Confisca anomala dei beni di Calcedonio Di Giovanni

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Anomalie

Il caso di Di Giovanni presenta alcune anomalie, nel senso che, a parte le sue vicende giudiziarie, non imputabili ad implicazioni con la mafia, i contatti con massoneria e mafia trapanese sono solo ipotizzati e non sono sostanziati da alcun procedimento giudiziario. Di Giovanni non è stato mai affiliato, ma è ritenuto “contiguo” alla mafia trapanese.

C’è da chiedersi, inoltre, perché, viste tutte le collusioni accennate nell’ordinanza, che si riferiscono a quasi quarant’anni di attività, ne sia stato disposto il sequestro solo nel 2014.

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In merito all’articolo sulla condisca dei beni a Calcedonio Di Giovanni, l’imprenditore ha chiesto di precisare che:

Non è corretta la notizia che la confisca dei beni ammonta a cento milioni, come diffuso da tutte le emittenti e dai giornali: si tratta di una cifra che, secondo le stime del tribunale, come correttamente indicato nell’articolo da voi pubblicato, non supera gli otto milioni di euro.

La misura del divieto di spostamento dal comune di residenza per tre anni è stata già scontata da due anni, e quindi il “preposto” è libero da qualsiasi restrizione

La sentenza è quella della Corte d’Appello di Palermo, nei confronti della quale i legali opporranno ricorso, sia in rapporto alla falsata temporaneità degli eventi indicati in un quarantennio, sia perché la richiesta di confisca è stata presentata dal Tribunale, oltre la scadenza prevista dalla legge. Non è difficile pertanto prevedere un annullamento e il ritorno dei beni al “preposto”.

Nei confronti di Calcedonio Di Giovanni non risulta alcuna condanna né per reati di mafia o per appartenenza o concorso in associazioni criminali. In uno stato di diritto le ipotesi e la presunzione di reato non sono o non dovrebbero essere elementi sufficienti a motivare la confisca dei beni.