La dinamica e le prime indagini

Sulla base delle indagini della Squadra Mobile e del Nucleo Operativo CC di Palermo (v., in particolare, il rapporto in data 9 febbraio 1980) e delle numerose testimonianze acquisite agli atti, la dinamica del delitto può essere così sinteticamente ricostruita.
Il 6 gennaio 1980, come ogni domenica, il Presidente della Regione si accingeva, in compagnia dei suoi familiari, a recarsi alla chiesa di S. Francesco di Paola per assistere alla celebrazione della S. Messa.
In tale occasione, come ogni volta che usciva per motivi privati, aveva manifestato la precisa intenzione di non utilizzare la scorta di sicurezza predisposta a cura dell’Ispettorato Generale di P.S. presso la Presidenza della Regione Siciliana.
Alle ore 12,45 circa, l’On. MATTARELLA ed il figlio Bernardo, di venti anni, erano scesi nel garage, sito in fondo ad uno scivolo prospiciente via Libertà e distante dall’abitazione circa 15 metri, per prelevare l’autovettura.
Il Presidente effettuava, quindi, la manovra di retromarcia e fermava l’auto sul passo carrabile per consentire alla moglie di prendere posto sul sedile anteriore ed alla suocera di sistemarsi sul sedile posteriore.
Frattanto, il figlio si era attardato per chiudere la porta del garage ed il cancello che, dallo scivolo, immette nella strada.
Improvvisamente, dal lato sinistro dell’autovettura, che era rimasta con la parte anteriore rivolta verso lo scivolo, si avvicinava un individuo dell’apparente età di 20 – 25 anni, altezza media, corporatura robusta, capelli castano-chiari sul biondo, carnagione rosea, indossante una giacca a vento leggera (“piumino” o “K-way”) di colore celeste, il quale, dopo avere inutilmente cercato di aprire lo sportello anteriore sinistro, esplodeva alcuni colpi d’arma da fuoco all’indirizzo dell’On. MATTARELLA, che sedeva al posto di guida.
La vittima cadeva riversa sul lato destro e veniva parzialmente coperta dal corpo della moglie, che si era piegata su di lui, appoggiandogli le mani sul capo, nel tentativo di fargli da scudo.
Dopo avere esploso alcuni colpi, il giovane killer si avvicinava ad una Fiat 127 bianca sulla quale si trovava un complice armato, col quale parlava qualche attimo in modo concitato e da cui riceveva un’altra arma con la quale tornava a sparare contro il Presidente MATTARELLA, peraltro già accasciatosi sul sedile dell’auto, dal finestrino posteriore destro della FIAT 132.
In tale ultima occasione feriva anche la signora Irma CHIAZZESE, china sul corpo del marito.
I due assassini si allontanavano poi a bordo della FIAT 127 bianca, che veniva ritrovata, verso le ore 14.00, poco distante dal luogo del delitto, abbandonata lungo lo scivolo di un garage di via Maggiore De Cristoforis, angolo via degli Orti.
Nella parte interna dello sportello sinistro dell’auto, sottostante al vetro, veniva evidenziato un frammento di impronta debitamente repertata ma risultata non utile per confronti.
Al momento del rinvenimento, sulla FIAT 127 erano montate targhe contraffatte: la targa anteriore era composta da due pezzi, rispettivamente “54” e “6623 PA”; quella posteriore da tre pezzi, rispettivamente “PA”, “54” e “6623”.
Questi ultimi due segmenti presentavano, superiormente, del nastro adesivo di colore nero, posto per meglio trattenerli alla Carrozzeria.
La FIAT 127 risultava sottratta, verso le ore 19,30 del precedente giorno 5 gennaio, a FULVO Isidoro, che l’aveva momentaneamente parcheggiata, in seconda fila e con le chiavi inserite nel quadro, in via questa De Cosmi.
Le targhe originali dell’auto (PA 536623) erano state alterate, come si è detto, mediante l’applicazione degli spezzoni delle targhe PA 549016, asportate (dopo le 23.00 dello stesso giorno 5 gennaio) dalla FIAT 124 di VERGA Melchiorre, posteggiata in via delle Croci.
Non venivano ritrovate le altre parti delle targhe delle due auto (PA – 53 – 0916), non utilizzate per le alterazioni di cui si è detto.
Risultava quindi, e veniva evidenziato nel rapporto di P.G., che i luoghi dell’agguato, dei furti (della FIAT 127 e delle targhe della FIAT 124) e del rinvenimento della FIAT 127 distavano poche centinaia di metri l’uno dall’altro.
Non emergevano elementi sicuri sulle modalità di abbandono della FIAT 127, anche se un teste (TESTAIUTI Costanzo) riferiva che l’auto avrebbe preso – lungo lo scivolo di via delle Croci – il posto di una vettura più piccola di colore verde, vista lì poco prima delle 12,00.
Un altro teste (MODICA Pietro) riferiva che, sempre poco dopo mezzogiorno, nei pressi dello scivolo erano transitati due giovani a bordo di una moto di grossa cilindrata.
Altri testimoni riferivano, ancor più genericamente, che nei pressi del luogo dell’agguato erano state notate, la mattina del 6 gennaio o nei giorni precedenti, una JAGUAR rosso amaranto targata ROMA ed una LAND ROVER verde targata CT.
Nell’arco dello stesso giorno, 6 gennaio, l’omicidio veniva rivendicato con quattro contraddittorie telefonate.
La prima giungeva all’ANSA alle 14.45:
“Qui Nuclei Fascisti Rivoluzionari. Rivendichiamo l’attentato dell’On. MATTARELLA in onore dei caduti di via Acca Larentia”.
La seconda giungeva al Corriere della Sera alle 18.48:
“Qui Prima Linea. Rivendichiamo esecuzione MATTARELLA che si è arricchito alle spalle dei terremotati del Belice”.
La terza telefonata perveniva alla Gazzetta del Sud di Messina alle 19.10:
“Qui Brigate Rosse. Abbiamo giustiziato MATTARELLA. Segue comunicato”.
La quarta ed ultima giungeva al Giornale di Sicilia alle 21.40:
“Qui Brigate Rosse. Abbiamo giustiziato l’On. MATTARELLA. Mandate subito tutta la gente nelle cabine telefoniche di Mondello. Troverete il ciclostilato delle B.R.”.
Ma, in realtà, il ciclostilato non veniva rinvenuto.
Subito dopo il delitto e nei giorni successivi, gli organi di P.G. controllavano i movimenti e gli alibi di giovani appartenenti a movimenti estremisti di destra e di sinistra, di pregiudicati e di persone segnalate come somiglianti all’identikit dell’assassino, del quale i presenti avevano notato “un accenno di sogghigno che aveva sulle labbra nonché il contrasto tra i lineamenti del volto, che erano gentili, e lo sguardo che era spietato, così come il comportamento era stato di calma glaciale anche al momento di esplodere il colpo di grazia.
Venivano inoltre eseguite, senza esito positivo, intercettazioni telefoniche e molte decine di perquisizioni domiciliari.

