“Depistaggio Borsellino”: quattro poliziotti in pendenza di giudizio

Quattro poliziotti del gruppo investigativo “Falcone e Borsellino” risponderanno di falsa testimonianza nell’ambito dell’inchiesta sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio.

Lo scorso 15 novembre gli è stato notificato dalla Procura di Caltanissetta l’avviso di conclusione delle indagini. Poi è stata depositata istanza di rinvio a giudizio. E adesso è stata incardinata al prossimo 21 marzo, avvento della primavera, l’udienza innanzi al giudice per le udienze preliminari del Tribunale nisseno, David Salvucci. Sul banco degli imputati siederanno quattro poliziotti, Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli, che avrebbero dichiarato il falso deponendo come testimoni nel corso del processo di primo grado sul depistaggio delle indagini dopo la strage di Via D’Amelio contro Paolo Borsellino. I dettagli: a fianco del processo in Corte d’Appello a Caltanissetta, presieduta da Giovanbattista Tona, a carico dei poliziotti Mario Bò, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, assolti in primo grado tra merito e prescrizione dall’imputazione di calunnia aggrava dall’avere agevolato la mafia, vi è tale altro procedimento a carico dei quattro poliziotti anche loro parte del gruppo investigativo “Falcone e Borsellino”, lo stesso in cui hanno militato Bo, Mattei e Ribaudo, capitanati dal defunto questore Arnaldo La Barbera, ossia il gruppo di sarti che – secondo i magistrati inquirenti – avrebbe vestito su misura e confezionato il falso pentito Vincenzo Scarantino, punta del compasso del depistaggio. Il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, e il sostituto, Maurizio Bonaccorso, intendono processare Zerilli, Di Gangi, Maniscaldi e Tedesco, contestandogli il reato di falsa testimonianza. E perché? Perché nel processo di primo grado sul depistaggio, attualmente in Appello, i quattro poliziotti sono stati ascoltati dal Tribunale e avrebbero dichiarato il falso sotto giuramento. Il collegio giudicante, presieduto da Francesco D’Arrigo, nelle motivazioni della sentenza di primo grado tra l’altro ha scritto: “L’ispettore Maurizio Zerilli ha risposto con 121 non ricordo, e non su circostanze di contorno”. E reticenze e troppi “non ricordo”, più di 100, sono addebitati anche all’ispettore Angelo Tedesco. E poi 110 sono recriminati al suo collega Giuseppe Di Gangi. E sul quarto, Vincenzo Maniscaldi, i giudici hanno scritto: “Non si è trincerato dietro ai non ricordo, ma si è spinto a riferire circostanze false”. Dunque i giudici di primo grado hanno trasmesso i verbali alla Procura affinchè procedesse per l’ipotesi di falsa testimonianza. E così è stato. Peraltro, i quattro, convocati in Procura, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Nel frattempo, al processo di secondo grado sul depistaggio, la Procura Generale di Caltanissetta ha depositato un documento inedito. Si tratta di una relazione di servizio redatta dallo stesso poliziotto Maurizio Zerilli, in cui sono descritti alcuni sopralluoghi compiuti da lui e da Vincenzo Scarantino. La relazione, con data primo luglio 1994, è stata trovata con 29 anni di ritardo e solo per caso: il ritrovamento risale al 5 ottobre scorso, durante il trasloco degli Uffici della Squadra Mobile di Palermo. Un agente ha notato un fascicolo con su scritto “Gruppo Falcone e Borsellino”. Il documento descrive i sopralluoghi di Zerilli e Scarantino il 28, 29 e 30 giugno 1994 nei pressi, tra gli altri, della carrozzeria di Giuseppe Orofino dove sarebbe stata custodita la Fiat 126 rubata, l’autobomba. E i relativi verbali sono infarciti di incoerenze e contraddizioni già accertate processualmente, e che adesso saranno rilanciate alla ribalta del dibattimento istruttorio d’Appello.

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