Montante, al via l’udienza preliminare per 19 indagati ma l’ex leader di Confindustria non si presenta in aula

CALTANISSETTA. Il principale protagonista del processo non c’è nell’aula dell’udienza preliminare, ma tutto parla di lui. Antonello Montante, il leader di Confindustria un tempo simbolo della legalità oggi finito in disgrazia, è il primo nome dell’appello chiamato dal giudice David Salvucci. Gli altri 18 imputati componevano il suo cerchio magico, sostiene la procura di Caltanissetta. Uomini delle forze dell’ordine e dei servizi di sicurezza, tutti pronti a compiacere il leader, spiando le indagini che lo riguardavano.

Anche quando l’appello è terminato, Montante è il più citato. E non solo perché è l’inizio di questa inchiesta, avviata quattro anni fa dalla squadra mobile nissena. Montante è il fulcro attorno a cui ruota tutto. E’ il “sistema”, come lo chiamano il procuratore capo Amedeo Bertone, l’aggiunto Gabriele Paci e i sostituti Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso. Il “sistema” dell’uomo che ha sempre amato apparire, e invece adesso non c’è. E’ rimasto nel carcere di Caltanissetta, dove è recluso da maggio con l’accusa di aver creato un’associazione a delinquere. Ora, contro di lui chiedono di costituirsi parte civile la Regione Siciliana, il Comune di Caltanissetta e quello di Palermo. Chiede di costituirsi parte civile anche l’inviato di Repubblica Attilio Bolzoni, Montante aveva ordinato di spiarlo dopo i suoi articoli che svelavano il “sistema” della finta legalità, un sistema intriso di relazioni pericolose non soltanto nel mondo delle istituzioni, ma anche in quello della vecchia mafia della provincia di Caltanissetta.

Chiedono di costituirsi parte civile l’ex pm di Caltanissetta ed ex assessore Nicolò Marino, il vicequestore Gioacchino Genchi e il giornalista Giampiero Casagni, anche loro spiati da Montante. E poi l’imprenditore Pietro Di Vincenzo, che denuncia di essere stato vittima di un “complotto giudiziario” ordito da Montante e dai suoi fedelissimi. “Sono stato assolto da tutte le accuse di mafia”, dice fuori dall’aula. Richiesta di essere parte civile da parte del pentito Dario Di Francesco, uno degli accusatori di Montante, spiato più volte. Come l’assessore Paquale Tornatore e suo fratello Michele. In aula c’è pure l’ex sindaco di Racalmuto, Salvatore Petrotto, che sostiene di essere finito al centro di uno scioglimento per mafia a causa delle “finte” denunce di Montante. Su tutte queste richieste di costituzione di parte civile, sono 21, dovrà pronunciarsi il giudice Salvucci. Mentre, l’avvocato Gioacchino Genchi denuncia: “Considero grave che il ministero dell’Interno non si sia costituito parte civile – dice in udienza – Ritengo che i burocrati del Viminale, che il ministro Salvini non ha ancora cacciato, non lo abbiano informato”. Cala un silenzio profondo nell’aula “Gilda Lo Forti” del tribunale.

Oggi, Antonello Montante è accusato di aver creato un’attivissima associazione e delinquere finalizzata a spiare le indagini dei pm di Caltanissetta. Quattro dei suoi coimputati hanno già chiesto di saltare l’udienza preliminare per andare subito al rito immediato: l’ex presidente del Senato Renato Schifani, il tributarista palermitano Angelo Cuva, l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito e l’imprenditore Massimo Romano. I primi tre accusati di essere parte fondamentale della catena delle talpe che avrebbe spiato e svelato l’indagine della procura. “In concorso” con il capo della security di Confindustria Diego Di Simone, il factotum di Montante, e il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, ex 007 dell’Aisi, entrambi ancora agli arresti domiciliari. Sono indagati anche il colonnello della Guardia di finanza Gianfranco Ardizzone, il sindacalista Maurizio Bernava, il dirigente regionale Alessandro Ferrara, il questore Andrea Grassi e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo. Imputato pure il capo reparto dei servizi segreti Andrea Cavacece, che ha chiesto di essere difeso dell’Avvocatura dello Stato: la sua posizione è stata stralciata per un problema nella notifica dell’avviso di chiusura delle indagini.

