Come iniziarono le indagini sulla bomba

Il fascicolo 1670/78/C della procura della Repubblica di Palermo risulta formalmente aperto a seguito della segnalazione trasmessa dal pretore del mandamento di Carini. Avvertiti dai carabinieri, il dr. Martorana, nella   qualità di  procuratore   della   Repubblica   facente funzioni, e il sostituto procuratore  della  Repubblica  « di  turno »  (addetto ai cosiddetti atti urgenti ed esterni), dr. Signorino, si portano  sul luogo dei fatti lo stesso mattino del 9 maggio, senza tuttavia porre in  essere  attività  processuali.
Sul  posto  essi  delegano  il  compimento degli «atti urgenti» al pretore del circondario di Carini, dr. Giancarlo Trizzino. Conseguentemente l’attività  di indagine (i cd. atti preliminari all’istruzione,   o,   più   esattamente,   le   «Sommarie   indagini»   di   cui all’articolo  225  del  codice  abrogato)  è svolta  tutta  dai  carabinieri  e  – in minima parte – da personale della Polizia di Stato.
I carabinieri agiscono alle dipendenze del maggiore Antonio Subranni, all’epoca comandante del Reparto Operativo del gruppo di Palermo, anch’egli giunto in Cinisi assieme al suo vice, il capitano Basile, comandante del Nucleo Operativo del Reparto Operativo.
Quel 9 di maggio del 1978, risulta presente – ed operante sempre alle dipendenze del maggiore Subranni – anche personale della Stazione di Cinisi, intervenuto per primo sul luogo dell’esplosione, e della Compagnia di Partinico (con il capitano Del Bianco ed altri sottufficiali e militari). Da atti di formale istruzione del Giudice Chinnici – e solo da essi – si può  inoltre evincere la presenza sul posto di personale del Nucleo Informativo del gruppo dei carabinieri di Palermo. Infatti, il 19 dicembre 1978, il giudice Chinnici assume la testimonianza del maresciallo capo Giovanni Riggio, appartenente a quel reparto. Il Riggio è infatti cofirmatario del verbale della perquisizione eseguita (ai sensi dell’articolo 224 CPP abrogato) nei locali adibiti ad emittente Radio Privata Aut, ubicati in Terrasini, via Vittorio Emanuele 100.
Secondo quanto riferito dal Riggio, che a suo dire in quella occasione si limito`  ad eseguire la perquisizione alla sede di Radio Aut a  Terrasini,  « nella  tarda  mattinata  del  9  maggio »  si  reco`  «sul  posto ove si era verificata l’esplosione » anche tale «maggiore Frasca», verosimilmente comandante del Nucleo Informativo. Entrambi trovarono «soltanto una Giulia dei carabinieri », in quanto «erano andati via sia il pretore che gli altri ufficiali e sottufficiali che avevano eseguito il sopralluogo e le indagini».
Il  maggiore  Frasca  non  è stato  mai  ascoltato  nel  corso  dell’istruzione del processo.
Il questore Alfonso Vella, all’epoca dirigente dell’ufficio Digos della questura di Palermo ha riferito nel corso della sua audizione davanti al Comitato Impastato sulla presenza di personale della Polizia di Stato.
In tale circostanza, il Vella ha precisato:

