La morte dei poliziotti testimoni

La vicenda dell’attentato all’ex presidente del Parco dei Nebrodi è legata, in termini temporali, a quella di due dei più fidati collaboratori del dottor Manganaro: il sovrintendente Calogero Emilio Todaro e l’assistente capo Tiziano Granata. Muoiono a distanza di un giorno l’uno dall’altro. Granata, il 1° marzo 2018 per arresto cardiocircolatorio. Todaro, l’indomani, a seguito di una leucemia fulminante.

Entrambi i poliziotti sono stati coinvolti, seppur con ruoli differenti, negli accadimenti del 18 maggio 2016.

Granata, è noto, era l’autista di Manganaro la notte dell’agguato ad Antoci. Todaro fu tra i primi ad intervenire sul luogo del crimine, in qualità di responsabile della sezione di polizia giudiziaria del commissariato di Sant’Agata di Militello, circostanza, quest’ultima, che ci è stata riferita da Manganaro, suo diretto superiore, e dal collega del servizio scorte, l’assistente capo Sebastiano Proto, nel corso delle loro audizioni:
FAVA, Presidente della Commissione: La prima telefonata che ha fatto?
MANGANARO: Al commissariato. Poi sicuramente…  il questore, Todaro, Terrana, la volante diverse volte, la pg…
FAVA, Presidente della Commissione: Todaro perché?
MANGANARO: È il responsabile della mia polizia giudiziaria…
FAVA, Presidente della Commissione: Chiama lei Todaro o lo chiama la sala operativa?
MANGANARO: Presidente non mi ricordo, forse l’ho chiamato io, non ci penso.
[…]
DE LUCA, componente della Commissione: Todaro era di servizio quella notte?
PROTO: No, è arrivato anche allertato dalla sala operativa, dagli altri colleghi, non so personalmente da chi…

Todaro, proprio per il suo ruolo di responsabile della sezione p.g., è anche l’operatore che avrebbe seguito le indagini sull’agguato, in co-delega con la squadra mobile di Messina, per conto del commissariato di Sant’Agata di Militello:
MANGANARO: Avevamo soltanto una remotizzazione congiunta… perché a Messina non capivano il dialetto di Cesarò e San Fratello… da parte della mia squadra di polizia giudiziaria era Todaro che coordinava tutte queste attività interne al mio ufficio…

Todaro, inoltre, sarà impegnato – così come si evince dal fascicolo dei rilievi tecnici del 25 maggio 2016 a firma della polizia scientifica del Commissariato di Sant’Agata di Militello – nell’attività di accertamento riguardante l’autovettura blindata in uso al Presidente Antoci la notte dell’agguato.
La stampa è la prima ad avanzare dubbi sulla tragica coincidenza delle due morti, definendole strane e sospette, e ad accostare i loro nomi – non solo per ragioni di mera consecutio temporale – all’azione di contrasto inaugurata dal presidente Antoci e quindi alla vicenda del fallito attentato.

Anche il dottor Manganaro e la compagna di Granata, Lorena Ricciardello, nutrono perplessità sul fatto che si tratti di due decessi per cause naturali.

