Angela Porcello a colloquio con Giuseppe Falsone

L’inchiesta antimafia “Xydi” nell’Agrigentino: una “scappatella” di Giancarlo Buggea avrebbe infuriato Angela Porcello che avrebbe chiesto a Giuseppe Falsone di “posarlo”.

Nella foto è la sala colloqui del carcere di Novara, in Piemonte. Da una parte è seduta l’ex avvocato, poi radiata dall’Ordine su sua richiesta, Angela Porcello, 51 anni, di Canicattì, e dall’altra è Giuseppe Falsone, 52 anni, da Campobello di Licata, già capo provincia di Cosa Nostra agrigentina, detenuto al 41bis. Adesso Angela Porcello, arrestata il 2 febbraio scorso nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Xydi”, è sotto processo in abbreviato. Lei si è candidata quale collaboratrice della Giustizia, ma non ha ancora ottenuto il “green pass” per la collaborazione dai magistrati, che ritengono le sue dichiarazioni superficiali e inconsistenti. Lei, Angela Porcello, è stata legata da un rapporto prima professionale e poi sentimentale con Giancarlo Buggea, imprenditore presunto mafioso di Canicattì, anche lui, come lei, arrestato lo scorso 2 febbraio. La relazione tra lui e lei sarebbe stata ufficiale, e i clan agrigentini ne sarebbero stati al corrente. Ebbene, l’ex avvocato Porcello, poiché Buggea l’avrebbe tradita con una “scappatella”, si sarebbe rivolta prima al presunto capomafia di Ravanusa, il settantenne Luigi Boncori, e poi a Giuseppe Falsone, colloquiando con lui in carcere a dispetto del 41 bis. E ciò perché Falsone avrebbe affiliato a Cosa Nostra Giancarlo Buggea, e, siccome Buggea tradendo la compagna avrebbe disobbedito alle regole di Cosa Nostra, la Porcello avrebbe invitato Falsone a “posarlo”, ovvero ad estromettere Buggea da Cosa Nostra perché non più considerabile un “uomo d’onore”. Agli atti dell’inchiesta “Xydi”, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo, Claudio Camilleri e Francesca Dessì, vi è un’intercettazione risalente ai mesi precedenti all’arresto della Porcello. Nella conversazione con un altro imputato, Giuseppe Giuliana, 57 anni, di Delia, Angela Porcello racconta di avere spiegato a Luigi Boncori che Giancarlo Buggea avrebbe dovuto “togliersi la giacca” (tra virgolette), perché non avrebbe più meritato di indossarla. E lo stesso Boncori le avrebbe suggerito di parlarne con il capomafia agrigentino Giuseppe Falsone, padrino di battesimo di Buggea, e difeso dalla stessa Porcello che, durante un colloquio in carcere, approfittando della sua professione, avrebbe rivolto la sua preghiera a Falsone. Tale episodio conferma l’esistenza di un canale diretto di comunicazione tra la Porcello e il boss Falsone, il quale, nonostante la detenzione al 41 bis, sarebbe stato coinvolto e reso partecipe delle decisioni mafiose, perché ritenuto ancora il capo tutore dell’ordine sociale. E sì: sociale perché, come emerge da un’altra intercettazione in carcere, Giuseppe Falsone ha spiegato alla Porcello perché vi è la necessità di un capo capace di mantenere ordine e rispetto delle regole. Le parole di Falsone: “Quando c’è miseria in un territorio può succedere di tutto. La Sicilia è una terra desolata, di miseria, si formeranno situazioni di piccolo banditismo che saranno micidiali. Lei ha presente come si coltiva il carciofo: quando si tira con la zappa spuntano i carduna, ogni carciofo spara 40 carduna. Ecco perché a regolare il caos ci deve pensare il boss. Quando non c’è buon senso e ragionevolezza, quando non c’è un punto di riferimento, chi si deve prendere la briga? Si indirizza la società, ci vuole un minimo di organizzazione sociale”.

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