La strategia fascista e l’obiettivo Mattarella

Come si è già ricordato, secondo le notizie riferite da Cristiano FIORAVANTI, l’omicidio MATTARELLA rappresentò il frutto di uno “scambio di favori” tra il gruppo eversivo di Valerio e gli ambienti mafiosi siciliani interessati alla uccisione del Presidente della Regione.
Delle prestazioni criminali reciprocamente promesse, soltanto la prima (l’omicidio) fu effettivamente adempiuta, poiché la seconda (l’evasione) non fu mai attuata a causa, principalmente, dello sfuggente comportamento del MANGIAMELI che, pure, avrebbe operato da tramite fra i neofascisti e la mafia.
Tale, almeno, la tesi dello stesso Valerio FIORAVANTI (riferita da CONCUTELLI nell’interrogatorio del 23.6.1989), secondo cui proprio le gravi responsabilità del MANGIAMELI nel fallimento degli indicati progetti di evasione avrebbero costituito una delle cause della sua eliminazione.
L’argomento sarà ripreso, comunque, nel paragrafo dedicato all’omicidio di Francesco MANGIAMELI.
In questa sede, è opportuno invece svolgere talune considerazioni sull'”equilibrio” tra le due prestazioni previste dall’accordo criminoso.
Tale “equilibrio” potrebbe sfuggire in una visione degli eventi superficiale e, soprattutto, unilaterale. Al riguardo è significativa la differenza tra i punti di vista di soggetti, pur appartenenti alla stessa area politica e culturale.
Così, ad esempio, Sergio CALORE (int. del 29.4.1986) ricorda di avere ritenuto “debole”, come causale dell’omicidio MATTARELLA, quella riferibile ad un “appoggio, da parte di terzi, della fuga di CONCUTELLI”.
Al contrario, un omicidio pur “eccellente” come quello del Presidente della Regione Siciliana non doveva apparire un “prezzo” troppo altro da pagare nell’ottica di chi (Valerio):
1) per attuare l’evasione di CONCUTELLI, non ebbe esitazione alcuna a commettere altre azioni pericolose, come l’attacco ad obiettivi militari (il Distretto Militare di Padova e, poi, la Caserma di Cesano, un camion dei Granatieri di Sardegna);
2) aveva già commesso gravissimi omicidi (SCIALABBA il 28.2.1978; LEANDRI il. 17.12.1979)e altri ne avrebbe di lì a poco commessi (ARNESANO il 6.2.1980; EVANGELISTA il 28.5.1980; e, soprattutto, AMATO il 23.6.1980).

Il vero è che l'”equilibrio” politico-criminale tra le due “prestazioni” può cogliersi agevolmente nel quadro di una visione storica degli eventi, che spiega l’enorme importanza politica della divisata liberazione del “prigioniero” CONCUTELLI, dal punto di vista dell’area eversiva di destra.
A tal riguardo, deve porsi in evidenza che l’evasione di CONCUTELLI deve essere “letta” come momento decisivo di una strategia, volta ad acquisire una posizione egemonica e unificante nell’area dell'”ultradestra”, strategia che aveva registrato, come “momenti” precedenti e logicamente connessi, due altri significativi episodi:
– la fuga di Franco FREDA dal soggiorno obbligato di Catanzaro (5.10.1978);
– la divisata eliminazione dell’Avv. Giorgio ARCANGELI, risoltasi poi, per un errore di persona, nell’uccisione di Antonio LEANDRI (17.12.1979).