Resta ancora aperta la seconda tranche dell’inchiesta della procura, quella che vede indagati l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori alle Attività produttive Linda Vancheri, Mariella Lo Bello e l’ex numero uno di Confindustria Sicilia Giuseppe Catanzaro. E’ il troncone d’indagine che riguarda la gestione dei fondi regionali per Expo 2015, secondo la procura andati a società del cerchio magico di Montante.

Anch’io, Salvatore Petrotto, posso dire che a questa prima fatidica udienza preliminare del processo Double face c’ero, per rimarcare il senso della mia costituzione di parte civile in questo processo appena iniziato, a carico di Antonello Montante e dell’associazione a delinquere da lui costituita per spiarmi, assieme ad altri giornalisti e servitori dello Stato che hanno svelato le trame eversive ed affaristiche di una ben individuata lobby di Confindustria Sicilia. Il mio torto è stato quello di avere denuciato, a partire dal 2008, quella che si è rivelata una vera e propria occupazione militare della Sicilia da parte del Montante che, assieme anche ad alcuni dei vertici regionali e nazionali delle forze dell’Ordine, avevano di fatto, a livello politico ed istituzionale, oltre che economico, favorito una specie di ‘Colpo di Stato’ teso a salvaguardare gli interessi illeciti di alcuni imprenditori siciliani.
Lo spionaggio ed il dossieraggio nei miei confronti emerge pienamente dalle carte processuali che contengono anche delle intercettazioni in cui il Montante conversa con un giornalista agrigentino al suo servizio, il direttore del giornale Grandangolo, Franco Castaldo, assieme al quale utilizzava le notizie riservate attinte abusivamente dal sistema operativo coperto da segreto di Stato denominato SDI. A fornire delle informazioni riservate e coperte da segreto al Montante, che a sua volta le utilizzava per presentare o far presentare delle denunce calunniose contro di me oltre che per fare pubblicare al giornalista Castaldo, degli altrettanto calunniosi dossier giornalistici, sempre contro di me, erano in modo particolare 3 esponenti delle Forze dell’Ordine e dei servizi segreti deviati: tali Graceffa, De Angelis, De Simone che attualmente sono sotto processo e/o agli arresti domiciliari. Il De Simone, tra l’altro, prima in servizio presso la polizia di Stato, è poi diventato capo della Security di Montante, nonché sua talpa dentro vari uffici giudiziari, compresa la Procura Nazionale Antimafia. A garantire il lasciapassare per attingere tutte quante le informazioni riservate sul mio conto era inoltre il colonnello dei carabinieri Giuspee D’Agata che, a partire dal 2011 è stato, oltre che responsabile dei servizi segreti, anche responsabile della direzione investigativa antimafia per la Sicilia, negli anni 2011 e 2012, esattamente quando mi è stato notificato un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa, il cui procedimento è stato subito archiviato dal Tribunale di Palermo ma che comunque aveva sortito l’effetto di indurmi a dimettermi da sindaco di Racalmuto. E c’era sempre il colonnello D’Agata alla direzione antimafia di Palermo quando a marzo del 2012, dopo il mio proscioglimento dalla infamante e calunniosa accusa di mafia, annunciai che intendevo ricandidarmi a sindaco di Racalmuto. Anche in quella circostanza il Montante si mise nuovamente in moto contro di me, contattando l’allora ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, per fare sciogliere per delle inesistenti infiltrazioni mafiose il Comune di Racalmuto. Nel fare ciò fu sollecitato dai giornalisti Gaetano Savatteri e Felice Cavallaro, come lui stesso dichiara in un servizio televisivo di Teleakras ed in un articolo su Il Sole 24 Ore di Nino Amadore, entrambi risalenti ad aprile del 2012.

Salvatore Petrotto

fonte https://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/10/19/news/udienza_preliminare_montante-209366741/