Così riassunte le risultanze delle indagini per quanto concerne la ricostruzione della dinamica del delitto, è opportuno ricordare a questo punto anche le conclusioni delle numerose perizie balistiche che sono state espletate nel corso dell’istruzione, al fine di verificare se le armi usate dagli assassini del Presidente MATTARELLA siano state utilizzate in occasione di altri delitti.
Prima, però, giova riportare le conclusioni della perizia autoptica eseguita sul cadavere di Piersanti MATTARELLA.
I periti (prof. Paolo GIACCONE e dott. Alfonso VERDE) hanno così sintetizzato l’esito dei loro accertamenti:
“Santi MATTARELLA venne a morte per lesioni dei visceri toraco-addominali da proiettili per armi da fuoco a canna corta.
Nel cadavere si sono rinvenuti tramiti attribuibili ad almeno sei diversi proiettili (di cui cinque sono rinvenuti in corso di autopsia ed uno è stato rinvenuto al pronto soccorso nello spogliare la vittima); una lesione in sottomandibolare sinistra, apparentemente da striscio, è attribuibile sia a un settimo proiettile sia allo stesso proiettile che poi è penetrato in emitorace anteriore destro. Tre dei proiettili (tutti di piombo nudo a punta piatta) sono stati esplosi dalla sinistra verso destra della vittima e quasi orizzontalmente, mentre il MATTARELLA era seduto alla guida della propria autovettura.
Gli altri tre proiettili hanno avuto direzione compatibili con una particolare posizione della vittima (rannicchiato in decubito laterale destro).
La negatività della ricerca delle polveri sugli indumenti in corrispondenza degli orifici in emitorace anteriore destro e alla manica sinistra è compatibile con l’ipotesi che i relativi colpi furono esplosi quando i finestrini laterali dell’autovettura erano ancora chiusi e non frantumati; sugli altri tre orifici, esistenti sugli indumenti ed attribuibili ad entrata di proiettile, la positività della ricerca delle polveri indica che i rispettivi colpi furono esplosi entro il limite di cm. 40-45 fra bocca dell’arma e superficie del bersaglio”.

