Di Maio sullo scioglimento per mafia del comune di vittoria

Di Valentina Frasca. Nel settembre 2017, in piena notte, a Vittoria si girava un film d’azione James Bond style, con tanto di elicotteri e sirene spiegate. Un film, si, perché la trama era totalmente inventata. Era la notte dell’operazione Exit Poll. Peccato, però, che le manette siano scattate ai polsi non di attori, ma di persone perbene, e lunghi e difficilissimi anni nei tribunali lo hanno appurato senza lasciare dubbio alcuno.

Pochi mesi dopo, il 27 luglio 2018, l’allora Ministro Luigi Di Maio pubblicava questo tweet e, come una canzone alla radio, dedicava lo scioglimento del comune di Vittoria, conseguenza dell’operazione Exit Poll, al giornalista Paolo Borrometi, che, con le sue inchieste, aveva permesso di scoprire che a Vittoria c’era la mafia. Peccato che la mafia al comune di Vittoria non c’era, né c’era stata nei 10 anni precedenti. Come non c’era al comune di Scicli, sciolto anch’esso dopo le grandi inchieste di Borrometi, che intanto diventava il nuovo paladino italiano dell’antimafia, il Messia dell’informazione e dell’editoria, detentore della verità assoluta e coraggioso abbastanza da raccontarla.

Quando il comune di Vittoria venne sciolto, la fascia tricolore la indossava un giovane sindaco, Giovanni Moscato, che aveva appena iniziato a lavorare per la sua comunità, con l’entusiasmo, le idee e tutta la forza di volontà che realtà come quella vittoriese richiedono, e che fu cacciato con l’accusa, pesantissima, di corruzione elettorale.

Sono stati anni d’inferno per chi in questo tritacarne mediatico e giudiziario c’è finito dentro, mentre Di Maio e Borrometi facevano carriera lontano dalla Sicilia, ma sempre pronti a buttar fango su Vittoria, anche perché tra i vittoriesi c’era chi, incredibile ma vero, non finiva di chiederne ancora, scambiandolo per “il valoroso tentativo di farci aprire gli occhi, chiamando le cose col loro nome”. Nel frattempo, tre anni di commissariamento logoravano una città che adesso va, letteralmente, resuscitata.

Prima Peppe Nicosia, ora Giovanni Moscato. Entrambi assolti con formula piena.

Giovanni oggi dice, e come non capirlo, che tante volte ha desiderato scrivere il post liberatorio che nel pomeriggio, finalmente, ha potuto pubblicare. E anch’io, nel mio piccolo, per tanto tempo ho desiderato scrivere questo post e tirar fuori al momento giusto questo vergognoso tweet, custodito gelosamente per anni, ad imperitura memoria, per ricordare a tutti che è necessario prestare la massima attenzione ai politici e ai giornalisti in giacca e cravatta in cui si ripongono speranze e fiducia.