Scaglione e l’inizio della strategia corleonese


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Il Procuratore Pietro Scaglione fu assassinato – insieme al fedele agente Antonio Lorusso – il 5 maggio del 1971, in via Cipressi a Palermo, dopo la quotidiana visita nel cimitero dei Cappuccini dove era sepolta la moglie Concetta Abate.
Nato nel 1906, Pietro Scaglione era nipote di un illustre intellettuale socialista siciliano, l’avvocato Matteo Teresi, ricordato dallo scrittore Andrea Camilleri nel romanzo “La setta degli angeli”. Teresi (alfiere del socialismo umanitario e utopistico) aveva, infatti, denunciato lo scandalo della “setta degli angeli” (coinvolgente clero e agrari).
Entrato in magistratura nel 1928, Scaglione mantenne la sua indipendenza dal regime fascista.
In relazione alla strage di Portella della Ginestra del Primo Maggio 1947, il Pubblico ministero Pietro Scaglione, nelle Conclusioni del 1953, definì l’uccisione dei contadini come un “delitto infame, ripugnante e abominevole” e accreditò come principali moventi: la “difesa del latifondo e dei latifondisti”; la lotta “ad oltranza” contro il comunismo che Salvatore Giuliano “mostrò sempre di odiare e di osteggiare”; la volontà da parte dei banditi di accreditarsi come “i debellatori del comunismo”, per poi ottenere l’amnistia; la volontà di “usurpazione dei poteri di polizia devoluti allo Stato”; la “punizione” contro i contadini che allontanavano i banditi dalle campagne.
Negli anni Cinquanta, l’allora sostituto procuratore generale Pietro Scaglione pronunciò dure requisitorie contro gli imputati delle uccisioni di alcuni coraggiosi sindacalisti socialisti come Salvatore Carnevale e Placido Rizzotto. In particolare, nella requisitoria del 1956 sull’omicidio Carnevale, Scaglione esaltò la figura della vittima nonché le lotte contadine, parlò di “febbre della terra” e scrisse che l’attività di Carnevale era temuta da coloro che avevano “interesse al mantenimento del sistema latifondista”.
Quando Pietro Scaglione fu nominato Procuratore capo della Repubblica di Palermo, il quotidiano L’Ora – in un editoriale del 18 febbraio del 1962 – evidenziò “la brillante e rapida carriera del valoroso magistrato” e ricordò “l’elevato contributo che, in veste di accusatore, Scaglione dette alla istruzione del processo per l’assassinio di Salvatore Carnevale”.
Dopo la strage di Ciaculli del 1963, grazie alle inchieste condotte dal procuratore Scaglione e dal Giudice Istruttore Cesare Terranova (assassinato nel 1979 insieme al fedele maresciallo Lenin Mancuso), “le organizzazioni mafiose furono scardinate e disperse” (Relazione Conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso, 1976).
Scaglione promosse anche numerosi procedimenti a carico di politici, di amministratori e di colletti bianchi, come risulta dagli atti giudiziari e dagli articoli del giornalista Mario Francese (ucciso nel 1979). Secondo Francese, infatti, “Pietro Scaglione fu convinto assertore che la mafia aveva origini politiche e che i mafiosi di maggior rilievo bisognava snidarli nelle pubbliche amministrazioni…E’il tempo in cui la linea Scaglione portò ad una serie di procedimenti per peculato o per interesse privato in atti di ufficio nei confronti di amministratori comunali e di enti pubblici”. Il riacutizzarsi del fenomeno mafioso, negli anni 1969-1971, “aveva indotto Scaglione ad intensificare la sua opera di bonifica sociale”, infatti, richieste di “misure di prevenzione e procedimenti contro pubblici amministratori… hanno caratterizzato l’ultimo periodo di attività del Procuratore capo della Repubblica” (Il giudice degli anni più caldi, in Giornale di Sicilia, 6 maggio 1971, p. 3).
Deponendo negli anni Sessanta davanti alla Commissione parlamentare Antimafia, il procuratore Scaglione invocò “un’attività sociale sempre più vasta e rivolta, tra l’altro, ad eliminare o riformare strutture economiche che hanno favorito il sorgere e l’affermarsi di forme delinquenziali collegate al fenomeno della mafia, una mastodontica e tenebrosa organizzazione delinquenziale, viva ed operante come gigantesca piovra, che stende ovunque i suoi micidiali tentacoli e tutto travolge per soddisfare la sua sete insaziabile di denaro e predominio”.
Scaglione svolse altresì, con impegno e dedizione, la funzione di Presidente del Consiglio di Patronato per l’assistenza alle famiglie dei detenuti ed ai soggetti liberati dal carcere, promuovendo, tra l’altro, la costruzione di un asilo nido; per queste attività sociali, gli fu conferito dal Ministero della Giustizia il Diploma di primo grado al merito della redenzione sociale, con facoltà di fregiarsi della relativa medaglia d’oro.
Mandanti ed esecutori dell’omicidio non furono mai condannati, ma, anche in base a sentenze definitive della magistratura, Pietro Scaglione fu “un magistrato integerrimo, dotato di eccezionale capacità professionale e di assoluta onestà morale, spietato persecutore della mafia”.
Per questo motivo, con Decreto del Ministero della Giustizia, previo parere favorevole del Consiglio Superiore della Magistratura, Scaglione fu riconosciuto “magistrato caduto vittima del dovere e della mafia”.
Tra le varie piste, i collaboratori di giustizia Buscetta e Calderone collegarono il delitto con la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro e con il Golpe Borghese.
L’omicidio Scaglione fu ricondotto anche alla Strategia della tensione, sulla base dello scottante dossier del vicequestore Peri sulla strage di Montagna Longa avvenuta il 5 maggio del 1972.
La pista mafiosa, invece, fu privilegiata dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi nel 1992.
Nel libro “La posta in gioco”, Falcone scrisse che l’omicidio Scaglione ebbe “lo scopo di dimostrare a tutti che Cosa nostra non soltanto non era stata intimidita dalla repressione giudiziaria, ma che era sempre pronta a colpire chiunque ostacolasse il suo cammino”.
Intervistato dal quotidiano “La Sicilia”, Borsellino dichiarò: “La mafia condusse una campagna di eliminazione sistematica degli investigatori che intuirono qualcosa. Le cosche sapevano che erano isolati, che dietro di loro non c’era lo Stato e che la loro morte avrebbe ritardato le scoperte. Accadde così per Scaglione […]”.

Fonte mafieblog autore la repubblica