”, dove riporta articoli di giornali e puntuali aggiornamenti.
A che prezzo però. Per seguire tutte le udienze e restare al passo, Sabrina si è presa addirittura le ferie da lavoro. E quando le ferie sono finite, grazie all’orario continuato partiva dal posto di lavoro a Sassuolo e arrivava in tutta fretta a Reggio Emilia. Notti in bianco, fatica, anche qualche lacrima. E tempo sottratto alla famiglia e alla sua bambina (“penso che il miglior esempio che le si possa dare non siano le parole ma i fatti”). Adesso che è finito il processo, in attesa dell’appello, Sabrina porta la sua testimonianza nelle scuole. Nella speranza di fare breccia nel cuore di future irriducibili “pasionarie”.

 

fonte mafie.larepubblica.it