Ebbi notizie del fatto in questione intorno alle ore 8 del 9 maggio del 1978. Mentre mi stavo recando in ufficio in macchina, la centrale operativa, alla quale forse era arrivata la notizia, mi disse che si era verificato un fatto di sangue a Cinisi. Ero insieme al collega – se non ricordo male – Salerno, con il quale ci stavamo recando in questura per iniziare la nostra giornata. Ricordo che c’era traffico e che dovemmo mettere in funzione le sirene per svincolarci  e  recarci  a  Cinisi.  poiché  non  conoscevamo  il  posto  dove  si  era verificato effettivamente il fatto e non sapendo come comportarci di conseguenza, andammo direttamente nel centro di Cinisi, alla caserma dei carabinieri,  per  avere  indicazioni  precise.
Tutto  questo  comporto`  che  andammo a Cinisi, alla caserma e… Verso le 8 e mezza arrivammo a Cinisi paese. Abbiamo trovato il piantone e nessun altro. Tutti si trovavano sul posto dove era avvenuto il fatto. Avute le indicazioni (aggiungo che nessuno ci accompagnò), qualche minuto prima delle ore 9 arrivammo sul luogo. […]. Sul posto non trovammo niente, perché  avevano già  smobilitato tutto. Vedemmo solo il pretore che se ne stava andando; i resti dell’Impastato erano stati già  raccolti e portati via. […]. Vidi soltanto che il pretore aveva concluso gli atti e che se ne stava andando.
Non trovai niente di particolare da vedere. Non vidi com’era il luogo del fatto […] Arrivato in quel luogo ripeto che vidi quasi niente, neanche  i  resti  del  povero  Impastato  perché   erano  stati  già   raccolti;  vidi soltanto il pezzo di binario mancante. […]. Ricordo che il pretore stava finendo di verbalizzare con il cancelliere; se non ricordo male, stavano firmando  un  documento.  Questo  è quello  che  ricordo.  Dopo  di  ciò,  per  circa una decina di minuti, curiosammo in giro e rivolgemmo delle domande; poi andammo in caserma.
Non ricordo con precisione, ma penso che verso le 10 – diventa difficile ricordare i tempi tecnici – stavamo in caserma. In quella circostanza mi fu chiesto che cosa pensavo del fatto avvenuto. Risposi che non sapevo che dire in quel momento non avendo visto niente;  tra  l’altro,  mi  si disse che si trattava di una bomba, ma non sapevo di quale tipo. Giunti in  caserma – se non ricordo male – mi si disse che era stata eseguita  dai  carabinieri una perquisizione in casa dell’Impastato a seguito della sua morte, nel corso della quale era stata trovata una lettera. Secondo le interpretazioni che si davano, si trattava di una specie di testamento per un suicidio, una cosa   di questo genere. Questo fu il discorso che mi venne fatto … dai carabinieri, perché  loro  avevano  questa  specie  di… […].
L’unica cosa che consigliai fu quella di sentire qualche amico dell’Impastato, di fare magari qualche perquisizione per trovare qualcosa di diverso. Pertanto, da Palermo feci arrivare qualcuno, più  i carabinieri, e furono fatte delle perquisizioni in casa di alcuni giovani, che ci erano stati indicati dai carabinieri dal momento che noi non li conoscevamo, non sapevamo chi erano gli amici […].
Nelle prime ore  del  pomeriggio, arrivò la  notizia  del  ritrovamento  del  cadavere  dell’onorevole Moro a Roma. Dal momento che si prevedevano manifestazioni e una serie  di  problemi,  rientrai  a  Palermo,  poiché  eravamo  impegnati  in  prima persona. La competenza sulle indagini era dei carabinieri e a loro è rimasta. […].  Di  questo  caso  non  ho  saputo  più  niente,  perché  non  mi  venne  chiesto di compiere accertamenti di alcun genere in seguito ai fatti che si sono verificati.  Non  ho  saputo  niente  né  sulla  perizia  né  su  come  sono  andate  le cose  e,  successivamente,  non  mi  è stato  mai  chiesto  niente  al  riguardo  dalla procura o da altri, neanche su situazioni o fatti di altro tipo. Tra l’altro, anche    se l’ufficio avesse voluto occuparsi di queste indagini, non avrei potuto seguirle,  perché  era  implicata  la  mafia;  invece  io  facevo  parte  della  DIGOS, quindi  ci  occupavamo  degli  attentati  e  dei  fatti  politici.  Questo  è  quanto ricordo di tutta la vicenda […].

FIGURELLI.  poiché  ha  detto  che  partecipo`  –  mi  corregga  se  dico  male – agli interrogatori – non so se a tutti o solo ad alcuni – di persone segnalate non dal suo ufficio ma tutte dai carabinieri, vorrei sapere se su questi interrogatori o, comunque, rispetto a questa partecipazione o cooptazione, diciamo così, alle indagini, fece altre relazioni alla questura o al Ministero.

VELLA. No, su questo no.

FIGURELLI. …oppure al magistrato?

VELLA. No, solo i verbali. Probabilmente, anzi sicuramente qualcuno dei miei  della  DIGOS  ha  partecipato  a  questi  interrogatori  e  avrà  sottoscritto  il verbale. Chi materialmente aveva fatto la perquisizione, poi ascoltava anche questi ragazzi.

FIGURELLI. Lei ne ha sentiti alcuni direttamente?

