Dal vangelo secondo Matteo, capitolo terzo

Le dichiarazioni inedite emerse dal verbale dell’interrogatorio di Matteo Messina Denaro del 7 luglio appena depositato al processo a carico di Laura Bonafede.

Dal verbale dell’interrogatorio di Matteo Messina Denaro del 7 luglio scorso, depositato al processo in corso a carico della sua presunta fiancheggiatrice, Laura Bonafede, emergono circostanze già note e altre no. Ad esempio, sulle cure dei propri denti, Messina Denaro ha raccontato: “Sono stato più volte da un dentista in via Belgio a Palermo… Io ho scelto questo, perché sapevo che c’era un certo Giovanni Abate, che era molto bravo, che aveva lo studio lì, me l’avevano detto, sa, la vulgata, passaparola, dice: ‘C’è questo’… Dopo la morte di Abate, sono rimasto nello stesso studio. Allora posso restare? Sa, dice, certo, aspetti che glielo chiamo. Mi chiama questo dottore Emanuele, me lo presentò questa segretaria. E da allora sono andato da Emanuele. Ma ce n’erano anche altri. Quando ci andavo, vedevo altri dentisti, quindi era un mondo più largo, solo che infatti io là potevo andare, credo, il mercoledì e il lunedì, non era tutti i giorni, perché in altri giorni c’erano altri medici. Così per circa 12 anni”. Poi, sui suoi documenti falsi Matteo Messina Denaro tra l’altro ha risposto: “I documenti me li sono sempre procurati da me. A Roma c’è una strada in cui vanno tutti perché sono quelli che forniscono a tutti. Mi spiego? Ho avuto delle tessere, carte di identità, vuote. Vuote significa senza neanche il numero, credo che fossero 20, 15, non lo so quante, io le ho sempre avute a quantità. Sono molti i documenti, però c’è una cosa: c’è da vedere com’erano, perché se hanno il numero di matricola è un conto, non servono a niente… Devono essere senza il numero di matricola, cioè quando partono da là…”. Poi ribadisce: “A Roma c’è una strada che vanno tutti, in tutta Italia, a parte essere…”. Domanda: “Ma anche in tempi recenti c’è andato?”. Risposte: “Non è che ho detto che vado, che sono andato a Roma: tutti i miei documenti, tutti, vengono da Roma”. Poi il boss precisa: “Sul giornale che mi volevano accollare quel furto di carte d’identità a Trapani, c’è stato un furto di documenti a Trapani, non so… pensavano che ero io, che erano i miei documenti: no, non vengono da là i miei documenti, no, nella maniera più assoluta”. Ancora a Palermo, Matteo Messina Denaro non ha curato solo i denti ma si è tatuato, tre volte, tra il 2006 e il 2009, tre tatuaggi, in via Rosolino Pilo. Il primo tatuaggio è una data: “8-10 1981”, ma a domanda sul significato della data lui non ha risposto. Il secondo tatuaggio è una frase: “Ad augusta per angusta”, ovvero: alle cose eccelse, attraverso le difficoltà. Poi un terzo tatuaggio nel braccio, un banale disegno. E Messina Denaro sottolinea: “Tutti e tre fatti in epoche diverse, perché ogni cosa deve avere poi un momento in cui lei crede in qualcosa…”. Poi una domanda ai magistrati la pone lui: “Finendo di cercare me… Fatemi capire, che fate ora?”.

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