Il no definitivo della Cassazione al sequestro di beni per 150 milioni di euro a Mario Ciancio e gli interventi degli avvocati del collegio difensivo.

Il no definitivo della Cassazione al sequestro di beni per 150 milioni di euro a Mario Ciancio e gli interventi degli avvocati del collegio difensivo.

Anche la Cassazione ha risposto no, e ha confermato il no della Corte d’Appello di Catania al sequestro dei beni dell’imprenditore ed editore Mario Ciancio Sanfilippo. Pertanto è definitivo il provvedimento del dissequestro, sancito in secondo grado di giudizio, contro cui ha presentato ricorso la Procura Generale di Catania. Più nel dettaglio, il 24 marzo del 2020 la Corte d’Appello etnea ha restituito tutti i beni a Mario Ciancio Sanfilippo e ai suoi familiari, ribaltando la sentenza di sequestro a fine di confisca emessa dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale catanese il 24 settembre del 2020. Tra i beni dissequestrati, per un valore stimato in 150 milioni di euro, anche le società che controllano il quotidiano “La Sicilia” e le emittenti televisive “Antenna Sicilia” e “Telecolor”. I difensori di Mario Ciancio, gli avvocati Giulia Bongiorno, Francesco Colotti e Carmelo Peluso, commentano: “Con questo provvedimento della Cassazione si è raggiunta la certezza che Mario Ciancio Sanfilippo non ha mai avuto vantaggio da alcun gruppo mafioso, e che tutto il suo patrimonio è frutto di una lunga vita di lavoro appassionato e intenso, supportato dall’impegno e dai sacrifici dei suoi tanti collaboratori. La decisione della Cassazione garantisce certamente serenità anche a tutti coloro che hanno lavorato e lavorano nelle aziende del gruppo Ciancio e che hanno sempre confidato nella giustizia giusta. Poiché i temi del procedimento di prevenzione sono identici a quelli trattati nel processo di merito per concorso esterno alla mafia, la decisione della Cassazione consente di affrontare anche tale dibattimento con maggiore serenità. Non celebriamo con enfasi una vittoria. Possiamo dire soltanto che tutte le ragioni della difesa sono state ritenute valide. Ma i tanti anni trascorsi, quasi 5 per la misura di prevenzione e 9 del processo di merito ancora in corso, faranno sempre ricordare il penoso calvario che ha condotto a questo risultato” – concludono gli avvocati, le cui dichiarazioni sono confermate dalle 113 pagine delle motivazioni della sentenza d’Appello che ha dissequestrato i beni di Mario Ciancio e in cui, tra l’altro, si legge: “Il decreto di sequestro impugnato è da annullare perché non può ritenersi provata l’esistenza di alcun attivo e consapevole contributo arrecato da Ciancio Sanfilippo a favore di Cosa Nostra catanese. Inoltre non può ritenersi provata alcuna forma di pericolosità sociale, né è risultata accertata e provata alcuna sproporzione tra i redditi di provenienza legittima di cui Ciancio e il suo nucleo familiare potevano disporre e la liquidità utilizzata nel corso del tempo”.