SALVINI-CONSULTA LE PERLE AI PORCI

Dopo aver scritto, come è mia consuetudine, il titolo dell’articolo che ho in testa, mi sta venendo la preoccupazione dell’eccesso che questo antico modo di dire comporta per il giudizio sulla persona di Salvini.

Ed anche sul livello e la schiettezza della attuale Corte Costituzionale. Me ne scuso soprattutto con i miei lettori e non solo con quelli più affezionati. Aggiungo, ad attenuante per Matteo Salvini, che con un Bonafede che fa il Ministro della Giustizia (con quella faccia) e con certi attaccapanni per Toghe di mia conoscenza che disegnano ipotesi di “sequestro di persona per mancata accoglienza”, il rischio di esagerare nel linguaggio relativo al diritto è sempre evidente ed il paragone non è poi così negativo per Matteo Salvini.

Scusate le premesse, in verità un po’ lunghe.

Il ricorso di Salvini alla Corte Costituzionale contro (in parte) la legge elettorale in vigore, era indubbiamente inammissibile ed infondato.

Lo dico perché riconosco la mia responsabilità per non aver in un passato oramai lontano, opposto quel pochissimo prestigio che avevo agli occhi di Pannella per oppormi a fondo a certi analoghi referendum che, poi, la Corte dichiarò inammissibili, andando anche oltre il dovuto.

Il referendum non è uno strumento concesso dalla Costituzione per “cambiare” le leggi, ma solo per sopprimerle, abrogarle.

In tutto o anche in parte, purché la soppressione di talune norme, disposizioni, espressioni, non importi un cambiamento ab imis dell’intera legge, della sua portata e dei suoi effetti.

Divieto, dunque, di referendum “manipolativi”. Come quello di Salvini (e come taluni di quelli su cui insistette Pannella).

Detto questo non posso certo meravigliarmi che Salvini non abbia capito quale sia il limite, per tutto ciò, del referendum. Di fronte al quale uomini come Salvini, cui l’uso del ragionare in termini di diritto appartiene ad un altro mondo, non possono e non debbono essere insultati solo perchè non comprendono le cavolate che fanno volendo servirsene.

E, dato che pare che un po’ tutti si facciano in questo momento il dovere di attaccare il leader della Lega, non c’è da meravigliarsi che oggi si arrivi a scrivere che la Consulta, nientemeno, “respinga, metta in castigo Salvini”.

E si giunga al falso più grossolano e più clamoroso, scrivendo che la Corte ha affermato o lasciato intendere che la legge elettorale deve essere proporzionale. Solenne e stupida bugia.

Tutto questo annebbia il già poco chiaro orizzonte della legge elettorale.

Devo dire che se vi è uno scandalo, una sostanziale violazione del principio di democrazia nel nostro Paese, ciò non è nel fatto in sé che le leggi elettorali siano (come, in effetti sono in sè, se non altro per la mancanza delle “preferenze”) non democratiche.

Lo scandalo, che tutti vogliono far finta di ignorare, è quello che oramai da trent’anni non si va votare se non con una legge elettorale redatta all’ultimo momento per quella specifica elezione.

Usa e getta. E si tratta di leggi fatte sulla base dei sondaggi di opinioni e delle previsioni più o meno esatte del risultato, del vantaggio, in quel momento, per la parte politica che ha in mano il mestolo della pentola.

Se c’è una norma costituzionale essenziale che però manca nella nostra Carta e che è inutile illudersi possa esservi introdotta, è quella che la legge elettorale che regola le elezioni del Parlamento alle relative scadenze deve essere quella che era in vigore fin da due anni prima di tale data.

I Costituenti si posero il problema dell’inserimento nella “Carta” della legge elettorale o, almeno dei principi fondamentali dei suoi meccanismi (Commissione dei 75).

Ma, benchè tutti fossero favorevoli alla proporzionale, convennero che la legge elettorale non dovesse essere parte della Costituzione, ma avesse da essere una legge ordinaria.

Tornando a Salvini. La sua iniziativa per cancellare ogni traccia di proporzionale nella legge in vigore (si fa per dire…) e manipolarla così da farne una legge rigorosamente maggioritaria, è stato un grave e facilmente rilevabile errore. Che altro Salvini non potesse ricavare da una materia giuridicamente delicata è cosa facilmente intuibile. C’è semmai da meravigliarsi che la Consulta, come apprendiamo dalla Stampa, abbia dovuto far un’assai lunga Camera di Consiglio per scoprire l’acqua calda. Ciò dobbiamo ritenere significhi che il livello dei Giudici della Consulta non è poi tanto diverso da quello del sapere giuridico di Salvini? Dio me ne guardi!

Ma, poiché non saranno stati lì riuniti per raccontarsi barzellette, qualche ulteriore preoccupazione quella lunga meditazione, me la pone.

Mauro Mellini

 

fonte ilcircolaccio