Trattamento transfrontaliero di dati personali: la competenza delle autorità di controllo

Trattamento transfrontaliero di dati personali: la competenza delle
autorità di controllo
di Federica De Stefani, avvocato e responsabile Aidr Regione Lombardia

Quale autorità di controllo risulta competente in caso di trattamento
transfrontaliero di dati personali? Esiste una competenza esclusiva in
capo all’autorità capofila?
La risposta a tali quesiti viene data dalla CGUE che interviene su una
questione che vede contrapposti il Garante belga e Facebook.
Con la Sentenza nella causa C-645/19 la Corte stabilisce che in
presenza di determinate condizioni, un’autorità nazionale di
controllo, pur non essendo l’autorità capofila per tale trattamento,
può esercitare il proprio potere di intentare un’azione dinanzi a un
giudice di uno Stato membro, in caso di presunta violazione del
Regolamento.

Il caso
La vicenda prende le mosse dall’azione inibitoria intentata nel 2015
dal presidente della Commissione belga per la tutela della vita
privata nei confronti delle società Facebook Ireland, Facebook Inc. e
Facebook Belgium innanzi al Tribunale di primo grado di Bruxelles, per
violazione della normativa sulla protezione dei dati. Nello specifico
le violazioni lamentate riguardavano la raccolta e l’utilizzo di
informazioni sul comportamento di navigazione degli utenti di Internet
belgi, detentori o meno di un account Facebook, mediante varie
tecnologie, quali i cookie, i social plugin o i pixel.
Nel 2018 il Tribunale belga ha dichiarato la propria competenza
statuendo, nel merito, che Facebook non aveva sufficientemente
informato gli utenti di Internet belgi della raccolta e dell’uso delle
informazioni e che il consenso prestato dagli utenti non poteva essere
ritenuto valido.
Facebook Ireland, Facebook Inc. e Facebook Belgium, come era
prevedibile, hanno proposto appello contro tale decisione, ma la Corte
d’Appello ha dichiarato la propria competenza unicamente a decidere
l’appello presentato da Facebook Belgium.

Il punto
La questione riguarda la competenza di un’autorità di controllo,
diversa dall’autorità capofila, a proporre azione giudiziaria ed è su
questo aspetto che si articola la pronuncia della CGUE.
Il giudice del rinvio, infatti, ha nutrito dubbi in merito
all’incidenza dell’applicazione del meccanismo dello «sportello unico»
previsto Regolamento europeo 2016/679 sulle competenze dell’Autorità
Belga e si è posto, più in particolare, la questione se, per i fatti
successivi all’entrata in vigore del Regolamento, ossia il 25 maggio
2018, l’Autorità per la protezione dei dati possa agire nei confronti
di Facebook Belgium, dal momento che è Facebook Ireland ad essere
stata individuata come titolare del trattamento dei dati interessati.
Infatti, a partire da tale data e segnatamente in applicazione del
principio dello «sportello unico» previsto dal Regolamento, solo il
Commissario irlandese per la protezione dei dati sarebbe competente ad
intentare un’azione inibitoria, sotto il controllo dei giudici
irlandesi.

L’autorità capofila
Per comprendere la portata della pronuncia è indispensabile chiarire
il concetto di “autorità di controllo capofila”.
Nell’ipotesi in cui il titolare del trattamento effettui dei
trattamenti transfrontalieri (ossia oltre i confini nazionali)
l’autorità di controllo capofila è l’autorità dello stabilimento
principale (del titolare o responsabile del trattamento) che si trova
nel territorio dell’Unione. A questa autorità viene trasferita la
competenza per quanto riguarda i “trattamenti transfrontalieri” di
dati personali svolti da quel titolare o responsabile.
L’obiettivo della devoluzione di competenze a favore dell’autorità
capofila è garantire l’esistenza di uno “sportello unico” per i
trattamenti transfrontalieri di dati personali in modo tale che la
stessa sia considerata l’unico interlocutore del titolare del
trattamento o del responsabile del trattamento in merito al
trattamento transfrontaliero effettuato da tale titolare o
responsabile, restando, in ogni caso, ferme alcune eccezioni che

La pronuncia della Corte
La Corte, attraverso un articolato procedimento di analisi delle
singole norme e dei principi cardine del Regolamento, arriva a
pronunciarsi nel senso di riconoscere che, in presenza di determinate
condizioni, il Regolamento autorizza un’autorità di controllo di uno
Stato membro, sebbene diversa dall’autorità capofila, a esercitare il
suo potere di intentare un’azione giudiziaria dinanzi ad un giudice di
tale Stato in caso di presunta violazione del medesimo Regolamento.
La Corte basa la propria pronuncia su alcuni punti essenziali.

1- Potere di intentare una causa da parte di un’autorità che non
riveste la qualifica di capofila
Nell’ipotesi di trattamento transfrontaliero di dati personali,
un’autorità di controllo diversa dall’autorità capofila può agire in
giudizio solamente:
nel caso in cui il Regolamento conferisca alla stessa il potere di
accertare che il trattamento in questione violi le norme dello
Regolamento stesso;
l’esercizio di tale potere avvenga nel pieno rispetto delle procedure
di cooperazione e di coerenza.

2- Stabilimento nello Stato membro al quale appartiene l’autorità di controllo
Il potere di agire giudizialmente da parte di un’autorità di controllo
diversa dall’autorità di controllo capofila, non richiede che il
titolare del trattamento o il responsabile del trattamento
transfrontaliero di dati personali oggetto di tale azione disponga di
uno stabilimento principale o di un altro stabilimento nel territorio
di tale Stato membro. È comunque richiesto che disponga di uno
stabilimento nel territorio dell’Unione.

3- Violazione del Regolamento
Il potere di agire dell’autorità di controllo diversa dall’autorità di
controllo capofila può essere esercitato non solo nei confronti dello
stabilimento principale del titolare del trattamento che si trovi
nello Stato membro di appartenenza di tale autorità, ma anche nei
confronti di un altro stabilimento di tale titolare, a condizione che
l’azione giudiziaria riguardi un trattamento di dati effettuato
nell’ambito delle attività di detto stabilimento e l’autorità di cui
trattasi sia competente ad esercitare questo potere. Condizione
indispensabile per l’esercizio di tale potere è l’applicazione del
Regolamento 2016/679.

4- Azioni intentate prima dell’entrata in vigore del Regolamento
La Corte precisa inoltre che l’azione che sia stata esercitata da
un’autorità diversa, prima dell’entrata in vigore del Regolamento, può
essere mantenuta, in forza del diritto dell’Unione.

5-Riconoscimento delle disposizioni del singolo Stato membro
La Corte, infine, riconosce l’effetto diretto della disposizione del
Regolamento in forza della quale ciascuno Stato membro dispone, per
legge, che la sua autorità di controllo abbia il potere di intentare
un’azione e, se del caso, di agire in sede giudiziale in caso di
violazione del predetto regolamento. Di conseguenza, siffatta autorità
può invocare tale disposizione per intentare o proseguire un’azione
nei confronti di privati, anche qualora essa non sia stata
specificamente attuata nella normativa dello Stato membro interessato.