Di Matteo sulla “trattativa”, la strage di via D’Amelio e l’agenda rossa

Il magistrato Nino Di Matteo, tra gli istruttori del processo sulla presunta trattativa Stato – mafia all’epoca delle stragi, è intervenuto all’Agi nel merito della recente sentenza della Corte d’Assise di Palermo e delle severe condanne inflitte. Di Matteo, tra l’altro, ha affermato: “Dal processo di Palermo è emerso non solo che la ‘trattativa’ ci fu e il dialogo con i vertici di Cosa nostra venne iniziato e venne cercato da esponenti dello Stato, ma anche che questo non evitò altro sangue, anzi provocò un ulteriore inasprimento della linea stragista, perché il boss Totò Riina si convinse che quello era il momento per fare altre stragi, per buttare sul piatto della bilancia della ‘trattativa’ la violenza di altro sangue. Credo assolutamente plausibile che la ‘trattativa’ abbia giocato sull’accelerazione improvvisa dell’intenzione di uccidere il dottor Borsellino, il quale probabilmente aveva, se non saputo, cominciato a intuire qualcosa sull’esistenza della ‘trattativa’ e che qualcuno avesse da temere che avesse annotato quei suoi sospetti nell’agenda rossa che portava sempre con sé. Possiamo affermare, secondo un criterio di buon senso e logica ed esperienze di chi da molti anni si occupa di processi di mafia, che l’agenda rossa non può essere stata fatta sparire dai mafiosi che hanno partecipato alla strage ma con ogni probabilità da uomini di uno Stato deviato che già in quel momento ha voluto nascondere elementi importanti per la ricostruzione del movente dell’uccisione del giudice e degli agenti della scorta”.