Il famoso caffè con i mafiosi


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Eppure Manzella sostiene di avere denunziato questo accadimento. Ma di certo nel verbale che riporta le sue dichiarazioni, datato 13 maggio, non ve ne è  traccia. E neppure nella nota 4304/22   del successivo 23 maggio, che « fa seguito al rapporto giudiziario 2596 del 10 maggio ».
Di tenore e contenuto ben diversi – rispetto alle risultanze dei verbali appena richiamati – sono le dichiarazioni che Manzella farà  di seguito su quei fatti.
Il testo del racconto del Manzella era stato riportato da Giuseppe Casarrubea nell’introduzione al libro di Salvo Vitale “Nel cuore dei coralli”:
L’argomento è stato ripreso nel contesto dell’audizione del Manzella dinanzi alla Commissione:

RUSSO SPENA COORDINATORE: No. Comunque la aiuto rivolgendole delle  domande  specifiche;  infatti,  avendo  già  svolto  molte  audizioni  su  tutta la questione del sangue  e  delle  pietre  insanguinate,  abbiamo  centinaia  di atti. Con lei vorremmo invece indagare su  alcuni  punti  che  sono  un  po’ inediti. Leggo  a  pagina  15  della  ricostruzione  di  Salvo  Vitale:  « La  notte  del 12 – racconta Pino Manzella – la mia casa di campagna, dove la notte precedente si erano custoditi i resti di Peppino, fu « visitata » da ignoti che scassarono la porta e misero tutto sottosopra. Evidentemente gli assassini avevano seguito tutte le nostre mosse. Denunciai il fatto ai carabinieri perché  ero  sicuro  che,  essendo  in  corso  le  perquisizioni,  qualcuno  avrebbe potuto occultare delle armi per confermare le tesi dei mafiosi locali. Ma può  darsi  che  volessero  semplicemente  ammonirmi  o  sapere  cosa  avevamo trovato. Tutto il gruppo fu tenuto sotto controllo dalla  mafia  per  qualche  tempo.  Ricordo  che  una  macchina  targata  Modena  (si  diceva   che   don  Tano »  –  si  intende,  credo,  don  Tano  Badalamenti  –  « avesse  delle   fabbriche di ceramica in provincia di Modena) attraversava la strada  al  momento in cui andavo a chiudere la mia macchina nel garage. Oppure  ricevevamo  delle  telefonate  e  non  rispondeva  nessuno;  volevano  accertare   se eravamo dentro e darci la sensazione che ci controllavano ». Questo forse è  l’aspetto  che  ci  interessa  di  più   conoscere  da  lei.
MANZELLA : Il discorso della borsa piena dei resti di Peppino deriva dal fatto che il medico legale, che allora era Ideale Del Carpio, se non ricordo male, ci disse di andare a cercare lì attorno a dove era successo il fatto e di raccogliere  tutto  quello  che  potevamo  trovare,  cioè i resti di  Peppino,  perché da quello che dopo risultò a noi i resti di Peppino furono raccolti velocemente, i  pezzi  più  visibili.  Le  altre  cose,  molte  cose,  credo  che  alla  fine  di  questo lavoro molto triste…purtroppo mi viene la pelle d’oca anche a parlarne, perché abbiamo riempito tre sacchetti di plastica in diverse volte di resti di  Peppino. Credo  che  molte  altre  cose  siano  rimaste  lì  attorno,  perché il corpo fu completamente sfracellato, poche cose rimasero intere poiché  abbiamo finito tardi questa raccolta, eravamo un gruppetto e non sapevamo a chi affidare queste cose, naturalmente non potevamo portarcele a casa. Ci siamo chiesti « dove lasciamo queste cose? ». Ed io, avendo questa casa in campagna, ho detto « le lasciamo qui, in questa casa, e domani le veniamo a prendere e le portiamo dal professor Del Carpio ». Ecco da dove nasce questo discorso dei resti. Infatti, poi la casa fu visitata, nel senso che … ma non solo la mia: anche in  altre  case  vi  furono  delle  effrazioni.  Non  hanno  preso  niente,  però  con l’atmosfera che c’era allora io e tutti gli altri avevamo paura che potessero mettere armi, droga o tutto quello che volevano dentro le case e dopo una settimana dire “andiamo a cercare…”
RUSSO SPENA COORDINATORE: In cosa consistevano le effrazioni?
MANZELLA: Trovare le porte aperte, dentro tutto sottosopra.
RUSSO SPENA COORDINATORE: E nella sua casa in particolare?
MANZELLA: Nella mia casa, che era chiusa a chiave, ho trovato la porta scassata, con un piede di porco o qualcosa del genere, in maniera forzata per aprirla, e dentro i cassetti …c’era una cassettiera con tutto sottosopra. Si vedeva che qualcuno aveva cercato, non si sa che cosa, però  avevano cercato qualcosa lì dentro.
RUSSO  SPENA  COORDINATORE:  Questo  quando  è  avvenuto  esatta- mente?
MANZELLA,  Questo  è avvenuto  qualche  giorno  dopo.  Il libro dice il 12; credo due o tre giorni dopo il fatto.
RUSSO SPENA COORDINATORE: Voi depositaste i resti la sera precedente.
MANZELLA:  sì,  l’indomani  mattina  li  abbiamo  consegnati  e  la  sera  è successo il fatto.
RUSSO SPENA COORDINATORE: Quindi la sera del giorno della consegna.
MANZELLA: sì. Probabilmente qualcuno li ha avvertiti che c’era stato movimento attorno alla casa: « sono andati alla casa di Pino Manzella, non si sa cosa hanno fatto ».
RUSSO SPENA COORDINATORE: Quindi l’effrazione ha riguardato anche altre case di amici del gruppo «Impastato»?
MANZELLA: sì, ricordo un certo Bartolotta, Cavataio, credo…
RUSSO SPENA COORDINATORE: Voi denunziaste questo episodio ai carabinieri?
MANZELLA, sì, io sono andato dai carabinieri.
RUSSO SPENA COORDINATORE: Quando?
MANZELLA: Devo essere sincero: malgrado non avessi …allora non avevo nessuna fiducia nei carabinieri; oggi ho un atteggiamento molto diverso, anche perché  oggi i carabinieri a Cinisi sono molto …io sono amico del maresciallo. è un’altra cosa rispetto a ventidue anni fa. Ma allora, malgrado non avessimo nessuna  fiducia,  più  che  altro  era  per  mettere …
RUSSO  SPENA  COORDINATORE:  perché  non  aveva  fiducia  allora?
MANZELLA: perché  vedevo questi carabinieri che molto spesso – ed era una  cosa  che  a  me  dava  un  fastidio  enorme  –  andavano  a  prendere  il  caffè con  i  mafiosi.  Si  dice  « ma  non  vuol  dire  niente »,  però  per  me  era  una  cosa palese, rispetto anche alla gente, questo fatto di andare a prendere il caffè al bar assieme ai mafiosi, persone che tutti sapevano che erano mafiose, i Trapani, i Finazzo e compagnia.
RUSSO SPENA COORDINATORE:. Quindi si sapeva che erano mafiosi? Le chiedo questo perché  dalle indagini che abbiamo svolto, ma anche da atti e fascicoli, a noi risulta che praticamente per quella zona non ci sono fascicoli di presenza di mafiosi all’epoca.
MANZELLA:  Cioè non  risulta  niente?
RUSSO SPENA COORDINATORE, Vorrei precisare: sto dicendo che non risulta agli atti che vi fossero presenze mafiose. In secondo luogo, le dico che abbiamo svolto numerose audizioni in cui i carabinieri (anche la  DIGOS)  presenti all’epoca in quelle zone sostengono che vi poteva essere  qualche  sospetto vago su qualcuno, ma sostanzialmente non avevano conoscenza di mafiosi.
MANZELLA, Allora ha ragione l’attuale sindaco di Cinisi, che dice … ho pubblicato  un  libro  fotografico  su  Cinisi,  dove  c’è la  famosa  foto,  che  credo sia anche qua, del gruppo di mafiosi, che poi sono anche quelli che organizzavano la festa di Santa Fara.
RUSSO SPENA COORDINATORE. Per chiarezza, lei parla di una foto- grafia  che  è contenuta  anche  nel  libro  di  Salvo  Vitale  Nel  cuore  dei  coralli, in cui ci sono …
MANZELLA, Ci sono il padre di Peppino, Cesare Manzella, Gaetano Badalamenti, Sarino Badalamenti, Nichi Impastato e così via.
RUSSO SPENA cOORDINATORE: Riprendiamo il filo del discorso, anche   se questa parentesi era importante per capire il contesto. […] Lei stava dicendo che ha denunciato l’episodio dell’effrazione nella sua casa di campagna ai carabinieri.  Com’è avvenuta  la  denuncia,  a  voce?
MANZELLA: A voce, ma anche per …a me interessava mettere nero su bianco.
RUSSO SPENA COORDINATORE, Chi ha redatto l’atto? Dove ha sporto denuncia?
MANZELLA: Alla caserma dei carabinieri.
RUSSO SPENA COORDINATORE, C’era il comandante della stazione?
MANZELLA. C’era un carabiniere che ha scritto …ora non ricordo chi fosse allora il comandante.

