Brusca e quei “picciutteddi” di Madonia

Francesco ONORATO ha iniziato la propria collaborazione nel settembre del 1996, dopo il FERRANTE, ammettendo di avere fatto parte di “Cosa Nostra” come uomo d’onore della famiglia di Partanna Mondello, inserita nel mandamento di San Lorenzo, giungendo a ricoprire la carica di reggente dal 1987  fino al suo arresto, avvenuto alla fine del 1993, per l’omicidio dell’On. LIMA.
Le dichiarazioni rese dal collaboratore, considerato personalmente credibile al pari del FERRANTE, sono state valutate dalla Corte, complessivamente attendibili sotto il profilo intrinseco così come apprezzabili sono state ritenute le motivazioni che hanno guidato la sua scelta collaborativa e di analogo giudizio positivo, sotto il profilo probatorio, ha beneficiato la convergenza tra le dichiarazioni dell’ONORATO e quelle del FERRANTE, ritenute fra l’altro dalla Corte d’Assise, scevre da qualsiasi inquinamento o condizionamento reciproco.
ONORATO, con riferimento specifico all’episodio delittuoso di cui è causa, si era riferito ad una riunione preparatoria diretta ad organizzare l’esecuzione dell’attentato alla vita del dott. FALCONE presso l’abitazione di Mariano Tullio TROIA, alla presenza anche di questi, vicino all’ospedale Cervello, cui erano intervenuti oltre al dichiarante rimasto però in disparte, l’odierno appellante Antonino MADONIA, Salvatore BIONDINO che non ha proposto impugnazione facendo acquiescenza alla condanna inflittagli in primo grado e Vincenzo GALATOLO assolto in primo grado con sentenza gravata sul punto dall’appello del P.G. Al termine dell’incontro, BIONDINO lo aveva riservatamente incaricato di eseguire dei sopralluoghi, anche di sera, nel territorio dell’Addaura, per accertare se vi fossero movimenti di organi di polizia, confidandogli che si doveva far “saltare FALCONE in aria” (sentenza di 1° grado f. 167 verbale 16-03-1999) ed esortandolo ad assicurarsi che i suoi familiari non transitassero nella zona del programmato attentato, per recarsi allo stabilimento balneare “La Marsa”.
Il collaborante, nel corso di detti sopralluoghi, in esito ai quali aveva riferito al suo mandante che la situazione era tranquilla, aveva poi incrociato Antonino MADONIA, Vincenzo GALATOLO, il nipote Angelo, lo stesso Salvatore BIONDINO ed una volta, incontrato casualmente anche il FERRANTE come poi precisato innanzi a questa Corte.
Aveva poi riferito che Angelo GALATOLO – giovane nipote di Vincenzo – con la sua vettura Y10 di colore scuro si recava con una certa frequenza allo stabilimento “La Marsa”.
Lo stesso ONORATO – il quale precisava di avere proseguito nei sopralluoghi fino al giorno della scoperta dell’esplosivo – avrebbe poi suggerito inutilmente al BIONDINO la opportunità di utilizzare, come luogo di appostamento per gli attentatori la zona del “Belvedere” sita sul vicino Monte Pellegrino, che avrebbe consentito una ottima visuale sul tratto di costa dell’Addaura teatro dell’attentato.
Nel corso di un incontro presso l’hotel Villa Igiea, l’ONORATO ricordava di essere stato messo in guardia da GALATOLO V. affinchè evitasse di far passare i suoi familiari lungo la strada dell’Addaura, perché doveva “saltare la bomba”, senza tuttavia fare riferimento specifico al dott. FALCONE come vittima designata del progetto delittuoso.
Aggiungeva poi, che anche Angelo GALATOLO, aveva dimostrato di essere addentro all’organizzazione dell’attentato, vantandosi con  i suoi fratelli, Salvatore e Domenico ONORATO, di avere avuto un ruolo nella vicenda delittuosa, e confidando addirittura a Domenico, con il quale aveva un rapporto di assidua frequentazione, di essere stato proprio lui “a mettere la borsa al dott. FALCONE”. Di tali pericolose “vanterie” il collaboratore aveva informato il BIONDINO, il quale, visibilmente irritato, aveva censurato detto comportamento, pericolosamente imprudente oltre che contrario ad ogni regola ma?osa.

Giovanni BRUSCA
Sostituto del padre Bernardo a capo del mandamento di S. Giuseppe Jato, veniva arrestato il 20 maggio 1996 in località Cannatello, ed iniziava anch’egli la propria travagliata collaborazione nell’estate di quell’anno come i due precedenti soggetti.
Le dichiarazioni del BRUSCA venivano valutate dalla Corte pienamente attendibili in quanto il collaboratore aveva definitivamente fugato le originarie ragioni di perplessità che si erano in un primo tempo profilate.
Con riferimento all’attentato per cui è processo, BRUSCA forniva in sostanza, due indicazioni:
una prima di carattere generale sulla volontà in capo a “Cosa Nostra” di eliminare il dott. FALCONE già da tempo maturato;
una seconda assai specifica relativa ad una conversazione nel corso di una riunione seguita alla esecuzione della strage di Capaci da cui si poteva evincere che Salvatore BIONDINO, in presenza di Salvatore RIINA, nel raffrontare l’esito dell’ultima azione delittuosa con quello, deludente per l’organizzazione, dell’attentato dell’Addaura, si era espresso in modo fortemente critico nei confronti dell’operato in quest’ultima azione di Antonino MADONIA, dicendo testualmente che l’attentato di Capaci sarebbe stato inutile se il MADONIA non si fosse affidato in occasione dell’Addaura a dei “picciutteddi”, ovvero dei ragazzini. Il RIINA aveva risposto che la questione era ormai chiusa, invitandolo a non tornare sull’argomento.
Le circostanze richiamate dal collaborante venivano dunque ritenute dai Giudici di prime cure di particolare utilità e dotate di una elevata attendibilità intrinseca, per la loro logicità interna, la mancanza di animosità nei confronti dei soggetti accusati, la assoluta coerenza con le dichiarazioni di altri collaboratori.

 

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