Benedetto Spera non spera più

Dopo il no al differimento della pena, adesso è stato negato per la seconda volta un permesso premio, per incontrare la moglie malata, a Benedetto Spera, già braccio destro di Provenzano. E la difesa cita il caso di Peppe Grassonelli.

Benedetto Spera, capomafia di Belmonte Mezzagno, all’epoca del suo arresto è stato ritenuto tra i 30 latitanti più pericolosi d’Italia ed il braccio destro di Bernardo Provenzano. Il 30 gennaio del 2001 fu catturato dalla Squadra Mobile di Palermo nelle campagne di Mezzojuso dopo 9 anni di latitanza, ricercato perchè già condannato per le stragi di Capaci e via D’Amelio. Nel corso dell’operazione fu arrestato anche un medico primario, che avrebbe avuto in cura il boss. I poliziotti sarebbero stati a conoscenza di ciò, e seguendo il medico hanno trovato Benedetto Spera. Sono trascorsi più di 22 anni, Spera oggi ha 89 anni di età, sconta l’ergastolo recluso al 41 bis nel carcere di Opera in provincia di Milano, è uno degli attuali 238 siciliani al 41 bis, e ha invocato il differimento della pena (ovvero la sospensione, anche temporanea, della pena) per motivi di salute. Lo scorso 25 febbraio la Cassazione ha respinto il ricorso della difesa di Benedetto Spera. Secondo i giudici l’ex pastore è curabile ed è operabile in carcere ricorrendo a strutture esterne. Così come, ad esempio, è accaduto per Matteo Messina Denaro. Adesso il Tribunale di Sorveglianza di Milano, come già lo scorso 23 aprile, ha risposto “no” ad un secondo permesso premio invocato dalla difesa di Benedetto Spera per permettergli di incontrare la moglie malata e costretta a letto. La Direzione nazionale antimafia, la Procura e la Questura di Palermo hanno reso parere negativo. E hanno motivato così: “Spera è socialmente pericoloso e potrebbe riattivare i contatti con Cosa Nostra”. Il suo difensore, l’avvocato Maurizio Di Marco, contesta e ribatte: “Il detenuto deve essere messo nelle condizioni di mantenere i rapporti familiari in chiave riabilitativa”.

Giuseppe Grassonelli

L’avvocato Di Marco ha paragonato il caso di Benedetto Spera a quello di Giuseppe Grassonelli, 58 anni, già capo della “Stidda” di Porto Empedocle e pluri-ergastolano, detenuto prima al 41 bis e poi al regime meno rigoroso dell’alta sicurezza, al quale il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha concesso un permesso premio di 12 ore lo scorso 23 marzo. Grassonelli si è laureato due volte, in Lettere e poi in Filosofia, non ha mai collaborato con i magistrati ma si è ravveduto e affrancato dai suoi trascorsi criminali. L’avvocato Di Marco, quando il permesso premio è stato concesso a Grassonelli e poi negato a Spera, ha commentato: “Non si comprende come il Tribunale di Sorveglianza possa dichiarare inammissibile la richiesta di permesso premio di Benedetto Spera – soggetto di 89 anni con vasculopatia cerebrale cronica con performances cognitive residue veramente minime – e dichiarare invece ammissibile quella di altro soggetto, molto più giovane, in condizioni di salute ‘floride’, tanto da avere conseguito una laurea in filosofia nel corso della detenzione”. I giudici di Sorveglianza così hanno motivato il permesso premio a Giuseppe Grassonelli dopo 31 anni di carcere: “Il percorso carcerario più che trentennale effettuato dal carcerato convince oggi del suo completo e radicale distacco dalle vicende e dal contesto criminale. La concessione del primo permesso premio si presenta come un passo basilare e utile in un’ottica di risocializzazione”.

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