L’antimafia smarrita e l’abbaglio di due grandi strateghi

“Il mistero gaudioso ci porta invece a riflettere sulla tragedia – a lieto fine, si badi bene – del cosiddetto Terzo Polo, la formazione politica buttata nell’arena della competizione elettorale da Carlo Calenda e Matteo Renzi. I quali, da astuti e navigati uomini di potere, si sono lasciati infinocchiare come due bambinetti scemi da Gaetano Armao, un personaggio buono per tutte le casacche e tutte le stagioni, che i due avrebbero dovuto soppesare con molta oculatezza prima di incoronarlo come frontman della nuova alleanza. Avrebbero dovuto contare gli scandali che negli ultimi vent’anni hanno sfiorato il suo nome; avrebbero dovuto passare a setaccio le sue frequentazioni: da Ezio Bigotti, l’avventuriero piemontese che ha spillato alla Regione cento milioni con un censimento fasullo, ad Antonello Montante, padre padrone di un’antimafia che inseguiva solo affari e spionerie. E avrebbero anche dovuto esplorare i motivi per cui la sua compagna, pure amandolo e vivendo con lui sotto lo stesso tetto, gli ha pignorato lo stipendio di assessore nella giunta regionale di Nello Musumeci. Non erano dettagli insignificanti. Avrebbero risparmiato a Calenda e a Renzi la bruciatura di una sconfitta umiliante. I due, per quanto smaliziati, si sono accorti troppo tardi che Armao era un politico da zero virgola, tutto chiacchiera e distintivo, per dirla con Robert De Niro. I siciliani infatti hanno annusato il cattivo odore della candidatura e lo hanno puntualmente bocciato e asfaltato. Con cinismo, con compiacimento, persino con un pizzico di sana e salutare allegria. Qui Santa Rosalia non piange. Fa festa.”

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