L’ira di Fiammetta: “Faranno i conti con la propria coscienza” Depistaggio via D’Amelio, il gip: “Anomalie su Scarantino, ma gli ex pm non fecero reati”.

L’ira di Fiammetta: “Faranno i conti con la propria coscienza”

Depistaggio via D’Amelio, il gip: “Anomalie su Scarantino, ma gli ex pm non fecero reati”.

Le motivazioni del provvedimento che ha archiviato l’indagine sui magistrati Palma e Petralia. Il dolore della figlia del giudice ucciso in via D’Amelio. “Povera patria”

“E’ tutto coerente – dice Fiammetta Borsellino – in linea col principio che ‘cane non mangia cane’. Chi ha lavorato male, permettendo che certe nefandezze accadessero, non farà i conti con la giustizia ma non potrà sfuggire ai conti con la propria coscienza”. La figlia di Paolo Borsellino è amareggiata per l’archiviazione dell’indagine sui due ex magistrati di Caltanissetta Annamaria Palma e Carmelo Petralia che si occuparono di Vincenzo Scarantino, il falso pentito della strage di via D’Amelio. Fiammetta, che da anni si batte per la verità attorno al depistaggio nelle indagini, ha parole severe per i due magistrati che erano indagati per calunnia aggravata. E aggiunge: “L’epilogo di questa putrida vicenda è la storia dell’Italia: lo stivale dei maiali che affonda sempre di più nel fango come dice Battiato in “Povera Italia”, pensando a quei corpi a terra senza più calore”.

Per il gip di Messina Simona Finoacchiaro “ci furono molteplici irregolarità e anomalie nella gestione del collaboratore Scarantino”, ma non è stata “individuata alcuna condotta penalmente rilevante a carico dei magistrati oggi indagati che fosse volta a indurre consapevolmente Scarantino a rendere false dichiarazioni e a incolpare ingiustamente”. Per questa ragione è stata archiviata l’inchiesta nei confronti di Annamaria Palma (oggi avvocato generale a Palermo) e di Carmelo Petralia (procuratore aggiunto a Catania).

Secondo il giudice Simona Finocchiaro, che in 23 pagine ha accolto la richiesta di archiviazione della procura, “non si ravvisa” neanche “l’utilità di ulteriori indagini”, perché “un eventuale approfondimento dibattimentale non consentirebbe l’esplorazione di alcun tema di indagine nuovo rispetto a quelli già ampiamente e approfonditamente analizzati nel corso degli anni e da ultimo con l’attività posta in essere dalla Procura di Messina”.

Insomma, il depistaggio attorno alle indagini sulla strage di via D’Amelio è destinato a restare un altro mistero italiano. E restano sotto accusa solo due ispettori di polizia in pensione e un funzionario, Fabrizio Mattei, Michele Ribaudo e Mario Bò, accusati di essere stati gli esecutori degli ordini dell’allora capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, deceduto nel 2002. “Possibile che hanno fatto tutto da soli?”, ha continuato a chiedersi in questi mesi Fiammetta Borsellino. Non si potrà più dare risposta a questa domanda. Il caso è archiviato. E continuiamo anche a non sapere chi ha rubato l’agenda rossa di Paolo Borsellino in via D’Amelio. “C’è uno stretto collegamento fra quel furto e il depistaggio”, hanno scritto i giudici del Borsellino Quater, ricordano le strane presenze di agenti segreti sul luogo della strage, come raccontato da due poliziotti delle Volanti, arrivati per primi dopo l’esplosione. I servizi segreti, quelli che l’allora procuratore capo di Caltanissetta Gianni Tinebra invitò a partecipare alle indagini sulla bomba di via D’Amelio. Salvo Palazzolo LA REPUBBLICA 3.2.2021

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