L’avvocato Amara e le sue relazioni nei tribunali: una vicenda tutta da scoprire

RICORDATE PIERO AMARA? E’ IL 49ENNE L’AVVOCATO SIRACUSANO CHE LAVORAVA PER ENI, CHE E’ STATO ARRESTATO PER CORRUZIONE E HA PATTEGGIATO TRE ANNI PER TANGENTI A GIUDICI DEL CONSIGLIO DI STATO: RISULTA AVER INCASSATO DAL GRUPPO 11 MILIONI DI EURO DI PARCELLE DAL 2003 – AMARA FINÌ NEL MIRINO DEI PM ANCHE PER AVER PROVATO A DEPISTARE IL PROCESSO SULLE TANGENTI ENI IN NIGERIA.

Ha detto pubblicamente che era in grado di “fottere” i nemici con l’uso di qualche amico magistrato


Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”

PIERO AMARA
«Amara chi?». Solo uno dei tanti avvocati esterni di Eni, giusto nei processi ambientali sulle raffinerie in Sicilia: in Eni ridimensionavano così Piero Amara, quando nel settembre 2017 i pm milanesi inserivano questo 49enne avvocato siracusano in una «associazione a delinquere» finalizzata a «concordare un depistaggio» del processo sulle tangenti Eni in Nigeria, tramite «esposti anonimi e denunce nel 2015-2016 alla Procura di Siracusa» (di un poi arrestato pm compiacente con Amara) su un fantomatico «complotto contro l’amministratore delegato Eni Claudio Descalzi» (imputato con il predecessore Paolo Scaroni in Eni-Nigeria).

Ma ora l’ esito di tre segreti audit, consegnati ai pm e di cui l’azienda (che li ha commissionati a Kpmg, al penalista Paolo Siniscalchi e al giuslavorista Arturo Maresca) non vuole parlare, illumina un lato inedito di Amara che nel frattempo è stato arrestato nel 2018 a Messina per corruzione, ha patteggiato a Roma tre anni per tangenti a giudici del Consiglio di Stato, e ha visto uno 007 dell’ Aisi arrestato per avergli venduto un rapporto GdF. Lo studio di «Amara chi?» risulta infatti aver incassato da Eni 11 milioni di euro di parcelle dal 2003, di cui 7,6 in 179 parcelle fra il 2011 e il 2017.

DESCALZI
E i rapporti di alcuni top manager con Amara, oltre a «difetti di tracciabilità delle parcelle, significativi scostamenti e reiterate violazioni di procedure», innescano avvicendamenti in Eni. Da domani cessa di essere di fatto il numero tre dell’ Eni l’ ex capo degli affari legali 2005-2017 Massimo Mantovani, che era stato promosso (benché indagato per la vicenda «complotto») alla guida dell’ importante divisione Gas&Power, e ora è invece dirottato dall’ amministratore delegato Descalzi (che pure lo difese nel 2014 dalle critiche dei consiglieri Litvack e Zingales) negli uffici londinesi di una società Eni in Norvegia.

Lascia Eni il suo ex vice agli affari legali, Vincenzo Larocca, dal 2016 al timone di Syndial, la società ambientale di Eni. Due avvocati interni Eni vengono spostati. E verifiche in corso anche sul numero due di Eni, Antonio Vella, a capo della cruciale divisione «Esplorazione e produzione», sembrano orientare già un periodo di graduale passaggio di consegne nelle prossime settimane.

La cavalcata di Amara in Eni non subì contraccolpi nemmeno quando il 2 agosto 2012 su un quotidiano uscì la notizia che nel 2009 aveva patteggiato 11 mesi per «accesso abusivo a sistema informatico» della Procura antimafia di Catania. Possibile che un colosso come Eni, attento alla reputazione nel mondo, abbia poi continuato a ingaggiarlo?

DESCALZI
Quando ora gli audit Eni mostrano a Mantovani e Larocca una loro mail del 3 agosto 2012 sull’ articolo del 2 agosto, i due sostengono si riferissero invece a un altro articolo del 3 agosto, che non parlava del patteggiamento: non una gran risposta, posto che l’ articolo del 3 agosto raccontava l’ azione disciplinare avviata dal ministro della Giustizia Paola Severino (poi legale Eni e ora di Descalzi) a carico di pm di Siracusa per rapporti societari tra loro familiari e proprio Amara nelle energie alternative. Tanto che Mantovani scrive a Larocca: «Presumo tu abbia letto su procura Siracusa e menzione avv Amara. Abbiano pratiche su Siracusa dove siamo assistiti da Amara?».

Larocca risponde: «Su Siracusa non credo proprio. Se c’ è qualcosa è roba minore. Verifico comunque». Risposta singolare, visto che Amara a Siracusa patrocinava una società Eni in un processo istruito proprio dal pm bersaglio dell’ azione disciplinare, «roba» così «minore» che poi Eni liquiderà ad Amara 395.000 euro di parcella.

DESCALZI CON MOGLIE
Mantovani non ricorda «quando ho conosciuto fisicamente Amara». Kpmg ne rileva rapporti al di là dei processi: come quando il 10 agosto 2016 Mantovani manda il numero di Amara e annuncia a Stefano Speroni (avvocato dello studio «Dentons», oggi capo affari legali Eni al posto di Mantovani) che «ti contatterà un collega, Piero Amara, anche amico, è un penalista ma ha anche interessi come imprenditore e gli occorre assistenza per piccola cessione di società italiana ad americana, per cortesia aiutalo as you can!».

Di certo Mantovani invita Amara a casa per una cena nel periodo di Pasqua ancora nel 2017, quando cioè già era noto che il «complotto» anti-Descalzi fosse stato innescato a Siracusa da una denuncia depositata da Alessandro Ferraro, factotum di Amara abbonato al presentare false denunce per radicare inchieste strumentali presso compiacenti pm di Siracusa. Come mai? «Non me ne sono reso conto», risponde ai pm milanesi Mantovani, capo peraltro di almeno due avvocati interni Eni che avevano conosciuto Ferraro al matrimonio nel 2010 di uno di loro, dove Ferraro era con Amara.
UFFICI ENI SAN DONATO

Anche Vella, indagato a Milano per l’ ipotesi di «abuso di informazioni privilegiate», giustifica agli audit i rapporti con Amara (19 ingressi a San Donato) con «aggiornamenti sulle vicende siciliane di Eni». Però il 25 gennaio 2016 inoltra mail ad Amara anche notizie di stampa su accordi tra Saipem e l’ Iran per un gasdotto, e Amara subito gira la mail a Mantovani: «Amara – risponde Vella agli audit – mi aveva chiesto se sapessi qualcosa sull’ argomento, non chiesi perché fosse interessato, tutti osservano l’ Iran.

Ad Amara ho mandato diverse mail anche sull’ andamento del nostro titolo sul free cash flow, ma niente di più». Eppure Amara, insieme a Vincenzo Armanna (ex capo area Eni in Nigeria, licenziato nel 2013, nel processo per metà imputato e per metà controversa prova dei pm), su Vella mostrava di contare: per esempio nella riunione con Armanna intercettata dalla Gdf a Roma il 28 luglio 2014 per «la pianificazione di un incontro tra “Antonio” (che la GdF di Roma indica in Vella) e il possibile acquirente (chiamato “kappa kappa”) di una concessione petrolifera in Ni geria»