La dottoressa Ricciardello ha descritto alla Commissione quale fosse lo stato d’animo del Granata sia nei mesi successivi all’agguato che nei giorni immediatamente precedenti alla sua morte.
RICCIARDELLO: Io ho fatto diverse dichiarazioni, diversi dubbi ho esposto pubblicamente, perché comunque volevo la verità sulla morte di Tiziano. (…) Io so che Tiziano, non subito dopo l’attentato, ma qualche tempo dopo, ha incominciato ad essere nervoso (…) Io, ripeto, io sono la compagna, Tiziano aveva sempre una protezione nei miei confronti, lui diceva sempre che mi doveva tutelare… tanto è vero che lui anche al campanello di casa aveva tolto pure il suo nome. (…) Poi a lui lo turbò molto la questione del fatto che Mario Ceraolo, che si conoscevano da quando Tiziano era piccolo, avesse dato una versione diversa dell’attentato, mi diceva questo: “Mario Ceraolo ha dato una versione diversa dell’attentato” e questa cosa lo ha amareggiato e deluso…
FAVA, Presidente della Commissione: Quando lei dice che pensa che non sia morto per infarto, perché lo dice, da cosa lo desume e che cosa immagina?
RICCIARDELLO: Perché Tiziano era sempre preoccupato e poi comunque durante la sua attività lavorativa, ancora prima dell’attentato, Tiziano… io cioè parlo per quello che lui mi riferisce… lui mi faceva i nomi di alcune persone che ce l’avevano con lui, che gli ostacolavano la carriera, solo perché lui faceva semplicemente il suo dovere, e Tiziano il suo dovere lo faceva. (…)
FAVA, Presidente della Commissione: Tiziano, al di là diciamo di questa preoccupazione nei suoi confronti nell’esporla troppo, ebbe mai occasione di manifestarle qualche preoccupazione per se stesso?
RICCIARDELLO: Sì, lui diceva che comunque bisognava stare attenti e faceva anche attenzione a dove si muoveva, nel senso che si guardava sempre attorno. Già il fatto stesso che lui abbia tolto il nominativo del campanello, poi il fatto stesso che comunque… la preoccupazione maggiore era per me e per i suoi familiari. (…)
FAVA, Presidente della Commissione: Lei ci diceva che non crede che il suo compagno sia morto per infarto. Dal punto di vista diciamo fisico, questo infarto aveva avuto qualche segnale, qualche indizio, affaticamento, stanchezza?
RICCIARDELLO: Per quanto riguarda questo infarto, che non è un infarto… ma un arresto cardiocircolatorio… l’arresto cardiocircolatorio, è vero ti può anche uccidere. Ma c’è un vuoto nella giornata del 28, in cui non si hanno notizie di Tiziano, del suo telefono. Se hai un arresto cardiocircolatorio, non è che rimani 24 ore comatoso nel letto. Ti puoi comunque muovere, riesci a prendere il telefono, fino a quando c’è l’exitus… Io ho sempre pensato, allora lo dissi anche al PM Bonanzinga, che sospettavo anche di un avvelenamento. Perché nel periodo in cui ero scesa in precedenza, quando festeggiamo il suo compleanno che fece quarant’anni, Tiziano senza mangiare così doveva evacuare velocemente, andare in bagno…
FAVA, Presidente della Commissione: Quanto tempo prima questo?
RICCIARDELLO: Lui ha fatto il compleanno il 14 di febbraio. (…) Poi un’altra cosa… l’allarme che c’era qualcosa che non andava l’ho lanciato io da Genova, chiamando suo fratello, perché comunque non sentendoci più all’improvviso, per me c’era qualcosa che non andava. La sera (del decesso ndr) Tiziano mi ha risposto al telefono, per tutta la giornata il suo telefono era chiuso o mi rispondeva la segreteria… quindi non so dire se era chiuso o meno perché comunque sono sempre le linee telefoniche, però la telefonata mi è partita più volte la sera, intorno alle 20.00, 20.28, ed ero io che staccavo la chiamata, perché non sentivo parlare dall’altro lato… Io telefonavo a Tiziano e nel mio telefono risultava che avevano risposto dall’altro lato, i minuti scorrevano e non c’era nessuna voce. Allora io riattaccai e rifeci questa situazione per altre quattro volte, e per quattro volte mi è stato risposto. Non ho sentito niente dall’altro lato… ero io che poi staccavo, cioè io sono stata anche 25, 30 secondi.
FAVA, Presidente della Commissione: Chiedendo, parlando?
RICCIARDELLO: Chiedendo: “Tiziano, pronto, ci sei?”.
FAVA, Presidente della Commissione: E nessuno rispondeva.
RICCIARDELLO: Ecco. E di questo io sono convinta che lui mi abbia risposto, però non risulta in nessun posto che sono state fatte delle indagini per quanto riguarda le celle telefoniche.
FAVA, Presidente della Commissione: Cioè, qualcuno le rispose, o Tiziano o qualcuno le rispose, però, nessuno parlava al telefono.
RICCIARDELLO: Mi hanno risposto dal telefono di Tiziano, io ero convinta che fosse lui perché chiedevo: “Tiziano, Tiziano, ci sei, ci sei?”…
FAVA, Presidente della Commissione: A quando risalirebbe la morte del suo compagno?
RICCIARDELLO: Secondo le analisi, risulterebbe che è morto nella notte tra il 28 febbraio e l’1 marzo, dopo la mezzanotte, presumibilmente…
FAVA, Presidente della Commissione: E le telefonate di cui parla lei sono il 28 febbraio.
RICCIARDELLO: Sono del 28 sera dalle ore 20.00.