La questione delle effrazioni, delle numerose e strane effrazioni poste in essere dopo la morte dell’Impastato, è rimasta sostanzialmente inesplorata in sede processuale. Essa fu comunque esplicitamente sollevata dalla Redazione  di  Radio  Aut,  nel  citato  «Promemoria per il giudice Chinnici» ove, al punto 15 testualmente si legge: « […] 15) Prendere atto delle strane effrazioni ad opera di ignoti, in cui niente  è stato  portato  via,  verificatesi  giorni  dopo  l’omicidio,  nelle  case  di campagna di Benedetto Cavataio, di Giuseppe Manzella, di Ferdinando Bartolotta e, per ben cinque volte, a casa della signora Fara Bartolotta, presso la   stazione,   domicilio   abituale   di   Peppino. Con ogni probabilità chi ha scassinato cercava qualche eventuale dossier, sulla cui esistenza a Cinisi si era sparsa la voce ».

Questi fatti, rimasti senza spiegazione e del tutto trascurati dagli inquirenti, costituiscono un aspetto ulteriormente anomalo della vicenda Impastato. è logico supporre che le effrazioni siano state poste in  essere  nel  contesto  di  una  attività   diretta  al  recupero  di  atti  e documenti: una vera e propria «bonifica».

Fonte mafie blog autore autore