L’urlo di Mimmo Beneventano

L’urlo di Mimmo Beneventano

“Io lotto e mi ribello.
Mi sono votato ad un suicidio sociale.
Non nella droga, come molti,
troverò’ il rimedio per un
mondo più’ giusto. Non parlo
per me, son così’ poca cosa.
Grido per coloro che non
han più’ voce perché’ l’han
persa urlando e piangendo
o per quelli che han dimenticato di averla.
Urlo e mi strazio perché’
nemmeno l’eco io sento.
Chiedo forse l’impossibile e
la grandezza di questo ideale
spegne a poco a poco
tutto il mio vigore.
Nessuno lasci il suo posto
per ascoltare il mio canto del cigno:
a nessuno voglio sottrarre tempo.
Fate solo un cenno con gli occhi:
mi sentiro’ piu’ forte
e non soltanto illuso”.

Questa una delle poesie di Domenico “Mimmo” Beneventano, che nasce l’11 luglio del 1948 a Petina, un paese sui monti Alburni in provincia di Salerno. La famiglia di Mimmo, originaria di Sasso di Castalda (Potenza), in Lucania , si trasferisce per due volte sempre nelle prossimità di Salerno per necessità lavorative del padre, ufficiale della forestale, per infine stabilirsi definitivamente ad Ottaviano, in provincia di Napoli.
Mimmo è un ragazzo pieno di entusiasmo, dal carattere forte, fin da piccolo sensibile al dolore degli altri. Da giovanissimo frequenta l’azione cattolica, diventandone una volta ragazzo delegato nazionale; successivamente si discosta in parte da quella visione del cristianesimo, che secondo lui doveva uscire dai muri delle chiese e connettersi  con le persone al di fuori: il richiamo della piazze lo fa quindi avvicinare al marxismo e di lì a breve lo porta ad iscriversi al Partito Comunista Italiano. E’ questa una parte della sua vita in cui coinvolge  moltissimo Rosalba, sua sorella minore, portandola alle riunioni di partito, alle feste dell’Unità, parlandole di Berlinguer e regalandole libri su Lenin. Oltre che nelle associazioni cattoliche e nel partito comunista, Mimmo è impegnato anche nel volontariato, all’interno del quale si reca a portare soccorso alla popolazione del Belice post-terremoto.
Aiutare il prossimo è come una seconda o forse una prima, più vera natura per lui, una tendenza che lo porta a laurearsi in medicina e a svolgere la professione di medico di base ad Ottaviano e di chirurgo presso l’ospedale San Gennaro di Napoli. Innumerevoli sono le testimonianze di chi l’ha conosciuto nei corridoi di quell’ospedale, intento a sgridare i tirocinanti o i colleghi nel momento in cui mostravano superficialità o poca umanità verso i più isolati, i più dimenticati dalla società; persone per cui lui spesso suonava la chitarra e cantava, tentando di rendere la loro vita e il loro dolore un po’ più sopportabili, almeno per qualche momento. Rimane sempre legato al suo paese d’origine, Sasso di Castalda, dove torna ogni volta che gli impegni glielo permettono, anche per curare gratuitamente i suoi ex compaesani, mancando lì un ospedale.
Mimmo, nonostante sia molto giovane, è già un personaggio noto ad Ottaviano, grazie alla sua  personalità, entusiasmo ed interesse verso il prossimo è diventato un vero e proprio  punto di riferimento; per rispondere alle richieste di aiuto della comunità matura la decisione di candidarsi a consigliere comunale con il PCI, elezioni che vince nel maggio del 1975. Una volta eletto, Mimmo concentra molta della sua attenzione sulle speculazioni edilizie e gli appalti che avrebbero interessato l’area adiacente al Vesuvio, denunciandoli e ponendosi quindi in diretto contrasto con i progetti di cementificazione, di enorme interesse per la camorra. Mimmo arriva dunque a rappresentare un vero e proprio contro-potere, manifestando posizioni forti in difesa dell’ambiente, della giustizia e della legalità, divenendo quindi una risposta contro quella camorra che con prepotenza ed arroganza stava schiacciando le persone di Ottaviano, un dolore che lui aveva già conosciuto nella sua Lucania.
Ad Ottaviano sono anni duri: la nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo imperversa, la violenza è di tutti i giorni. Il 13 settembre del 1978 viene ucciso Pasquale Cappuccio, consigliere comunale di Ottaviano eletto con il partito socialista, che aveva denunciato la collusione tra la politica locale e le mafie. Nel clima di terrore e di violenza, Mimmo sente che non può tirarsi indietro: la fiducia che la comunità di Ottaviano ripone in lui non può essere tradita. Decide quindi di candidarsi una seconda volta, nel 1980, una decisione che oggi viene vista da  Rosalba come la sua condanna, anche se sa che suo fratello non avrebbe potuto fare diversamente: la sua coerenza gli avrebbe impedito di rinunciare, soprattutto perché era diventato un faro di speranza per le persone che in lui credevano e che non avrebbe mai potuto abbandonare. Rosalba ricorda con chiarezza il discorso di Mimmo in uno degli ultimi comizi al termine di quella seconda campagna elettorale in cui con parole molto dure suo fratello si schierò contro la collusione tra la politica locale e le mafie, facendo il nome di Raffaele Cutolo.
La mattina del 7 novembre del 1980, mentre sta salendo in macchina per andare a lavoro, Mimmo viene sorpreso da dei sicari: viene ucciso lì, a 32 anni.
Rosalba ricorda Ottaviano e il silenzio dopo il suo omicidio, di una comunità atterrita e terrorizzata; molti fuggirono, altri erano già fuggiti.
Negli anni seguenti, anche appendere un manifesto per ricordare l’anniversario della morte di Mimmo diventa quasi impossibile.  La stampa del tempo non fa un gran clamore e il processo per omicidio vedrà alla sbarra Raffaele Cutolo e altri sei imputati, condannati con l’ergastolo in primo grado ed assolti in appello per insufficienza di prove.
Da quella mattina di novembre sono passati 40 anni, e alcune cose sono cambiate: la chiesa ad Ottaviano ha cominciato a scendere in piazza, si è formata un’associazione di familiari delle vittime di mafia, la magistratura si è fatta più forte. Grazie al lascito dello Stato ottenuto con il riconoscimento di Mimmo come vittima di mafia è stato possibile creare nel 2009 la fondazione Mimmo Beneventano, che organizza eventi di sensibilizzazione nelle scuole e organizza ogni 7 novembre insieme a Libera eventi di commemorazione sia nelle scuole di Ottaviano che di Sasso di Castalda, dove Mimmo è sepolto.  Ogni anno la fondazione consegna borse di studio a ragazzi che hanno scritto poesie o elaborati su di lui e vengono inoltre consegnati dei riconoscimenti a giornalisti, politici e magistrati che si sono particolarmente distinti per attività di denuncia e lotta contro le mafie, seguendo l’esempio di impegno politico e sociale di quell’uomo generoso che scriveva poesie e urlava per la sua gente e la sua terra.

di Rosalba Beneventano; a cura di Elisa Boni
(foto per gentile concessione di Rosalba Beneventano)

 

https://mafie.blogautore.repubblica.it/