Non meno partecipato il ricordo del dottor Manganaro il quale ha chiarito anche la ragione del suo trasferimento, dal commissariato di Sant’Agata di Militello a quello di Tarquinia. Che andrebbe rintracciata – secondo quanto ha riferito in Commissione – proprio nella morte dei suoi due collaboratori:
FAVA, Presidente della Commissione: Il suo trasferimento?
MANGANARO: L’ho chiesto io, presidente, dopo che sono morti i ragazzi … quei due ragazzi sono quelli che hanno un rapporto con me che va ben oltre la colleganza o il rapporto di superiore gerarchico… erano il responsabile e il vice-responsabile della polizia giudiziaria… sono i due colleghi che hanno firmato tutti gli atti…
FAVA, Presidente della Commissione: Lei crede che non siano morti accidentali?
MANGANARO: Presidente, io mi attengo a quelle che sono le evidenze chiamiamole giudiziali, perché sono state fatte delle perizie medico-legali sia dal consulente di parte che del perito nominato dai tribunali, quindi per loro sono delle morti naturali da tutti i punti di vista…
FAVA, Presidente della Commissione: Le chiedo se lei dubita
MANGANARO: Presidente, mi perdoni ma non sono autorizzato ad esprimermi in questa direzione. (…)
FAVA, Presidente della Commissione: Ma la ragione del trasferimento, ci spieghi il collegamento…
MANGANARO: Sì, perché poi non ero più lucido nella gestione dell’ufficio, quindi sono andato dal questore. Perché poi cosa successe… venne fatta un’assemblea sindacale al mio ufficio, durante l’assemblea sindacale… emerge che c’erano voci in giro che ci poteva essere un terzo morto entro l’estate… e quindi i ragazzi mi chiamano dopo questa riunione sindacale… «Dottore, c’è molta tensione. Il terzo morto pensano tutti che sia lei» … Io faccio una relazione dettagliata al questore. Ho detto: «… se è vero che deve arrivare un terzo morto perché ci sono intercettazioni in corso, fate quello che volete, ma avvisatemi perché un terzo morto non lo reggerei e se sono io non voglio che la mia famiglia perda una persona. Se, invece, è una calunnia siamo sempre al solito gioco. Qui gli atti da parte di organi investigativi escono e vanno alla stampa o vanno nei bar. Io ‘sta cosa non la posso condividere». Al questore ho detto: «veda che io non sono lucido, valuti la mia posizione». Il questore a distanza di 48 ore mi chiama: «ti metto a rapporto a Roma e vediamo dove ti puoi spostare per raggiungere la tua serenità».

Di tale clima di tensione che si respirava all’interno del commissariato di Sant’Agata di Militello nonché delle ragioni di sicurezza che il dottor Manganaro pone a fondamento della propria richiesta di trasferimento non ne conserva però ricordo l’allora questore Finocchiaro:
FINOCCHIARO: No, non c’erano ragioni di sicurezza. C’erano ragioni legate al fatto che, insomma, ormai era un bel po’ di tempo che stava a Sant’Agata. Certo, anche questa situazione di continue voci, anonimi… credo che anche lo stesso Mangano si sia reso conto che forse era il caso di spostarsi e andare via da Sant’Agata. Col Ministero, col Dipartimento c’è stata un’interlocuzione per cui poi hanno concordato in qualche modo questo trasferimento al commissariato di Tarquina.

Anche Tiziano Granata, ci riferisce Manganaro, avrebbe manifestato timori per la propria incolumità. Ecco quanto riportato dinanzi a questa Commissione dall’attuale dirigente del commissariato di Tarquina:
DE LUCA, componente della Commissione: Granata le ha mai confidato paure o timori nei confronti del Ceraolo?
MANGANARO: Sì, lui sosteneva che dopo quella formalizzazione che aveva fatto in distrettuale… il Ceraolo cercava di girargli intorno, girargli sotto casa… però di altro non ricordo.
DE LUCA, componente della Commissione: Che vuol dire gli girava intorno?
MANGANARO: Aveva timore, Tiziano aveva timore di questa persona… Timori di ritorsioni… aveva proprio paura che gli potesse fare qualcosa di fisico…
DE LUCA, componente della Commissione: Questo gliel’ha confidato?
MANGANARO: Sì, me l’ha confidato…