VELLA.  No,  li  ho  sentiti  mentre  erano  nella  caserma,  perché  venivano interrogati  da  qualcuno,  ma  non  intervenivo  personalmente.  Eravamo  la`, stavamo discutendo; se non ricordo male, c’era anche il colonnello comandante del gruppo dei carabinieri. […] Non ricordo il nome, ma era il comandante del gruppo; c’era anche il comandante del nucleo operativo, Subranni (non so se allora era capitano o maggiore).

FIGURELLI. E il capitano Basile era presente?

VELLA.  Mi  pare  di  no.  Ricordo  che  c’era  sicuramente  Subranni,  perché dirigeva  le  operazioni  […].  Quando  siamo  arrivati  la`,  i  carabinieri  erano  già arrivati  alle  conclusioni.  Si  disse  che  era  stata  trovata  la  lettera,  si  parlo`  di
« incidente  sul  lavoro »:  tutto  era  già  pianificato.

RUSSO SPENA COORDINATORE. Mi scusi, ma vorrei capire bene questo punto  perché  è importante.  Lei  sta  dicendo  che,  quando  arrivo`  alle  ore  9,50 nella  caserma  dei  carabinieri,  trovo`  già  tutto  pianificato?

VELLA. Nel senso che avevano trovato la lettera…

RUSSO  SPENA  COORDINATORE.  Lei  ha  detto  che  era  già  tutto  pianificato.

FIGURELLI. No, lui ha parlato proprio di conclusioni.

VELLA. No, era stata trovata la lettera…

RUSSO SPENA COORDINATORE. Quindi lei vuol dire che erano arrivati già  a  delle  conclusioni ?

VELLA. Perlomeno si erano formati un’idea.

RUSSO SPENA COORDINATORE. Un’idea certa ?

VELLA. Un’idea certa non lo posso dire; si erano formati un’idea.

RUSSO SPENA COORDINATORE. E avevano parlato di «incidente sul lavoro» ?

VELLA.  Chiamiamolo  così.  […]  Siccome  l’omicidio  è avvenuto  a  Cinisi,  i carabinieri hanno iniziato le indagini. Noi saremmo intervenuti se avessimo avuto delle notizie di natura diversa, ma su quello stesso fatto continuavano ad indagare i carabinieri ed il magistrato colloquiava con loro. […] Abbiamo cercato di cominciare a capire, anche dopo, se ci fossero state situazioni che portavano  al  terrorismo,  ma  a  noi  non  è risultato  niente.  […]  Il  rapporto è stato fatto dai carabinieri. Gli atti firmati dai miei sono stati lasciati ai carabinieri, i quali li hanno trasmessi al magistrato. […] Ribadisco che non so che cosa ha scritto il professor Del Carpio. Non so che cosa è stato scritto durante il sopralluogo. Sarei riuscito anche a capire se avessi saputo qualcosa. […].
Alle 9,45 del 9 maggio giunge (83) per fonogramma alla procura  di Palermo la seguente informativa, a firma del pretore Giancarlo Trizzino:

Informo la S.V. che in contrada « Feudo » (84), territorio di Cinisi in zona  adiacente  alla  linea  ferrata  Palermo–Trapani,  Km.  30?180,  è  stato rinvenuto cadavere irriconoscibile di persona di sesso maschile che allo stato sembra identificarsi con IMPASTATO Giuseppe, nato a Cinisi il 15.1.1948. Il cadavere  è stato  dilaniato  da  esplosione;  pezzi  si  rinvengono  in  un  raggio  di
300 metri dalla linea ferrata. Indagini in corso. Intervenuto sul posto ho proceduto agli atti di rito e disposto trasporto resti obitorio di Carini. Resto in  attesa  disposizioni  che  la  S.V.  vorra`  Impartirmi.

Firmato Pretore Trizzino.

Per  gli  atti  urgenti  di  sua  competenza,  già   alcune  ore  prima  i carabinieri hanno avvisato il  pretore  del  mandamento  di  Carini. Questi, alle prime ore del mattino del 9 maggio lascia la sua abitazione in Palermo e si reca a Cinisi a bordo della sua autovettura privata. Le pagine che seguono sono dedicate appunto alla ricostruzione delle primissime fasi dell’indagine.

Fonte mafie blog autore repubblica