Giuseppe Tomasi di Lampedusa e l’attualità de “Il Gattopardo” tra vero e falso cambiamento

Poco spazio viene dato nei libri di storia e di letteratura ad un personaggio molto rilevante nel panorama culturale italiano che ha raccontato molto del suo tempo e che continua ancora oggi a narrare e a spiegare le vicende più attuali. Si tratta di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Nato a Palermo il 23 dicembre 1896 da una famiglia di nobili natali, dedica la sua vita allo studio, alla lettura di opere classiche italiane e non, ai viaggi e allo sviluppo di una coscienza e sensibilità letteraria di respiro europeo.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa c’è ancora una verità italiana: tutto cambia perché nulla cambi. Ossia: se tutto cambia esteriormente, tutto rimane com’è. 
Il cambiamento in politica può equivalere a una mezza-rivoluzione: non cruenta, non violenta, ma capace di trasformare, mutare, anche radicalmente, l’assetto giuridico e socio-politico di un Paese. 

Tomasi di Lampedusa è una personalità molto riservata, solitaria, egli stesso affermava di essere «un ragazzo cui piaceva la solitudine, cui piaceva di più stare con le cose che con le persone». Viaggia per la volontà di rendere la sua cultura sempre più internazionale e di riportare quanto appreso alla realtà della sua amata, ma nello stesso tempo odiata, Sicilia.

La fama di Tomasi di Lampedusa è strettamente legata al celeberrimo romanzo Il Gattopardo, scritto tra il 1955 e il 1956 e pubblicato nel 1958, un anno dopo la morte dello scrittore, avvenuta a Roma il 23 luglio 1957. La sua particolare trama e lo stile a metà tra il romanzo storico e la forma poetica non convinsero i grandi editori del tempo – Mondadori ed Einaudi – che respinsero il manoscritto, il quale fu poi apprezzato da Bassani ed edito da Feltrinelli ottenendo un grandissimo successo. Il rifiuto del manoscritto è da ritrovarsi nella particolare natura dell’opera: moderno e antico si intrecciano e si alternano. Giuseppe Tomasi di Lampedusa descrive in maniera molto accurata l’ascesa della borghesia in Sicilia e la decadenza dell’aristocrazia ponendo il lettore davanti all’umanità, ai dubbi, e alle speranze degli uomini nei confronti del tempo che cambia e dell’evolversi della propria identità.

La vicenda storica che fa da sfondo agli eventi è il momento del collasso del Regno dei Borboni e l’arrivo dei Mille guidati da Garibaldi: vecchio mondo e nuovo mondo sono posti a confronto e personificati nei personaggi di Don Fabrizio, principe di Salina – aristocratico che teme il cambiamento – e suo nipote Tancredi, entusiasta sostenitore dell’esercito sabaudo. Di Tancredi è la celeberrima frase diventata ormai un emblema del trasformismo politico:

Di fronte al grande cambiamento in corso, Tancredi incarna l’abilità della vecchia classe dirigente di conservare i propri interessi e privilegi sfruttando le nuove situazioni e aderendovi. La sua adattabilità gli permette di diventare deputato e di mantenere il prestigio che altrimenti avrebbe perso.
Dall’altro lato c’è il principe di Salina che guarda nostalgico e con la morte nel cuore la fine di un periodo storico al quale resterà per sempre legato. Questo senso di nostalgia e di morte decadente è esteso anche alla descrizione dei paesaggi siciliani: l’isola emerge come una terra che si lascia sempre invadere dall’esercito nemico e che ogni volta ripropone la sua dipendenza socio-culturale. 

Le considerazioni fin’ora affrontate richiamano alla mente un film dell’anno scorso, ovvero il secondo lavoro di Francesco Diliberto, più noto come Pif: In guerra per amore che racconta l’arrivo degli Americani in Sicilia nel 1943 e di come siano stati creati patti tra i nuovi arrivati e le personalità mafiose locali contribuendo a cristallizzare ancora una volta l’aria del cambiamento. 1860 e 1943, secoli diversi, vicende diverse, ma dinamiche simili che coinvolgono la Sicilia ma che, in maniera più ampia abbracciano un Paese che ancora oggi non ha imparato a vivere e comprendere l’unità. 

l Gattopardo è un romanzo che si presta bene a delineare i tratti di un momento politico attuale in cui emergono insolite alleanze e in cui volti ormai noti ricompaiono in contesti inusuali.

Il cambiamento citato da Tancredi fa riferimento ad una mera trasformazione esteriore, vuota, non compresa, che riporta inevitabilmente al vecchio. Il cambiamento vero, quello che persiste, avviene all’interno delle coscienze: è questo il vero gesto eclatante che riscatta vuote promesse mai mantenute.

Lisa di Iasio per MIfacciodiCultura