Sul punto, ecco come replica il diretto interessato, l’ex vice questore Ceraolo:
AVV. CERAOLO: Questo lo dice il dottor Manganaro? …Tiziano Granata non avrebbe mai detto una cosa del genere. Primo: non so esattamente dove abita Tiziano Granata, so il quartiere, la zona ma non so neanche la casa… Secondo: gli incontri con Tiziano Granata avvenivano occasionalmente nella frazione Gliaca di Piraino, di dove siamo originari entrambi, nei pressi del bar o nei pressi della chiesa… Questa (di Manganaro) è un’attribuzione anche piuttosto grave… A me invece risulta che Tiziano Granata fosse molto condizionato dalla presenza del dottore Manganaro…
FAVA, Presidente della Commissione: Questa è una sua sensazione.
AVV. CERAOLO: E’ una mia sensazione che nasce da tanti anni di esperienza… capisco quando la persona davanti a me potrebbe dire di più però è nervosa, fuma, butta la sigaretta intera…
FAVA, Presidente della Commissione: Questo solo in occasione del vostro primo incontro o ci sono stati altri incontri in cui avete parlato dell’attentato?
AVV. CERAOLO: In tutti gli incontri… L’ultimo incontro che io ho con Tiziano Granata è quello del 9 aprile 2017, pochi giorni prima che io venissi sentito dalla D.D.A…. quando io andavo in chiesa e lui mi fermò, erano le 18.30… per dirmi che stavano preparando le querele per gli articoli che erano usciti sull’Espresso e Centonove… e lì mi raccontò altre cose…
FAVA, Presidente della Commissione: Altre cose che confermavano la versione ufficiale?
AVV. CERAOLO: Che andavano in direzione opposta alla versione ufficiale…. Ad esempio, mi ricordo un fatto inedito che mi disse, quello del colpo in aria, che mi sembrò strano. Ho detto: “scusa ma gli attentatori che erano lì”, ce n’erano almeno tre, visto che c’erano tre marche di sigarette e cinque cicche… quindi almeno gli attentatori erano tre; il mafioso o qualunque criminale intenda fare un atto così grave non va disarmato, quindi erano tutti e tre armati, poi ha sparato soltanto uno anche questo è un fatto piuttosto strano. Ma tre persone armate, che oltretutto si vedono sparare addosso, come mai non hanno reagito? E anche qui lui disse questa frase: “mi ha detto Daniele che hanno sparato un colpo in aria”, ho detto: “te l’ha detto Daniele? Perché tu non eri là, non l’hai sentito ‘sto colpo in aria?”.
DE LUCA, componente della Commissione: Pensa che (Granata, ndr) avesse motivo di avere paura?
AVV. CERAOLO: No, no, era imbarazzato nei miei confronti perché sapeva qual era la mia carriera, il mio impegno nella lotta alla mafia per tutte le attività e i risultati che avevo ottenuto e aveva imbarazzo a parlare di questa vicenda… Paura no, imbarazzo a parlare di certi argomenti. Io questo ho percepito. (…)
FAVA, Presidente della Commissione: Ma secondo lei, visto che c’era questa contraddittorietà nelle cose che diceva e forse anche il desiderio di dire qualcosa in più, come si giustifica il fatto che proprio un paio di settimane dopo arriva da parte del Granata una querela?
AVV. CERAOLO: La querela io ritengo che l’abbia fatta su input di Manganaro. Allora, io il 22 maggio 2017 sono andato nell’ufficio – forse il dottor Cavallo non ricorderà neppure questo, eventualmente glielo posso ricordare io – …sono andato nell’ufficio del dottor Di Giorgio… subito dopo è arrivato il dottore Cavallo… Lì ho detto: “Voi mi avete sentito il 12 aprile del 2017. Ho saputo che successivamente a me avete sentito Tiziano Granata e che Tiziano Granata ha subito un’aggressione verbale, dopo essere stato sentito da voi… Il dottore Manganaro si è recato a Gliaca di Piraino e lo ha aggredito verbalmente alla presenza di altre persone che ne hanno poi parlato con me, contestandogli che aveva parlato con me… dicendogli tu hai parlato con Ceraolo, hai riferito delle cose che adesso vanno a smentire quello che io ho scritto nella mia annotazione”. Tiziano Granata ha balbettato qualcosa per giustificarsi e Manganaro alla fine di questa conversazione ha detto: “Non ti preoccupare che noi adesso a Ceraolo gliela facciamo pagare in quanto ne parlerò con l’avvocato [omissis]”.
FAVA, Presidente della Commissione: E questo episodio da chi le viene riferito?
AVV. CERAOLO: Mi viene riferito da persone che hanno sentito la conversazione
FAVA, Presidente della Commissione: I cui nomi e cognomi lei riferisce anche al PM?
AVV. CERAOLO: No, i nomi io non li ho riferiti…
FAVA, Presidente della Commissione: Mi scusi, se oggi i PM dicessero ci faccia conoscere i nomi di queste persone che sono state testimoni, lei sarebbe nelle condizioni di farli?
AVV. CERAOLO: Perché non me li hanno chiesti il 22 maggio del 2017? Se volevano approfondire, come avrebbero dovuto approfondire…
FAVA, Presidente della Commissione: Le chiedo di nuovo, se le venisse chiesto da un pm, si ricorda i nomi delle persone che le riferirono l’episodio?
AVV. CERAOLO: Se è necessario arrivare fino a questo punto, io dirò i nomi. Certo.

