Antonello Montante a proposito del magistrato Luciani dice a Catanzaro: «Ma… vabbè… a… l’avissiru scannatu compà. Prima u pigliu a lignati… e dopu u scassu… si nnesci sanu dici è na furtuna…»

L’ex presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, in carcere da 6 mesi e che verrà processato e giudicato a partire da giorno 15 novembre, nei riguardi del suo nemico giurato che sta indagando su di lui, il magistrato Stefano Luciani, nel corso di colloquio intercettato, risalente al 14 febbraio del 2015, rivolto al suo successore alla presidenza di Confindustria Giuseppe Catanzaro, così si esprimeva: «Ma… vabbè… a… l’avissiru scannatu compà, l’avissiru scannatu ma avissi sirbutu a nenti» e prosegue «di Luciani non mi fido… guarda foglio per foglio». Davvero agghiaccianti sono gli sfoghi di Antonello Montante quando capisce che è con l’acqua alla gola. Mentre la polizia gli notifica l’avviso di garanzia per concorso esterno alla mafia e scopre il suo bunker segreto lui precisa: «Chista è la stanza diciamo della legalità». Poi ironizza e si lascia andare ad una battuta di un suo amico, tale Mistretta, il quale aveva suggerito: «ci faciti la segreteria di Montante». E lui sorrideva all’idea di prestare la sua validissima segretaria, per dare una mano d’aiuto a chi rischiava di confondersi nel leggere le migliaia di pagine relative ai documenti che gli avevano sequestrato. Carte a mai finire, piene zeppe di appunti e notizie, di dossier segreti con i quali ricattava chiunque. Ma l’ira e la sete di vendetta da consumare contro il magistrato che stava investigando sui suoi trascorsi non finisce mica qui, va ben oltre. Pesantissimi sono i suoi toni minacciosi a cui fa riferimento un altro suo amico, Michele Trobia, mentre conversa con la con la moglie. Al circolo del Tennis di Caltanissetta il Montante avrebbe detto, sempre a proposito del giudice Luciani: «Prima u pigliu a lignati… e dopu u scassu… si nnesci sanu dici è na furtuna…». Poi rincara la dose, in maniera ossessiva quando, secondo gli investigatori, in un’altra occasione avrebbe aggiunto «prima paga Luciani… tutti hannu a pagari… e dici ca l’aspetta ‘na vendetta». Ma gli accenti d’ira, i turpiloqui e le imprecazioni di Antonello ‘furioso’ non si fermano mica qui e non sono certo degni dell’Accademia della Crusca. Sempre il suo amico Trobia, nel corso di un dialogo registrato dalla polizia, lo stuzzica dicendogli: “e allura Antoné, c’ama fari… ci ama rumpiri u culu a tutti?… ni pigliammu sta bella soddisfazione” e lui di rimando annuiva affermando:“u culu ci lu spaccamu di sicuru”». Ad un certo punto, preso atto della gravità dell’inchiesta nissena, il Montante mentre sta per passare il testimone a Giuseppe Catanzaro, suo successore alla presidenza di Sicindustria, gli dice: «Mi fa rovesciare sta cosa»; anche se poi cerca di consolarsi riaffermando il suo strapotere indiscusso: «… l’hanno sottovalutata perché pensavano che cu na… na botta cadiva, però sono dietro tutti». Si fa forza pensando che lui è un impareggiabile puparo, in grado di muovere tutti i quanti i fili delle sue marionette. In qualsiasi momento può sempre chiamare in causa i numerosi rappresentanti istituzionali, con i quali ha avuto a che fare da qualche decennio. In cuor suo, malgrado avverta di essere stato disarcionato, pensa che alla fine gli basterà una semplice chiamata di correo per tornare alla carica. Soprattutto conta di risalire nuovamente in sella, più forte di prima. Ad incoraggiarlo c’è al suo fianco il Catanzaro, col quale conversano amichevolmente e sciorinano la lista degli indagati eccellenti, le cui inchieste sono diventate delle medaglie al merito nella scalata al potere. Citano il loro comune amico Renato Schifani che, seppure fosse stato indagato per mafia, diventa presidente del Senato. Il Catanzaro ricorda anche il caso di Saverio Romano, diventato ministro anche lui mentre era sotto inchiesta per mafia. E poi cita anche l’europarlamentare del PD Gianni Pittella, sospettato di essere vicino alla camorra. Catanzaro nel 2017, prima di ricevere le consegne da Antonello, si occupa anche di diramare i suoi sentiti comunicati di solidarietà verso quell’amico che, soprattutto grazie alla sua attività di intelligenze, gli aveva garantito di far fuori tutti coloro i quali avevano ostacolato il suo trionfale cammino nel far soldi a palate con la munnizza ed oltre. Non sapeva che di lì a poco anche lui sarebbe stato indagato per associazione a delinquere, corruzione e per tanto altro ancora. Mentre il Titanic di Sicindustria stava già affondando, loro continuavano a suonare sempre la stessa musica. Scrivevano le solite lettere e cartoline illustrate da consegnare, tramite il loro presidente nazionale Giorgio Squinzi, al premier Matteo Renzi e al ministro Angelino Alfano. Tra i due, mentre Montante era ancora a piede libero, come avviene anche tra le coppie di amici fraterni, non mancarono momenti di frizione, segnati da cedimenti e da pericolosissimi scricchiolii. Adesso quel loro splendido rapporto potrebbe trasformarsi in un duello all’ultimo sangue! Immaginate una delle scene finali di C’era una volta in America di Sergio Leone… Siamo nella sala da pranzo della villa di Montante a Serradifalco. Il giorno è di quelli che non si possono scordare: è il 14 febbraio del 2016, festa di San Valentino. Antonello, rivolgendosi a Giuseppe, con tanta amarezza, odio ed astio da vendere, con queste parole si congeda da lui: «ricordati stà data che ti dico io… se la situazione che mi riguarda precipita non si salverà nessuno, un ci n’è pi nuddru!». E’ un consiglio o un avvertimento? E’ sicuramente una minaccia rivolta a tutti quanti i componenti del suo ‘sistema’, per scongiurare ulteriori tradimenti, compreso quello del Catanzaro. Ricordatillu’ infatti gli dice alla fine della loro singolar tenzone, il nostro sistema è di architettura perfettu’, si regge ancora in piedi cioè e può ancora far male a chi lo contrasta. Dopo i tre proiettili spediti a scopo intimidatorio al Procuratore della Repubblica Amedeo Bertone, al Capo della Squadra Mobile di Caltanissetta, Marzia Giustolisi ed al presidente della Commissione Regionale Antimafia, Claudio Fava, le minacce di morte di Antonello Montante, in pieno stile mafioso riteniamo che siano la riprova che il cosiddetto ‘Sistema-Montante’, non è da sottovalutare. Sono in tanti ancora i soggetti a piede libero che siedono in alcuni posti di comando, grazie all’odierno detenuto in attesa di giudizio ed ai suoi fiancheggiatori, anch’essi alla sbarra. Ancora ci sono in giro parecchi tirapiedi del Montante che continuano a tramare ed a tentare di ordire complotti, utilizzando anche metodi squisitamente mafiosi.