Meritano di essere ricordate, al riguardo, le puntuali considerazioni svolte nella sentenza della Corte di Assise di Bologna n. 4/88 dell’11.7.1988 (di per sé indipendenti dal merito del giudizio, ancora oggi non definitivo, sull’oggetto principale del procedimento, costituito dalla strage di Bologna del 2.8.1980):
“Emblematico il fatto che a tale area siano ascrivibili i piani – l’uno riuscito e l’altro non portato a compimento – per la liberazione dei due leaders storici della destra eversiva: quello che portò alla fuga di Franco FREDA dal soggiorno obbligato di Catanzaro, e quello – lungamente coltivato da taluni degli odierni imputati, all’interno della progettualità specifica della banda armata in esame – che mirava a procurare l’evasione di Pierluigi CONCUTELLI, già comandante militare di Ordine Nuovo, e assassino del dott. Vittorio OCCORSIO. Inequivoca la valenza politica di un’azione volta alla liberazione di FREDA: si tratta, da parte di camerati, di un esplicito riconoscimento di leadership al priore della vecchia destra, il quale si trovava, all’epoca, in una situazione ancora non giudiziariamente definita in relazione alla strage di Piazza Fontana.
Le responsabilità per la fuga di FREDA sono emerse con chiarezza in altra sede giudiziaria (l’istruttoria del procedimento romano a carico di ADDIS Mauro + 140: n.d.r.), ove ebbero a rendere dichiarazioni ampiamente confessorie non solo Paolo ALEANDRI, ma anche Ulderico SICA e Pancrazio SCORZA.
Alla luce delle stesse, complessivamente risulta che l’allontanamento del FREDA dal soggiorno obbligato era stato deliberato ed organizzato da Massimiliano FACHINI, Roberto RAHO, Sergio CALORE e Paolo ALEANDRI, mentre, per la fase di attuazione, si era fatto ricorso all’opera di Benito ALLATTA, Fausto LATINO, Ulderico SICA e Pancrazio SCORZA.
Sono poi sopravvenute anche le dichiarazioni di Sergio CALORE:
“… In questo periodo, verso la fine del mese di settembre ‘78, a casa di ALEANDRI a Roma, mi incontrai con FACHINI, che informò che era in fase esecutiva il progetto di permettere l’allontanamento di FREDA dal soggiorno obbligato.
ALEANDRI e FACHINI mi dissero che già da diversi giorni stavano cercando di mettere a punto l’operazione ma che le persone che intendevano utilizzare per portarla a termine, si trattava di persone dell’ambiente di Vigna Clara, da quanto mi dissero, si erano dichiarate all’ultimo momento indisponibili…”.
In giudizio, riprendendo il filo di tali dichiarazioni, di cui gli era stata data lettura e rispondendo alla domanda volta a conoscere cosa fosse poi accaduto, riferiva il CALORE:
“Mi dissero che nel giro di 48 ore al massimo bisognava reperire delle persone e delle automobili ed allora io contattai Benito ALLATTA, Pancrazio SCORZA e Ulderico SICA, che erano tre persone più in contatto con me del gruppo e si resero disponibili.
Andarono giù con la macchina di Fausto LATINO, che aveva una 127 di colore azzurro e con una 124 che mi feci prestare da una persona vicino a Tivoli a titolo personale.
Andarono giù con questi mezzi e praticamente poi la cosa fu portata a termine”.
Tra la liberazione di FREDA ed il progetto di far evadere Pierluigi CONCUTELLI si colloca un altro episodio criminoso del quale è necessario far menzione.
Il 17.12.1979 veniva ucciso in Roma Antonio LEANDRI.
E’ stato giudiziariamente accertato che lo sventurato incolpevole giovane fu colpito, per un errore di persona, in luogo della vittima designata, l’avv. Giorgio ARCANGELI, al quale – in determinati ambienti della destra – si attribuiva la veste di delatore e si addebitava, tra l’altro, la cattura di Pierluigi CONCUTELLI.
Responsabili dell’omicidio sono risultati essere, in concorso con altri, Sergio CALORE e Valerio FIORAVANTI.
L’intento di vendicare il comandante militare di Ordine Nuovo, punendo il suo presunto traditore, seppure non determinò in via esclusiva l’azione delittuosa, rientrava tuttavia nel movente dei responsabili al di là delle proclamazioni ufficiali degli imputati di quel procedimento, occorre ricordare che di lì a qualche mese FIORAVANTI e sodali si troveranno attivamente impegnati in un rischiosissimo progetto di procurare l’evasione del CONCUTELLI.
Di tale ultima vicenda – pacifica nella sostanza dei fatti – si dirà in un prosieguo di trattazione.
Qui occorre rilevare – tirando le fila di quanto precede – che persone comunque legate all’area politica della banda armata oggetto di giudizio hanno concorso, sia pure in tempi e con modalità diverse, in reati o progetti delittuosi che avevano una comune finalità strategica: liberare e portare in clandestinità un leader storico della destra eversiva dalla personalità carismatica quale è Franco FREDA; vendicare l’arresto del Comandante Militare di Ordine Nuovo, sopprimendo colui che nell’ambiente era indicato come il responsabile della sua prigionia; infine, procurare l’evasione del Comandante Militare, anche a costo di enormi rischi.