Sulle morti di Todaro e di Granata, com’è noto, l’autorità giudiziaria ha già fornito una risposta. A seguito dei due decessi sono state avviate due inchieste: una condotta dalla Procura di Messina, territorialmente competente per il decesso di Todaro; l’altra, sulla morte di Granata, da quella di Patti. L’epilogo è identico per ambedue i procedimenti: archiviazione. Il gip di Messina emetterà il suo provvedimento il 26 settembre 2018. Quattro mesi più tardi, invece, il 26 novembre 2018, si pronuncerà quello di Patti nei termini qui di seguito riportati:
“Non si può che concludere ritenendo che la morte di Granata si sia verificata per causa naturale che nulla ha a che dipendere né dalla propria attività professionale né dall’opera di terze persone. Infatti, i dubbi manifestati da Ricciardello Lorena e Manganaro Daniele non trovano riscontro negli accertamenti tecnici che escludevano avvelenamenti o cause esogene né le anomalie sopra indicata dalla prima (il cellulare lontano dal cadavere di Granata, la telefonata muta e l’ordine in casa) sembravano assumere rilievo causale o concausale con l’evento morte.  Inoltre, giova precisare che dalla lettura delle relazioni autoptiche dei due agenti, Granata e Todaro, si evince che la contestualità temporale dei due decessi sia stata una mera tragica casualità atteso che le cause riscontrate, sebbene entrambi naturali, non possono dirsi riconducibili ad un’unica fonte. Ciò posto, a fronte di del quadro investigativo sopra delineato che ha escluso senza alcun margine di dubbio la presenza di elementi che possano fare pensare all’intervento di terzi nella morte di Granata Tiziano.

Dunque vicenda chiusa. O forse non definitivamente, a giudicare dalle parole che il procuratore di Patti ha consegnato a questa Commissione in chiusura della sua audizione:
CAVALLO: Vero è anche che ci troviamo di fronte a delle archiviazioni che sono provvedimenti per loro natura temporanei. Nel momento in cui noi dovessimo avere delle indagini, degli spunti seri, siamo prontissimi a riaprire le indagini non soltanto sulla morte di Granata, ma anche sull’attentato ad Antoci e quant’altro. Questi provvedimenti non sono delle pietre tombali, sono dei provvedimenti che si fanno perché ad un certo punto di dice: «noi le indagini le abbiamo fatte, non abbiamo altri spunti, per ora le chiudiamo». Se un domani si alza un collaboratore che ci viene a dire x o y, sono sicuro che la procura di Messina sarà la prima a riaprire eventuali indagini.

Resta il fatto che ancora oggi, il protagonista di questa vicenda, il dottor Antoci, al netto della fitta coltre di dubbi che avvolge il fatto di cui sarebbe rimasto vittima, continua a trovare – lo scrive nella sua relazione – “per lo meno strana” la macabra coincidenza che ha segnato le morti di Granata e Todaro.

 

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