La storia dei 4 detenuti al 41 bis scarcerati

di Sergio Nazzaro

7) dap e magistratiIl Dipartimento Amministrazione Penitenziaria per spiegare la situazione ha diramato un comunicato in data 20 aprile: “Il DAP non ha diramato alcuna disposizione a proposito dei detenuti appartenenti al circuito di alta sicurezza o, addirittura, sottoposti al regime previsto dall’art. 41bis dell’Ordinamento Penitenziario. La circolare inviata il 21 marzo scorso agli istituti penitenziari è una richiesta con la quale, vista l’emergenza sanitaria in corso, si invitava a fornire all’autorità giudiziaria i nomi dei detenuti affetti da determinate patologie e con più di 70 anni di età.
Un semplice monitoraggio, quindi, con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni.
Le valutazioni della magistratura sullo stato di salute di quei detenuti e la loro compatibilità con la detenzione avviene ovviamente in totale autonomia e indipendenza rispetto al lavoro dell’amministrazione penitenziaria. Dal ministero comunque sono stati attivati gli uffici per fare le tutte le opportune verifiche e approfondimenti”.

Il Ministero della Giustizia opera nel mondo delle carceri attraverso il DAP, ma il potere delle decisioni rimane in capo ai magistrati.
Ovviamente gli avvocati dei boss di mafia hanno visto una crepa in cui inserire richieste di scarcerazione per i loro clienti, soprattutto quelli che hanno più di 70 anni e sono definiti i vecchi capi.

Scrive il giornalista Lirio Abbate: “Il provvedimento fa seguito allo stato di emergenza in cui si trovano i penitenziari. E così per i mafiosi che stanno scontando la condanna, che per legge non possono usufruire di pene alternative, si aprono le porte del carcere. Su questo punto il 21 marzo scorso il Dap (l’amministrazione penitenziaria) ha inviato a tutti i direttori delle carceri una circolare in cui li invita a «comunicare con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza», il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell’amministrazione penitenziaria, ed inoltre, tutti i detenuti che superano i 70 anni, e con questa caratteristica sono 74 i boss che oggi sono al 41 bis. Fra loro si conta Leoluca Bagarella, i Bellocco di Rosarno, Pippo Calò, Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Pasquale Condello, Raffaele Cutolo, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu Madonia, Giuseppe Piromalli, Nino Rotolo, Benedetto Santapaola e Benedetto Spera.

Questi nomi che a molti non dicono nulla, sono i capi dei capi della Mafia, Camorra e ‘Ndrangheta.
Dall’inizio della crisi, sono stati rilasciati agli arresti domiciliari un totale di 376 tra condannati o individui in detenzione preventinva per reati di stampo mafioso. Tra questi, quattro erano detenuti al regime carcerario di 41 bis: il boss della Camorra Pasquale Zagaria, i due boss  di Cosa Nostra Francesco Bonura e Vincenzo Di Piazza, e il boss della ‘Ndrangheta Vincenzo Iannazzo. Gli altri 372 appartengono invece al terzo circuito dell’Alta Sicurezza (A.S.) (in nota:  A.S. 1 il regime più rigido, A.S. 2 il regime dedicato ai terroristi (nessun detenuto a questo regime é stato rilasciato); e A.S. 3 che invece è il circuito che ospita “l’esercito” delle mafie, circa 9000 detenuti in totale).

Nello specifico, il 10 aprile 2020 esce dal carcere Rocco Santo Filippone, sotto processo per la stagione delle stragi del 1992-1993. Anziano e malato, torna a casa senza neanche braccialetto elettronico. Mentre infuriano le polemiche sociali e politiche, il 22 aprile 2020 viene liberato Francesco Bonura (in nota: mafioso, uomo di fiducia di Bernardo Provenzano capo dei capi di Cosa Nostra a partire dal 1995 fino al suo arresto, avvenuto nel 2006. E’ morto in carcere, al 41bis, nel 2016) per gravi motivi di salute. La sua pena sarebbe finita comunque da lì a 11 mesi.
Il 24 aprile del 2020 viene scarcerato Pasquale Zagaria detenuto al 41bis, mente economica del clan dei casalesi. Malato di tumore, detenuto in Sardegna: siccome non si trova un ospedale che possa curarlo, perché sono tutti in emergenza covid-19, viene mandato ai domiciliari in piena zona rossa a Pontevico (Brescia) in Lombardia.

Un magistrato dell’antimafia vede in questa scarcerazione: “Un’assurda follia, un errore grave. Lo si poteva mettere su un aereo militare e consentirgli tutte le cure del caso e poi riportarlo in carcere. O trovare un carcere di alta sicurezza che permetteva di curarlo adeguatamente. Comunque assolutamente non andava concesso nessun beneficio. Questo è un messaggio terribile per interi territori. Non importa se può comandare o meno un boss, anche se in questo caso stiamo parlando di una mente criminale di ordine economico e quindi anche più pericolosa. Il messaggio che raggiunge i cittadini è che mentre loro sono prigionieri a casa, i boss escono e tornano liberi”.

Tratto da uno studio commissionato all’autore dalla Global Initiative against Transnational Organized Crime, di prossima pubblicazione.


Fonte mafie blog autore repubblica