Omicidio Mangione a Raffadali, altra condanna, all’ergastolo

L’omicidio di Pasquale Mangione a Raffadali: la Corte d’Assise d’Agrigento infligge l’ergastolo al sabettese Roberto Lampasona, giudicato in ordinario. Altri due imputati già condannati in Appello.

La Corte d’Assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, ha condannato all’ergastolo Roberto Lampasona, 46 anni, di Santa Elisabetta, imputato dell’omicidio del pensionato di Raffadali, Pasquale Mangione, 69 anni, ex dipendente del Comune di Raffadali, ucciso a colpi di pistola in contrada “Modaccamo”, nelle campagne fra Raffadali e Cianciana, il 2 dicembre del 2011. I giudici hanno inoltre disposto una provvisionale immediatamente esecutiva di 5.000 euro, in attesa di quantificare in sede civile il risarcimento del danno alle parti civili, costituite in giudizio tramite l’avvocato Samantha Borsellino. Nell’ambito del giudizio abbreviato, in secondo grado, lo scorso 3 luglio la Procura Generale di Palermo ha invocato la conferma della condanna emessa dal Tribunale di Agrigento il 25 luglio del 2022, a carico di due dei tre imputati dell’omicidio. Si tratta di Antonino Mangione, 42 anni, e Angelo D’Antona, 38 anni, entrambi di Raffadali, ai quali il giudice per le udienze preliminari del Tribunale, Stefano Zammuto, ha inflitto 30 anni di reclusione a D’Antona e 16 anni a Mangione, che si è auto – accusato del delitto coinvolgendo D’Antona e Roberto Lampasona, entrambi indicati da Mangione come esecutori materiali. Ebbene la Corte d’Appello il 16 luglio ha ridotto la condanna a D’Antona da 30 a 16 anni di reclusione, escludendo l’aggravante della premeditazione. D’Antona è difeso dagli avvocati Pennica e Raguccia. A Mangione è stata ridotta la condanna da 16 a 10 anni, ritenendo prevalente la collaborazione sulle attenuanti generiche. E l’avvocato Salvatore Pennica commentò sibillino: “Spero che chi è libero possa presentarsi ai Carabinieri e raccontare la verità sull’omicidio. Intanto la difesa incassa una riduzione di pena di 14 anni. Sono pronto già a ricorrere per Cassazione, a meno che qualcuno non abbia un sussulto di coscienza”. Il “qualcuno” a cui si è riferito l’avvocato Pennica è Antonio Mangione, che nel merito del movente e degli esecutori del delitto ha raccontato: “Uno dei figli di Pasquale Mangione, Francesco, mi chiese se potevo organizzare l’omicidio del padre, era diventato un fastidio per lui perchè andava in giro a molestare donne in paese. Mi diede 5.000 euro che spartimmo con Roberto Lampasona e Angelo D’Antona, altri 1.300 euro li pagò a parte per la pistola che acquistai da un palmese. A commettere materialmente l’omicidio sono stati Lampasona e D’Antona. Io ho chiesto l’autorizzazione a Francesco Fragapane, il capo mandamento, che mi disse che la vittima non apparteneva a Cosa Nostra e, in definitiva, potevamo fare quello che volevamo”. Il pubblico ministero, Sara Varazi, nel corso della requisitoria in primo grado, ha affermato che il movente rivelato da Antonio Mangione non è stato riscontrato, e che non vi sono dubbi, invece, come emerge dalle intercettazioni, del coinvolgimento di D’Antona e di Lampasona. Nell’ottobre del 2021 la stessa Sara Varazi ha proposto l’archiviazione delle indagini a carico di Francesco Mangione, 49 anni. E il Tribunale ha accolto e condiviso.

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