Racalmuto negli occhi

Di Emanuela Russo. Una riflessione che condivido con i miei amici. Racalmuto negli occhi.
Piena di stupore per la mia Sicilia, rientro a Pozzallo, conservando nel cuore amarezza e dolcezza.
In questa terra di contrasti aspri ritrovo il Bene e il Male dell’uomo.
Senza alcuna distinzione netta, si fondono e confondono in un tutt’uno il più brutto ed il più bello dell’umanità.
Negli ingranaggi di un sistema di veleni, ritrovo, incastrate e aggrappate, vigorose speranze.
Le speranze alimentate dal coraggio delle persone che ho incontrato a Racalmuto.
Dalla dignità di chi ama una terra che sa essere accogliente e amabile ma anche spietatamente ingrata, ingiusta, violenta, dal piede pesante che schiaccia un’isola resiliente e che profuma di rivoluzione civile anche nei piccoli gesti del quotidiano. Che si indigna e sa agitarsi per scrollarsi di dosso fango che ingessa.
Cultura, fame di sapere, desiderio di proteggere la memoria e trasferirla alle nuove generazioni che oggi vanno e non tornano più.
In ogni vicolo di Racalmuto, tra basole, coppi e acqua che scorre, ho trovato la storia, il rispetto di chi ha saputo seminare nei cuori dei racalmutesi ardore identitario.
Salvatore Petrotto, Totó e sua moglie, mi hanno fatto innamorare. Mi sento innamorata di Racalmuto, in un sentire saggio e lucido, non adolescenziale. Quell’amore che raggiungi ad una certa età quando la consapevolezza delle fragilità e dei “difetti” del tuo amato diventa l’essenza stessa del Noi.
Ho ascoltato i racconti di Totó e non avrei voluto andar via per continuare ad ascoltare.
La sua storia.
Sindaco di Racalmuto, 13 anni di passione, 13 anni di coraggio politico che si annusano ancora oggi nel paesaggio di questa cittadina splendente e impastata di memoria e cultura.
Ho ascoltato le sue parole con gli occhi sgranati di chi, incredulo, riceve un cazzotto nello stomaco … impossibile da fraintendere. Drammi e successi narrati con ironica leggerezza e mezzo sorriso amaro, in egual modo.
Dall’Autodromo della Valle dei Templi al Castelluccio che domina il paesaggio, un susseguirsi di ferite aperte che non cicatrizzeranno mai.
La presenza in città della meravigliosa Fondazione Leonardo Sciascia, balsamo e cura, faro di speranza sociale.
Il Teatro Regina Margherita un gioiello di una bellezza incredibile, rivendicato e salvato da Sciascia con forza.
I ricordi impressi nelle foto in bianco e nero dei “carusi” nelle miniere… appesi alle pareti del circolo, tra pietre di sale e brividi. Bambini.
Il silenzio notturno, profondo.
Un silenzio troppo silenzio, che ad un animo provato può non dare pace.
Sapori antichi e ricchi, frutto di grandi culture colonizzatrici miscelate nei piatti e nei geni.
Grazie Totó, grazie Carmela.