Va osservato – riprendendo le parole dell’ordinanza a rinvio a giudizio – essere “innegabile che tutte le azioni qui descritte non possono trovare inquadramento che in una strategia rivolta a riunificare l’ambiente della destra eversiva, galvanizzando le energie attraverso atti che in qualche modo rappresentano un esplicito riconoscimento della “leadership” dei capi storici e delle tesi politiche delle quali sono portatori”.
Nella medesima sentenza dell’11.7.1988, poi, vien preso specificamente in esame il progetto di “liberazione” di CONCUTELLI, con valutazioni che meritano di essere totalmente condivise, anche alla luce delle circostanze emerse nel presente procedimento:
“L’idea di far evadere l’ex comandante militare di Ordine Nuovo si fa seriamente strada negli ambienti dell’eversione neofascista, verso la fine del ’79, come, del resto, l’idea dell’attentato all’avvocato romano ARCANGELI (sfociato per errore di persona – come si è detto e ripetuto – nell’omicidio del giovane LEANDRI), considerato il responsabile della cattura del CONCUTELLI.
Del progetto di fuga, patrimonio di una più vasta area, si impadronì operativamente, a far tempo da una certa data, il gruppo di Valerio FIORAVANTI.
Il teatro dell’azione, che prima avrebbe dovuto essere in Milano, poi in Palermo, si trasferisce in Taranto, città presso la cui Casa Circondariale il CONCUTELLI, detenuto prima in Trani e poi in Novara, doveva essere tradotto per presenziare alla celebrazione di un giudizio a suo carico…”
“… L’esame della vicenda che è possibile ricostruire nei dettagli anche e soprattutto attraverso le dichiarazioni, in definitiva sostanzialmente non dissonanti, di molti di coloro che vi presero parte – impone di riprendere e di mettere meglio a fuoco talune considerazioni già precedentemente svolte.
Valerio FIORAVANTI e sodali, nel corso del 1980 e fino al gennaio del 1981, coltivano un progetto, altamente rischioso e di esito incerto, per liberare un personaggio di prestigio della vecchia destra, ancora pienamente collegato all’ambiente di Ordine Nuovo…”
“… A questo progetto è interessato, e vi partecipa a pieno titolo il CAVALLINI, vera e propria creatura del FACHINI.
L’azione che si programma è espressione di una strategia unificante, che tende ad “aggregare” le componenti disperse della destra eversiva, assicurando la ripresa della leadership da parte di una persona dotata di esperienza militare e di indiscutibile carisma.
Costituisce l’ideale seguito dall’operazione promossa dai vari FACHINI, CALORE, ALEANDRI, SICA, SCORZA, ALLATTA, allorché si prestarono a liberare Franco FREDA dal soggiorno obbligato di Catanzaro: operazione i cui esiti si erano rivelati solo parzialmente soddisfacenti, per il rifiuto del FREDA di darsi alla clandestinità in Italia. “Il progetto… – scrive il Giudice Istruttore… è un momento di centrale importanza all’interno di una scelta di lotta armata che prevede un’utilizzazione di più strumenti tattici: l’attentato al singolo esponente delle Istituzioni, l’attentato a carattere indiscriminato con diffusione di terrore, l’operazione militare che dà prestigio e “morale” all’ambiente eversivo, convincendolo della presenza di possibilità di successo e riempendolo, anche emulativamente, di ammirazione per coloro che più direttamente di altri agiscono sul piano militare”.
A ben vedere, si tratta di strumenti tattici assai diversificati, la cui complessiva finalizzazione ad una strategia unitaria – intesa come programma “politico” – di un’unica banda armata – è dato che, se può essere compreso oggi, alla luce dei contributi forniti da ex aderenti alle formazioni armate della destra eversiva e di una visione d’insieme delle innumerevoli acquisizioni processuali, era assai meno perspicuo, all’epoca dei fatti, per i militanti di base del frastagliato arcipelago neofascista”.
E’ chiarissimo, alla luce di quanto sopra rappresentato, che la decisione della Corte di Assise di Bologna su questa ricostruzione mantiene intatta tutta la propria valenza probatoria, indipendentemente dal fatto che – in sede di Appello – la sentenza sia stata riformata assolutoriamente per la vicenda della “strage alla stazione”.
Infatti, il significato che l’eversione di destra attribuiva – nel dicembre 1979 – alla liberazione di CONCUTELLI prescinde totalmente dalla responsabilità degli imputati per i fatti del successivo 2 agosto 1980.

 

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