Quanto invece agli accertamenti balistici veri e propri, è opportuno riportare le conclusioni della perizia eseguita nell’ambito del procedimento penale contro ABDEL AZIZI Afifi ed altri, (c.d. maxi-bis) e che ha preso in esame pressoché tutti i reperti balistici relativi a delitti di stampo mafioso disponibili fino alla data di conferimento dell’incarico (18.2.1986).
I periti di Ufficio (MORIN, ARNETI, SCHIAVI LOMBARDI e STRAMONDO) hanno così concluso:
“Per l’omicidio ai danni di Piersanti MATTARELLA sono stati usati due revolvers, probabilmente un Colt Cobra e una Rohm oppure un Charter Arms, utilizzando munizioni calibro 38 special con palla Wadcutter e palla Super Police da 200 grammi.
Dalle comparazioni effettuate non sembra che le armi in questione siano state utilizzate in altri episodi delittuosi.
In particolare sono state negative anche le comparazioni con i reperti relativi all’omicidio ai danni di SERIO Giovanni”.
Per questi, invece, una precedente perizia aveva ritenuto che fossero state usate le stesse armi adoperate dai killers del Presidente MATTARELLA (cfr. Vol. LXX, anche per un elenco dettagliato dei delitti cui si riferiscono i reperti balistici sottoposti ad esame comparativo).
Gli accertamenti balistici, originariamente limitati ai reati commessi nel palermitano e comunque riconducibili all’attività di “Cosa Nostra”, sono stati poi estesi a tutto il territorio nazionale (Fot. 908234-236 e 917573 e segg.) con particolare attenzione, naturalmente, alla posizione di FIORAVANTI Valerio.
A proposito di quest’ultimo, si deve qui ricordare che le armi sequestrate al FIORAVANTI al momento del suo arresto non erano state certamente, usate per l’omicidio del Presidente MATTARELLA (cfr. perizia depositata il 15.3.1985, Fot. 618122).
Infine, poiché l’identikit dell’autore dell’omicidio di Valerio VERBANO (commesso in Roma il 20.2.1980 e riconducibile a fatti di terrorismo politico, come poi si vedrà) presentava marcate analogie con la descrizione dell’assassino del Presidente MATTARELLA, è stata altresì disposta, nel 1990, una perizia per accertare:
“le modalità di silenziamento della pistola Beretta 7,65 con silenziatore rinvenuta in occasione dell’omicidio VERBANO” e per verificare “se dette modalità siano riconducibili o meno a quelle descritte nei loro interrogatori di FIORAVANTI Valerio e FIORAVANTI Cristiano”.
L’accertamento ha però avuto esito negativo per le marcate discordanze esistenti tra le due modalità di silenziamento, cosicché si deve piuttosto ritenere che il silenziatore usato per l’omicidio VERBANO “non sia stato fabbricato da Valerio FIORAVANTI” (cfr. perizia FARNETI, Fot. 918220 Vol. LXIV).
Per quanto riguarda, infine, le indagini per la identificazione degli autori materiali del delitto, è necessario fare rinvio a quel che si dirà in seguito, nel corso della presente sentenza-ordinanza, circa la posizione degli imputati FIORAVANTI Giuseppe Valerio e CAVALLINI Gilberto (v. infra) nonché in ordine alle dichiarazioni autoaccusatorie di GALATI Benedetto.
Si deve, invece, qui accennare al fatto che il dr. NICOLICCHIA, che nel 1980 ricopriva l’incarico di Questore di Palermo, ritenne di ravvisare una certa somiglianza tra l’identikit dell’autore dell’omicidio del Presidente MATTARELLA e le sembianze di INZERILLO Salvatore (n. a Palermo il 28.3.1957), già sospettato di essere l’autore dell’assassinio del dr. Gaetano COSTA, Procuratore della Repubblica di questa città, ucciso la sera del 6 agosto 1980 (ma recentemente assolto dalla Corte di Assise di Catania con formula ampia, dopo essere stato catturato all’estero ed estradato dagli U.S.A.).
Sulla base di questa sensazione, il dr. NICOLICCHIA incaricò il Dirigente della Criminalpol, dr. Bruno CONTRADA, di mostrare le foto dell’INZERILLO alla signora Irma CHIAZZESE, vedova MATTARELLA.
A tal fine, il dr. CONTRADA si recò a Londra, dove la signora CHIAZZESE si trovava nell’estate 1980, ma la donna non ravvisò alcuna somiglianza tra le foto dell’INZERILLO e l’uomo che – a pochi metri da lei – aveva sparato al Presidente della Regione.
Esito negativo ebbe, peraltro, anche un successivo atto (informale) di riconoscimento fotografico che la signora CHIAZZESE venne invitata a fare, qualche tempo dopo, a Palermo, dallo stesso Questore NICOLICCHIA (cfr., sul punto le dichiarazioni della Signora CHIAZZESE, del dr. CONTRADA e dell’on. Sergio MATTARELLA, nonché il rapporto della Squadra Mobile in data 8.10.1980).
Va inoltre aggiunto che la Signora CHIAZZESE non ha mai ravvisato somiglianze con l’autore dell’assassinio del marito nelle foto dei numerosissimi appartenenti a “Cosa Nostra” che le sono state mostrate in più occasioni sia dal Giudice Istruttore sia dagli organi di p.g. (v., in proposito, riassuntivamente le dichiarazioni rese al G.I. l’8.8.1986, Fot. 646412-646416 Vol. XXIII).

 

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