La “Metafora della Carrozza” di Gurdjieff
di Tragicomico

Gurdjieff, nel suo libro “Vedute sul mondo reale“, paragona l’essere umano ad un veicolo destinato al trasporto di un passeggero. Un veicolo definito ‘carrozza’ che rappresenta il corpo fisico, trainato da ‘cavalli’ che sono le emozioni, guidato dal ‘cocchiere’ che è la mente, mentre il ‘passeggero’ è l’anima (o coscienza).
Gurdjieff adoperava questa metafora per spiegare agli allievi della sua scuola, il procedimento per cui la coscienza che è in ognuno di noi, è assopita in un sonno indotto, descrivendo così il funzionamento del ‘pilota automatico’ (mente ed emozioni) che gestisce la nostra macchina biologica (il corpo fisico).
Che cosa succede, infatti, quando il passeggero dorme e quindi il cocchiere decide la strada, la direzione? Che cosa succede quando il cocchiere è confuso e non sapendo dove andare, si lascia trasportare dai cavalli che corrono senza una meta?
Quando il cocchiere è confuso e non sa dove andare, la carrozza viene guidata dai cavalli che automaticamente la trainano, senza direzione alcuna, mentre il passeggero dorme. E se la coscienza dorme, quanta consapevolezza possiamo avere di quello che facciamo, diciamo e decidiamo? Come può il cocchiere dare le opportune istruzioni ai cavalli se non sa dove dirigersi? E per sapere dove andare, ha bisogno di ascoltare la voce del passeggero, così da prendere in mano le redini e guidare i cavalli nella direzione desiderata.
Credete che non sia così? E allora riflettete su quante azioni e pensieri fate senza l’uso della coscienza. Quanti pensieri e azioni automatici esistono nell’essere umano privo di consapevolezza; in pratica, non sa nemmeno lui cosa sta facendo in quel momento o perché sta pensando quella cosa. Chi guida l’auto e anziché concentrarsi su ciò che sta facendo, vaga con la mente sul cosa mangiare, sul dove andare la sera, cosa vedere in tv, come fare l’amore e via dicendo. Chi mentre è al lavoro pensa ai ricordi passati, o sogna ad occhi aperti sul futuro più roseo possibile. Chi lava i piatti e pensa al like appena ricevuto. In parole povere, la nostra mente ci permette di pensare ad una cosa, mentre il corpo ne fa un’altra. E questo è possibile perché sono due entità separate, che funzionano in maniera indipendente ma soprattutto, in maniera automatica.
Mentre guido l’automobile non penso alle marce che sto inserendo, perché il corpo lo fa tranquillamente in maniera automatica. Lo sa fare. E sempre in maniera automatica, i pensieri arrivano nella nostra mente. È lei che decide cosa pensare, non noi. È il cocchiere che sta alla guida, noi stiamo dormendo, non gli stiamo dando nessuna indicazione. Lui va in automatico.
Dobbiamo, allora, prendere il controllo della carrozza e l’unica maniera possibile è quella di eliminare tutto il rumore di fondo che affolla la nostra mente. Dobbiamo ricordarci chi siamo veramente. L’efficacia della “metafora della carrozza” di Gurdjieff è proprio quella di illustrare come funziona l’essere umano nei suoi aspetti automatici e inconsci, ossia fuori dalla portata della coscienza. Viene così evidenziata l’importanza di essere svegli e presenti a se stessi, e possiamo uscire da questa situazione di assopimento, solo iniziando ad osservare quelli che sono i nostri pensieri, gli schemi, le emozioni e i comportamenti automatici ben radicati nell’inconscio. Capire quanto c’è di “nostro” in tutto ciò.
E sempre tornando alla “metafora della carrozza”, è proprio quando il passeggero si risveglia, che può finalmente rendersi conto se la strada intrapresa dal cocchiere e l’andatura adottata dei cavalli sono il frutto di una scelta consapevole, o del solito programma o bisogno nevrotico della mente egoica. A questo punto, può avvalersi dalla propria facoltà di ragionamento e di intuito, e scegliere se proseguire o cambiare direzione.

La “Metafora della Carrozza” di Gurdjieff
di Tragicomico